Si è conclusa il 3 luglio a Siviglia la Quarta conferenza delle Nazioni Unite sul finanziamento allo sviluppo (FfD4), la prima dalla definizione dell’Agenda di Addis Abeba del 2015, il quadro multilaterale che mirava a orientare l’intero sistema finanziario globale verso il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs).
In un contesto segnato da tensioni geopolitiche, tagli alla cooperazione e una crisi sistemica del debito, la conferenza ha prodotto un documento finale, il cosiddetto Compromesso di Siviglia, che punta a rilanciare il consenso multilaterale attorno all’urgenza di una riforma dell’architettura finanziaria globale. Senza l’ambizione di un accordo vincolante, ma con un orizzonte politico serrato (l’ONU prevede un primo momento di follow-up dell’agenda già nel 2026), FfD4 si è configurata come una piattaforma di convergenza diplomatica e attivazione politica.
Il testo finale, adottato formalmente il 17 giugno sulla base dei negoziati avviati nel 2023 e dei contributi ricevuti da governi, istituzioni e società civile, si articola attorno a sette pilastri principali: mobilitazione di risorse pubbliche interne, debito sovrano, investimenti pubblici e privati, finanza sostenibile, commercio, innovazione tecnologica e governance economica. Ma il cuore politico del confronto durante la conferenza di Siviglia si è concentrato su quattro nodi: la giustizia fiscale internazionale, la gestione del debito, il ruolo delle Nazioni Unite nel coordinamento multilaterale e la capacità di mobilitare capitale privato in modo efficace e non estrattivo.
Dieci anni dopo Addis Abeba: un bilancio critico
A dieci anni dall’Action Agenda di Addis Abeba, i dati restituiscono l’immagine di un sistema sotto pressione. Il divario annuale per finanziare gli SDGs ha superato i 4.000 miliardi di dollari (UN 2024). Solo il 16% dei target è oggi in linea con le tempistiche previste, e in oltre 50 paesi a basso reddito la spesa per interessi sul debito eccede quella per sanità e educazione.
A questo si sommano i tagli all’aiuto pubblico allo sviluppo (ODA) − non solo da parte degli Stati Uniti ma anche di diversi paesi OCSE, come documentato dall’OCSE stesso nel suo report annuale − e il crollo degli investimenti infrastrutturali nei paesi in via di sviluppo, scesi del 35% rispetto ai livelli pre-Covid secondo i dati presentati dal segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, all’apertura del Business Forum di FfD4.
Il Common Framework del G20, lanciato nel 2020 per ristrutturare il debito nei paesi a basso reddito, è stato applicato finora solo in quattro casi (Zambia, Ciad, Etiopia, Ghana), con risultati limitati e tempistiche dilatate. Più che un fallimento formale, il meccanismo si è rivelato inadeguato nella sua struttura volontaria, dipendente dal consenso dei creditori privati e privo di incentivi efficaci alla partecipazione. In questo quadro, l’aumento del ricorso a prestiti a tasso di mercato, anche da parte di istituzioni multilaterali, ha esacerbato la vulnerabilità fiscale di molti stati.
Il Compromesso di Siviglia affronta questi temi rilanciando l’impegno politico verso strumenti più agili e sistemici: sospensione automatica del servizio del debito in caso di shock, meccanismi di conversione del debito in investimenti per lo sviluppo sostenibile (debt swaps) e uso strategico delle banche multilaterali di sviluppo per attenuare il rischio finanziario e attrarre capitale privato. Pur senza un mandato negoziale vincolante, il testo cerca di tenere insieme ambizione politica e convergenza diplomatica, rafforzando gli impegni di Addis Abeba e aprendo un nuovo ciclo politico sulla riforma dell’architettura finanziaria.
Il documento riconosce esplicitamente l’insostenibilità del quadro attuale; rilancia l’appello per un sistema fiscale più equo, capace di recuperare risorse oggi perse in elusione e pratiche di pianificazione fiscale aggressiva (come lo spostamento artificiale dei profitti in giurisdizioni a bassa tassazione, l’abuso dei trattati fiscali o l’uso opaco di strutture offshore); accoglie con favore proposte di finanza innovativa, come registri globali degli asset o prelievi solidali su consumi ad alta impronta; e richiama l’importanza della titolarità nazionale (ownership) nel disegno e nell’attuazione delle strategie di finanziamento dello sviluppo. Tuttavia, la natura non vincolante del testo, l’assenza di target misurabili e la mancanza di riferimenti operativi a processi paralleli (COP30, G20, riforma delle Banche multilaterali di sviluppo) ne ridimensionano il potenziale trasformativo.
Iniziative e priorità emerse a Siviglia
Accanto al Compromesso di Siviglia, la conferenza ha prodotto la Sevilla Platform for Action, un quadro che raccoglie oltre 130 iniziative lanciate da stati, organizzazioni internazionali, fondazioni e società civile. L’obiettivo di questa piattaforma di convergenza è di passare dal dialogo all’attuazione attraverso azioni concrete replicabili, scalabili e condivise. Il segretariato ONU ha annunciato che la Platform sarà oggetto di aggiornamenti annuali a partire dal 2026, con un primo bilancio previsto nella sessione di follow-up dell’Assemblea generale.
Molti dei progetti lanciati si concentrano su quattro aree cruciali, che hanno rappresentato anche i principali nodi del confronto politico multilaterale: debito, fiscalità internazionale, mobilitazione di capitale privato (blended finance) e ownership e governance.
Debito: dalla paralisi del Common Framework a nuovi tentativi di coordinamento
Il tema del debito è stato uno dei più discussi, anche alla luce del fallimento operativo del Common Framework del G20. Il Compromesso di Siviglia riconosce esplicitamente la necessità di meccanismi più rapidi, trasparenti e inclusivi per la prevenzione e la gestione delle crisi debitorie. Accoglie con favore strumenti innovativi come la sospensione automatica del servizio del debito in caso di shock, i debt swaps orientati agli SDGs e l’uso strategico delle banche multilaterali di sviluppo (MDBs) per ridurre il rischio finanziario.
Su questo fronte, la Sevilla Platform for Action ha visto il lancio di almeno tre iniziative rilevanti. La prima è il Borrowers’ Club, promosso da UNCTAD e African Development Bank, che punta a rafforzare il coordinamento Sud-Sud tra paesi debitori, creando una piattaforma permanente di scambio e proposta. La seconda è l’Alliance for Debt Clauses, sostenuta da Spagna, Colombia e Unione Africana, che mira a diffondere sistematicamente clausole di resilienza nei contratti di debito pubblico, per automatizzare la sospensione dei pagamenti in caso di eventi estremi. La terza è il Natural Prosperity Hub, sostenuto da Kenya, Costa Rica e altri, che propone un nuovo quadro multilaterale per la conversione del debito in investimenti per la resilienza climatica e ambientale, con supporto tecnico da parte delle Nazioni Unite.
Il linguaggio del Compromesso, tuttavia, resta prudente: non vi è menzione esplicita del fallimento del Common Framework né di una riforma delle regole di condotta dei creditori privati, e i riferimenti a eventuali processi vincolanti sono assenti.
In parallelo, iniziative come Beyond GDP, rilanciate da UNEP e sostenute da un numero crescente di paesi, sia europei sia del Sud globale, propongono un cambio di paradigma nei criteri di valutazione delle politiche economiche, ponendo al centro indicatori di benessere umano, resilienza e sostenibilità. Anche se non formalmente parte dei risultati di Siviglia, questa discussione ha attraversato numerosi dibattiti durante la conferenza, rafforzando l’urgenza di indicatori economici più allineati con l’Agenda 2030.
Il ritorno della giustizia fiscale nell’arena multilaterale
La fiscalità internazionale è tornata al centro del dibattito con forza, spinta soprattutto dai paesi africani, dall’America Latina e dalle organizzazioni della società civile. Il Compromesso di Siviglia rilancia l’appello per un sistema fiscale più equo e trasparente, capace di contrastare elusione ed erosione della base imponibile, due meccanismi attraverso cui le aziende spostano i profitti in giurisdizioni a bassa o nulla tassazione.
Il documento accoglie con favore proposte di finanza innovativa, come la creazione di registri globali degli asset, per aumentare la trasparenza fiscale, e l’introduzione di prelievi solidali su consumi ad alta impronta emissiva, come voli premium o beni di lusso, destinati a finanziare progetti di tutela di beni pubblici globali.
Il passaggio più rilevante è il riconoscimento politico del processo in corso presso l’Assemblea generale per l’elaborazione di una Convenzione ONU sulla tassazione internazionale, promosso in particolare dal Gruppo Africano.
Nella Platform sono emerse diverse iniziative, a partire dalla nascita della Solidarity Coalition for Levies, sostenuta da Francia, Spagna, Kenya, Barbados, Colombia e altri, che prevede l’introduzione di tasse su voli premium e settori ad alta impronta per finanziare il clima e lo sviluppo, fino al rafforzamento delle coalizioni a favore della tax justice, con il sostegno politico esplicito alla creazione di un Global Asset Registry e alla tassazione delle grandi ricchezze. Inoltre, l’assenza degli Stati Uniti dai negoziati ha permesso, secondo molti osservatori, di portare avanti proposte più coraggiose rispetto al passato. Tuttavia, il testo finale non definisce target quantitativi né un’agenda operativa condivisa.
Blended finance: tra incentivi e critiche
La mobilitazione di capitale privato resta uno degli obiettivi più controversi. Il Compromesso di Siviglia ribadisce l’importanza di strumenti di finanza mista (blended finance) per attrarre investimenti nei paesi a basso reddito, ma invita anche a una valutazione critica dell’efficacia di questi strumenti e chiede maggiore trasparenza nei meccanismi di de-risking.
Come emerso in diversi side event della Platform, infatti, la mobilitazione di capitale privato resta ostacolata da barriere strutturali come l’elevato costo di transazione, l’assenza di standard di impatto condivisi e la scarsa bancabilità di molti progetti ambientali nei paesi a basso reddito.
Tra le iniziative della Platform risultano il Transformational Lending for Inclusive Finance (TLIF), promosso da UNDP, che propone un approccio trasformativo al credito multilaterale, con meccanismi che premino la performance sociale e ambientale, e non solo la sostenibilità finanziaria, e il Green and Resilient Economics Hub, lanciato all’interno della Coalition of Finance Ministers for Climate Action, che punta a rafforzare la capacità di programmazione fiscale per obiettivi climatici, anche attraverso strumenti fiscali nazionali e leve di bilancio verdi.
Diverse voci, però, tra cui ODI, IISD e vari think tank africani, hanno criticato l’eccessiva enfasi sulla blended finance come soluzione universale, chiedendo invece un riequilibrio verso risorse pubbliche e cooperative, soprattutto in settori come adattamento climatico, sanità e educazione.
Ownership e governance: chi guida la riforma?
Il tema della governance della finanza per lo sviluppo ha attraversato tutta la conferenza. Il Compromesso riafferma la centralità delle Nazioni Unite e riconosce il ruolo complementare di G20, FMI, OCSE e banche multilaterali di sviluppo, e sottolinea la necessità di garantire ownership nazionale nei piani di finanziamento e di rafforzare il coordinamento tra fonti pubbliche, private e multilaterali.
Tra le iniziative annunciate rientrano un nuovo Action Plan per lo scaling up degli Integrated National Financing Frameworks (INFFs), presentato dall’UNCDF con l’obiettivo di supportare i paesi nello sviluppo di strategie finanziarie integrate, trasparenti e inclusive, il Seville Business Forum ha rilanciato la richiesta di chiarezza su strumenti di collaborazione pubblico-privato, dati e accesso al rischio, e il 4P Reform Tracker monitora il livello di allineamento delle banche multilaterali con l’Agenda 2030, creando pressione politica e trasparenza comparativa.
Tuttavia, la frammentazione dei processi internazionali, tra G20, COP, ONU e istituzioni finanziarie, resta una barriera strutturale, che né il Compromesso né la Platform sembrano oggi in grado di superare.
Dopo Siviglia: opportunità, limiti e traiettorie da osservare
Il quadro che emerge da Siviglia è duplice. Da un lato, FfD4 ha segnato un punto di rilancio per il sistema multilaterale, dando voce a una pluralità di attori e offrendo un’agenda ampia, aggiornata e politicamente rilevante. Dall’altro, l’assenza di elementi vincolanti, obiettivi quantitativi o riferimenti operativi ai processi in corso (dalla riforma delle banche multilaterali al G20, dalla COP30 ai piani nazionali di sviluppo) limita la capacità trasformativa del Compromesso di Siviglia, almeno a breve termine.
Tuttavia, la Platform for Action e i segnali politici emersi in plenaria e nei forum paralleli indicano che un nuovo spazio negoziale si sta aprendo. In assenza degli Stati Uniti, molti paesi, in particolare africani e latinoamericani, hanno colto l’occasione per avanzare proposte più coraggiose su tassazione, debito e architettura multilaterale. Il sostegno esplicito a una Convenzione ONU sulla fiscalità internazionale, la creazione di coalizioni su leve fiscali solidali, la pressione verso nuovi standard globali per gli asset e la nascita di club di debitori sono tutti segnali di un riequilibrio nei rapporti di forza.
FfD4 ha mostrato che il dissenso sull’architettura finanziaria non riguarda solo il quantum di risorse, ma la natura stessa del sistema: chi lo guida, chi decide le priorità, come si distribuiscono rischi e benefici. È su queste fratture che si giocheranno i prossimi appuntamenti internazionali.
Il legame con il clima è cruciale. Il fatto che il Compromesso, pur menzionando spessissimo il cambiamento climatico, non faccia riferimento alla COP30 né indichi esplicitamente come connettere i flussi finanziari con le traiettorie di decarbonizzazione, adattamento o giuste transizioni, mostra una persistente frammentazione sistemica.
Eppure, molte delle proposte emerse a Siviglia, dalla tassazione sui voli premium al rafforzamento della fiscalità verde, dalla ristrutturazione del debito per resilienza alla riforma dei mandati delle MDB, rappresentano leve chiave anche per l’agenda climatica. In questo senso, COP30 a Belém sarà una tappa politica determinante per verificare se e come il processo FfD sarà in grado di influenzare le altre architetture multilaterali.
In un momento di crisi sistemica della cooperazione internazionale, FfD4 ha riportato il finanziamento dello sviluppo sotto i riflettori come questione non solo tecnica ma politica. Ora la sfida è trasformare la convergenza multilaterale in agenda condivisa, perché Siviglia non resti un esercizio di diplomazia dichiarativa ma diventi un acceleratore di riforme concrete.
In copertina: Antonio Guterres all’apertura del business Forum di FfD4 © UN Department of Economic and Social Affairs via Flickr