Come direttore regionale per l’Europa di ICLEI, mi viene spesso chiesto perché dedichiamo tante risorse alle negoziazioni climatiche globali. Perché un’organizzazione di città e regioni si impegna così profondamente in processi che molti considerano ancora prerogativa dei governi nazionali? Dopo la COP30 a Belém, la risposta è più chiara che mai: il tempo per agire sta per scadere e le decisioni prese alle COP definiscono i quadri che le amministrazioni locali e regionali devono attuare sul territorio.

Per le comunità locali, l’innalzamento del livello del mare e gli eventi climatici estremi non sono numeri astratti: si manifestano sotto forma di alluvioni, tempeste e incendi. Per i governi locali, il cambiamento climatico non è uno scenario futuro, ma una realtà concreta. Ricostruire quartieri, aggiornare infrastrutture e proteggere persone e territori richiede investimenti significativi che i bilanci locali da soli non possono sostenere. Per questo ICLEI sostiene una multilevel governance autentica: città e regioni sanno cosa serve e come realizzarlo, ma spesso non vengono consultate né adeguatamente autorizzate e finanziate.

Alla COP30, questo messaggio è stato portato con forza senza precedenti. Quasi tremila leader subnazionali hanno partecipato al Local Leaders Forum a Rio, co-organizzato dalla presidenza della COP30 e da Bloomberg Philanthropies. Insieme hanno presentato una dichiarazione congiunta che chiedeva tre impegni fondamentali: collaborazione nell’attuazione, accesso ai finanziamenti e un processo COP fondato sulla responsabilità e sull’efficacia dei risultati. Tra i leader locali presenti, la presidente di ICLEI, la sindaca Katrin Stjernfeldt Jammeh di Malmö, ha affiancato i capi di stato per trasmettere questo messaggio.

In qualità di punto focale della Costituency dei Governi Locali e delle autorità municipali (LGMA), e rappresentando più di cinquanta reti di città e regioni, ICLEI ha portato questa voce collettiva direttamente ai negoziati di Belém. Raggiungere 1,5°C non è una questione di retorica: è la linea tra un futuro vivibile per i nostri figli e uno che non lo è.

Questa volta, le nostre proposte e soluzioni hanno trovato ascolto. Durante tutta la COP30 abbiamo visto collaborazione autentica e il riconoscimento da parte della presidenza brasiliana che l’attuazione dipende dalle città e dalle regioni. Il presidente della COP30, l’ambasciatore André Corrêa do Lago, ha aperto la conferenza con una frase che aspettavamo da anni: “I governi subnazionali giocano un ruolo assolutamente cruciale nell’attuare le decisioni prese alle COP.”

Nonostante questi segnali positivi, l’esito finale non ha istituito un dialogo formale sulla governance multilivello e sull’urbanizzazione, come città, regioni e stati chiedono da tempo. Tuttavia, questa COP ha rafforzato piattaforme di cooperazione multilivello: dal Local Leaders Summit al quarto Ministerial Meeting on Urbanization and Climate Change, fino all’adesione dell’Unione Europea alla Coalition for High Ambition Multilevel Partnerships (CHAMP), un impegno dei paesi a co-governare le politiche climatiche insieme a città e regioni.

Da Belém a Malmö, da Rio a Bruxelles, i governi locali e regionali e le loro reti parlano con una voce unita e sempre più forte: se le politiche climatiche non funzionano a livello locale, non funzionano affatto, e senza azione locale gli obiettivi globali resteranno promesse vuote.

L’azione climatica non si esaurisce in una conferenza di due settimane, né il percorso per scalarla si decide esclusivamente nelle sale plenarie della COP, ma quelle sale rimangono importanti per accelerare i progressi, mentre saranno le città e le regioni a trasformare gli obiettivi globali in risultati concreti.

 

In copertina: Belém fotografata da Alex Ferro/COP30