Cinque anni fa, l’Agenzia internazionale per l’energia (IEA) ipotizzò che entro il 2025 la quota delle energie rinnovabili nella produzione globale di elettricità avrebbe raggiunto il 33%, superando la produzione a carbone per la prima volta nella storia. Questa previsione si è effettivamente concretizzata nella prima metà del 2025: il report Global Electricity Review Mid-Year Insights 2025 del think tank indipendente Ember ha registrato una produzione media di elettricità green del 34,3%. È un risultato storico che scavalca, almeno per ora, il carbone (che si attesta al 33% del mix), in assoluto la fonte energetica più inquinante e in calo di 31 terawattora (TWh) rispetto al 2024.
L’analisi di Ember mostra che la crescita record del solare e la costante espansione dell'eolico stanno ridisegnando il mix energetico globale. “Stiamo assistendo ai primi segnali di una svolta cruciale”, ha dichiarato Małgorzata Wiatros-Motyka, Senior Electricity Analyst di Ember e coautrice dello studio insieme a Kostantsa Rangelova. "L'energia solare ed eolica sta crescendo abbastanza velocemente da soddisfare la crescente domanda di elettricità del mondo."
Anche Cina e India hanno visto diminuire la produzione di energia fossile nella prima metà del 2025, con Pechino che si è confermata leader nella crescita di solare ed eolico, e un’espansione record delle rinnovabili in India.
Trainato dal solare, il trend di crescita delle rinnovabili è confermato anche dai prospetti della IEA, che prevedono un raddoppiamento della capacità entro il 2030. “Oltre ai mercati consolidati, il solare è destinato a crescere anche in Arabia Saudita, Pakistan e in diversi paesi del Sud-Est asiatico”, ha dichiarato il direttore esecutivo della IEA Fatih Birol.
L’addio (non definitivo) al carbone dell’Italia
L’era del carbone sta per finire anche in Italia, o quasi. Da un lato infatti il ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin ha ribadito di voler tenere fede agli impegni del PNIEC, il Piano nazionale integrato per l'energia e il clima aggiornato al 2024, che prevede entro la fine di quest’anno lo spegnimento delle ultime quattro centrali a carbone. Dall’altro però il MASE non ha nessuna intenzione di dismettere gli impianti: “Non produrremo più energia da carbone, ma non vogliamo smantellare le centrali perché le consideriamo opere strategiche per la sicurezza nazionale”, ha dichiarato Pichetto Fratin all’assemblea annuale di Elettricità Futura.
Lo stesso MASE ha confermato a Materia Rinnovabile che al momento le centrali sono attive, nonostante non stiano producendo per scelta economica dell’operatore. Dal 1° gennaio 2025 è previsto che passino nella fase di “esercizio a freddo”, durante la quale l’impianto viene testato periodicamente senza la combustione del carbone.
Sommando i costi del carbone e dei permessi di emettere CO₂ imposti dall’Emissions Trading Scheme europeo (ETS), per Enel e gli altri produttori non è neanche più conveniente produrre elettricità con il carbone. E infatti dall’inizio dell’anno hanno generato solamente l’1% della domanda totale di elettricità del paese. Le centrali di Civitavecchia e Brindisi non hanno prodotto nulla nel 2025 e dovrebbero essere spente entro la fine dell’anno. In Sardegna, invece, le centrali di Sulcis e Fiume Santo dovrebbero restare attive sino al 2028, anno in cui dovrebbe essere completato il Tyrrhenian Link, l’elettrodotto che collegherà la Sardegna e la Sicilia alla penisola, migliorando la capacità di scambio elettrico da fonti rinnovabili.
Le rinnovabili crescono senza il contributo dell’Oil & Gas
In questa corsa delle rinnovabili verso un’elettricità decarbonizzata il contributo delle multinazionali fossili è insufficiente, nonostante le promesse. Secondo infatti una ricerca condotta dall’Università di scienze e tecnologie ambientali di Barcellona e pubblicata sulla rivista scientifica Nature Sustainability, le 250 principali aziende Oil & Gas globali controllano appena l’1,5% della capacità di energia rinnovabile mondiale, con appena 3.166 impianti tra eolico, solare, idroelettrico e geotermico. Inoltre, di queste 250 aziende solo il 20% possiede almeno un impianto o è coinvolto tramite participate alla produzione di energia rinnovabile.
Secondo Marcel Llavero Pasquina, uno dei coautori dello studio, questa carenza di infrastrutture green smentisce gli impegni climatici pubblicizzati dall’industria fossile negli ultimi anni. Una recente analisi di Zero Carbon Analytics ha calcolato infatti che quasi un quarto delle maggiori cento compagnie Oil & Gas ha fissato obiettivi di riduzione dei gas serra entro il 2030, con un impegno medio di decarbonizzazione pari al 43% delle proprie attività.
Lo studio offre anche un’analisi dettagliata delle singole compagnie fossili. TotalEnergies, ad esempio, il colosso francese con il portafoglio di asset rinnovabili più ampio in Europa, ottiene dalle fonti rinnovabili appena l’1,6% della propria produzione energetica complessiva. Seguono British Petroleum (BP) ed Eni, entrambe allo 0,4%.
Julia Steinberger, docente di ecologia presso l'Università di Losanna, in Svizzera, ha dichiarato che questo studio conferma ciò che già si sapeva sulle industrie del petrolio, del gas e del carbone: “Nonostante i loro slogan green, stanno fallendo completamente nella transizione verso l'energia pulita. E intanto le lobby dei combustibili fossili continuano a influenzare i nostri politici”.
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