Bisogna scendere duecento metri sotto terra, nel cuore pulsante delle Dolomiti trentine, per capire davvero cosa significa ripensare il futuro. Qui, dove il rombo delle escavatrici risuona da oltre un secolo e la preziosa Dolomia viene estratta dalle viscere della montagna, sta nascendo qualcosa di straordinario: un mondo sotterraneo dove ogni movimento dei mezzi meccanici non distrugge, ma costruisce. Dove ogni vuoto scavato diventa un’opportunità, ogni galleria una promessa di vita nuova.

È il mondo di TERA, il primo ecosistema minerario al mondo che trasforma l’attività estrattiva in un laboratorio vivente di economia circolare. Un progetto talmente innovativo da conquistare l’attenzione delle istituzioni nazionali e da essere presentato alla Camera dei Deputati, con un messaggio di saluto del Ministro delle Imprese e del made in Italy Adolfo Urso.

La rivoluzione comincia con uno sguardo diverso

"Non si tratta di un riuso di una miniera, ma di una progettazione che fin dall’inizio considera l’uso successivo", spiega a Materia Rinnovabile l'ingegner Roberto Covi, amministratore delegato di Tassullo, e nella sua voce si sente l’orgoglio di chi parla della sua creatura. "Scaviamo la miniera con la visione dell’attività successiva. Quando iniziamo a scavare c’è già la visione del futuro, con una logica di sicurezza e di conservazione".

Immaginatelo: mentre le pale meccaniche mordono la roccia e i camion trasportano tonnellate di Dolomia verso la superficie, Covi e il suo team guardano quegli spazi che si aprono nel ventre della montagna e vedono altro. Vedono magazzini naturali dove conservare le mele, cantine perfette per l’invecchiamento del vino, laboratori tecnologici protetti dalla roccia millenaria. Vedono il futuro prendere forma metro dopo metro, scavo dopo scavo.

Questa capacità visionaria è resa possibile da un accorgimento normativo unico della Provincia Autonoma di Trento, che consente – in esclusiva sul territorio nazionale – di modificare la destinazione d’uso delle cave durante le varie fasi di progettazione. "Tutto ciò è possibile grazie a una legge della provincia di Trento che consente di modificare l’uso della cava nelle varie fasi di progettazione", racconta Covi, sottolineando come l’innovazione nasca spesso dall’incontro tra visione imprenditoriale e supporto istituzionale.

Il nome stesso del progetto racconta questa filosofia moltiplicatrice: "TERA, dal greco téras - cosa portentosa, prefisso che anteposto al nome di un’unità di misura ne moltiplica il valore", spiega l’amministratore delegato. "Esprime il processo consapevole e ambizioso che ci porta a diventare moltiplicatori di spazio, risorse e opportunità. TERA diventa quindi anche metafora di terreno comune, punto di incontro tra esigenze diverse ma intenti condivisi".

Photo credit: Tassullo
Immagine Tassullo

Quando le mele hanno trovato casa sottoterra

La storia di questa rivoluzione silenziosa inizia tra il 2010 e il 2013, con una scommessa che sembrava folle: convincere Melinda, il gigante altoatesino delle mele, a spostare parte della sua produzione sottoterra. "Il primo progetto è stato con Melinda, non è stato facile convincerli, non c’era un precedente e abbiamo lavorato molto e c’è stato un contributo significativo della provincia", ricorda Covi.

Bisogna immaginare quelle prime riunioni, quando Covi e il suo team presentavano a dirigenti scettici l’idea di conservare migliaia di tonnellate di mele in una miniera attiva. Le perplessità erano comprensibili: chi aveva mai visto una cosa simile? Eppure, la natura aveva già preparato la risposta perfetta. A duecento metri di profondità, la temperatura rimane costante tutto l’anno sui 12 gradi, non ci sono infiltrazioni d’acqua, l’umidità è perfettamente controllabile. Un frigorifero naturale che non consuma energia.

Oggi, 40.000 tonnellate di mele Melinda riposano nei moderni frigoriferi installati negli ambienti ipogei di TERA, dove il silenzio è rotto solo dal ronzio discreto dei sistemi di refrigerazione e ventilazione. Il successo è stato tale da aprire la strada ad altre collaborazioni virtuose. "Poi è arrivato il vino, che ha beneficiato di una temperatura indisturbata, poi il formaggio", racconta l’amministratore delegato, e si percepisce l’orgoglio di chi ha visto crescere un sogno.

Così, circa 2,5 milioni di bottiglie del brand premium Altemasi Trento Doc di Cavit hanno trovato la loro dimora sotterranea, insieme a 1.200 forme di formaggio Trentingrana. Ogni prodotto ha trovato il suo spazio ideale in questo mondo sotterraneo che cresce e si diversifica, dove i vantaggi sono tangibili: riduzione drastica dei costi energetici, risparmio di territorio di superficie, vantaggi ambientali significativi e un incremento della sicurezza che solo la roccia millenaria può garantire.

Intacture: dove la pietra diventa guardiana dei dati

Ma è con Intacture che TERA compie il salto più audace verso il futuro, quello che il Ministro Urso ha definito "un ulteriore passo avanti" nel suo messaggio di saluto. Qui, a oltre cento metri di profondità, sta prendendo vita il primo datacenter europeo realizzato all’interno di una miniera attiva. Un’infrastruttura che sembra uscita da un romanzo di fantascienza, dove la tecnologia più avanzata trova rifugio nel cuore della montagna.

"Infine il data center che ha bisogno di un progetto di ampissimo respiro, e una pianificazione di lungo periodo ma è un progetto ambientalmente molto vantaggioso, consente di risparmiare corrente e acqua", ci spiega Covi.

Camminare nei corridoi di Intacture in costruzione deve essere un’esperienza surreale. Da un lato, le pareti di roccia grezza che raccontano milioni di anni di storia geologica; dall’altro, cavi in fibra ottica e sistemi di raffreddamento all’avanguardia che preparano l’arrivo dei server più moderni. Un matrimonio perfetto tra l’antico e il futuro, dove 90 milioni di metri cubi di Dolomia fanno da scudo naturale contro qualsiasi minaccia.

Ideato da Trentino DataMine e cofinanziato dal PNRR per 18,5 milioni di euro su un investimento complessivo di oltre 50 milioni, Intacture incarna una nuova filosofia dell’innovazione digitale sostenibile. La sicurezza qui è assoluta: incastonato nella roccia millenaria, il datacenter offre protezione naturale da minacce fisiche, schermatura elettromagnetica e massima sicurezza sismica e idrogeologica. "Un presidio tecnologico di prossimità, integrato con intelligenza nel tessuto produttivo e ambientale", come lo ha definito Dennis Bonn, Consigliere Delegato di Trentino DataMine.

La sostenibilità del progetto si tocca con mano: oltre l’80% dell’infrastruttura è ipogea, con vantaggi indiscussi sul consumo di suolo. Il raffreddamento è passivo, sfrutta la temperatura costante della montagna, e il funzionamento ad alta efficienza energetica avviene senza consumo d’acqua, performance cruciale in un’epoca di crescente stress idrico. Ma Intacture non è "un colosso remoto e centralizzato": è pensato come un hub territoriale per avvicinare i servizi digitali a PMI, pubblica amministrazione, centri di ricerca e startup.

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Come piscine olimpioniche sottoterra

"Sono state movimentate circa 63.000 tonnellate di roccia Dolomia", racconta Covi, un volume che corrisponde a circa 20 piscine olimpiche di materiale che non va sprecato ma si trasforma nei prodotti edilizi di Tassullo. È economia circolare allo stato puro: ogni tonnellata estratta ha una doppia vita, prima come spazio per il futuro, poi come materia prima per costruire.

La complessità del progetto richiede un piccolo esercito di specialisti. "Servono multiple competenze - spiega Covi a Materia Rinnovabile –. C’è l’urbanista che deve gestire 15 km di gallerie su tre livelli, l’ingegnere strutturista, va redatto un vero e proprio piano di viabilità, poi gli scavi veri e propri, le pendenze. Sicuramente è preponderante la parte geotecnica e civile".

Immaginate la sfida: progettare una città sotterranea con le sue arterie, i suoi nodi, i suoi spazi vitali. Il cavedio di 40 metri è stato trasformato in una costruzione di 14 piani sotterranei, dove ascensori, scale e impianti si intrecciano in una coreografia perfetta di funzionalità. Circa 60 persone lavorano ogni giorno in questo formicaio tecnologico, molte delle quali provengono dal territorio locale, perché anche nella selezione dei fornitori la priorità è stata data alle aziende trentine.

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Un futuro che si può copiare

"Sarebbe un modello replicabile in altre parti di Italia per miniere che si stanno aprendo, perché va pianificato fin dall’inizio", sottolinea Covi con la convinzione di chi ha dimostrato che l’impossibile è solo questione di visione. "Non dipende dal tipo di materiale di scavo perché in genere gli scavi nel sottosuolo hanno il materiale giusto. Possono esserci dei problemi di infiltrazioni di acqua, ma si gestiscono".

La replicabilità del modello TERA assume particolare rilevanza nel contesto del Programma Nazionale di Esplorazione Mineraria, recentemente approvato dal Comitato Interministeriale per la Transizione Ecologica. Come ha evidenziato il Ministro Urso, questo "segna un ritorno strategico per l’Italia alla valorizzazione delle proprie risorse, in un’ottica moderna, anche allineata alle priorità europee".

L’approccio di Tassullo dimostra che l’economia estrattiva può evolversi  - per citare il ministro Urso - "in chiave circolare, trasformando un’attività tradizionalmente legata al consumo di risorse in un modello integrato che restituisce valore all’ambiente, alle comunità e alla filiera produttiva".


In copertina: immagine Tassullo