È iniziata martedì 11 giugno a Siegburg, in Germania, la Renewable Materials Conference, la più grande conferenza mondiale sui prodotti chimici e sui materiali basati su biomassa, CCU o riciclo chimico, alternative ai prodotti chimici e ai materiali di origine fossile. Materia Rinnovabile è media partner dell’evento.

Con ottanta presentazioni, dieci workshop, quaranta espositori e oltre cinquecento delegati provenienti da tutta Europa, la Renewable Materials Conference, organizzata dalla tedesca Nova Institute, vuole dare spazio alle ultime innovazioni, alle visioni e strategie di aziende leader e start-up di tutto il mondo e capire, ovviamente, come cambierà il quadro politico del settore chimico nei prossimi anni.

Apertura della conferenza © Antonella Totaro

L’industria chimica nell’Unione Europea

L’Europa è il secondo più grande produttore di prodotti chimici al mondo con 760 miliardi di euro di vendite nel 2021. Quella chimica è la quarta industria manifatturiera europea con 19 milioni di lavoratori coinvolti lungo tutta la filiera del valore ed è, al tempo stesso, tra i più grandi emettitori di CO₂, con la filiera del cemento e dell’acciaio al primo posto. La produzione chimica primaria ha segnato 935 metri cubi di emissioni dirette di CO₂ nel 2022 e, parallelamente, l’industria chimica è al cuore di molte filiere di valore: il 56% delle sostanze chimiche sono vendute ad altri settori.

Questa serie di dati dà un’idea dell’importanza del settore e non è quindi un caso che da alcuni anni la Commissione europea abbia posto la transizione dell’industria chimica verso pratiche più sostenibili e circolari al centro di numerose politiche. Anche perché, come sostenuto da Algreit Dume, DG Grow della Commissione europea, “l’industria chimica è cruciale per creare un’economia competeva e resiliente”.

In tale contesto, a inizio febbraio scorso, una comunicazione della Commissione europea riguardante la gestione industriale del carbonio (ICM) ha elencato le azioni da attuare da parte dell’Unione e degli stati membri, concentrandosi su tre principali percorsi tecnologici: la cattura delle emissioni di anidride per lo stoccaggio (CCS), la rimozione di CO₂ dall'atmosfera (BioCCS e DACCS) e la cattura per utilizzarla (CCU). Tuttavia, per attuare tali processi e stabilire un mercato di CO₂ in Europa è fondamentale la costruzione di un’infrastruttura di trasporto.

Michael Carus apre la conferenza © Renewable Materials Conference

Carbon Capture e Utilisation (CCU)

“I prodotti provenienti da CCU sono destinati a crescere nel futuro in Europa”, ha affermato Michael Carus, fondatore di Nova Institute, concludendo il suo intervento sulla valutazione degli scenari futuri per l'industria chimica. In effetti, molti degli sforzi a livello europeo e non solo si stanno concentrando, secondo Fabien Ramos, DG Clima della Commissione europea, sulla cattura e utilizzo dell'anidride carbonica (CCU), indicata con l'acronimo inglese di Carbon Capture and Utilisation.

Ramos, durante la prima giornata della Renewable Materials Conference, ha offerto una prospettiva sulla gestione sostenibile del carbonio dell’Unione Europea considerando gli obiettivi climatici al 2040, affermando, nel corso del suo intervento, che “l’Europa riconosce la CO₂ come una valida risorsa per sostituire il carbonio di origine fossile presente nei prodotti al fine di ottenere benefici climatici reali. Le sfide in tale settore sono numerose come l’eterogeneità dei percorsi di CCU e come il fatto che non esistano, al momento, incentivi per alcuni tipi di cattura e utilizzo di anidride carbonica e per i prodotti basati su di essa”.

Per far fronte a tali ostacoli a livello europeo esiste un Gruppo di lavoro CCU per riflettere sulle condizioni che consentono di sostenere l'uso industriale della CCU e di creare un mercato per i prodotti basati sull’anidride carbonica catturata e utilizzata. Il working group punta ad affrontare le sfide strutturali esistenti e le barriere normative che ostacolano la diffusione delle tecnologie, a ideare incentivi concreti per sostenere la diffusione industriale e gli investimenti nelle tecnologie CCU rinnovabili e circolari e a studiare il potenziale delle opzioni di stimolo della domanda per aumentare la diffusione dei prodotti.

Christopher vom Berg e Lara Dammer © Renewable Materials Conference

La CCU sta funzionando secondo le aziende?

La cattura e utilizzo dell'anidride carbonica è un processo che comprende il sequestro della CO₂ e il suo utilizzo per un uso futuro. Si tratta della frontiera al centro del progetto inglese Flue2Chem, illustrato da Alastair Sanderson, Senior Manager di Unilever, che punta a riutilizzare la CO₂ già presente in circolazione. Il processo è apparentemente semplice: le industrie nelle loro diverse attività emettono preziosa CO₂, che è catturata e convertita in sostanze intermedie chiave ampiamente utilizzate nell'industria chimica. Tali sostanze intermedie sono convertite in tensioattivi che vengono poi formulati in prodotti per la pulizia e i rivestimenti.

Si tratta di un progetto che riunisce molti giganti del settore, da LanzaTech a Dow fino a Unilever e Tata Steel, ma che richiede tempo perché, come ha affermato Sanderson, “l’obiettivo di sostituire le materie prime di carbonio fossile era stato identificato già nel 2018 dalla UK Chemistry Council Strategy. Ci vuole tempo per far funzionare il consorzio e per far sì che i partner siano d'accordo, perché nelle stesse aziende non tutti comprendono il percorso che stiamo facendo”.

La CCU sta quindi, pur lentamente, funzionando. Se non è possibile estrarre CO₂ di origine fossile si possono a ogni modo trovare alternative come il riciclo, ma resta il fatto che, come ha proseguito Sanderson, “la società ha bisogno di carbonio e questo bisogno aumenterà nel tempo. I prodotti chimici non possono essere de-carbonizzati, ma possono essere de-fossilizzati. Tuttavia l'approvvigionamento di prodotti chimici a bassa emissione di gas serra richiede l'integrazione lungo l'intera catena del valore. La collaborazione e le partnership sono fondamentali. E, infine, per sostituire il carbonio avremmo bisogno di molto idrogeno perché sono necessari 6 atomi di idrogeno per sostituirne uno di CO₂".

© Renewable Materials Conference

Tra stanchezza verde e resilienza

A livello globale l'88%, e in Europa addirittura il 93%, delle materie prime di carbonio per il settore chimico e della plastica proviene da risorse fossili, soprattutto petrolio, gas naturale e carbone. A livello globale, solo l'8% proviene dalla biomassa e il 4% dal riciclo. Inoltre, la domanda totale di carbonio del settore chimico raddoppierà entro il 2050.

L'unico modo per affrontare le emissioni Scope 3 dei prodotti chimici e delle materie plastiche è sostituire il carbonio fossile proveniente dal sottosuolo con quello proveniente da sopra il suolo: biomassa, CO₂ e riciclo. Il messaggio chiaro dalla Renewable Materials Conference è che si tratta di una sfida difficile da affrontare, che richiede innovazione, nuove strategie, ingenti investimenti, domanda di mercato e il giusto quadro politico per realizzarla.

Al tempo stesso, sebbene l’industria chimica del futuro sia già iniziata, Lars Börger della società di consulenza Industry Insider (DE), percepisce una sorta di “stanchezza verde”: dopo anni di proclami e promesse, le aziende paiono tirarsi indietro rispetto agli impegni presi. Tuttavia, non è possibile più tornare indietro e bisogna trovare nuove strade che abbiano al centro la resilienza e una nuova definizione di abbondanza e crescita. “Queste nuove strade implicano che il concetto di libertà non può più comprendere il consumo arbitrario di materie prime di origine fossile”, ha evidenziato Börger. “La resilienza è la nuova risposta, non la crescita, non il consumo. Bisogna, invece, ripensare i materiali mettendo al centro la biodiversità che porta robustezza e resilienza, e soltanto ecosistemi rigenerati garantiscono resilienza”.

Lo schema di certificazione OK Renewable Carbon Share

A margine della prima giornata di conferenza è stata presentato da Philippe Dewolfs della TUV Austria, ente globale di certificazione di prodotti, attrezzature e impianti, il nuovo schema di certificazione OK Renewable Carbon Share ripercorrendo la lunga fase di creazione, sviluppo e validazione che ha coinvolto, tra gli altri, aziende multinazionali quali BASF, Braskem ed Henkel. Anche in questo caso si è trattato di un percorso che ha richiesto tempo, risorse e ovviamente collaborazione e partnership.

 

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Immagine di copertina: Envato