L’aumento delle temperature e la riduzione dell’umidità dell’aria hanno causato un calo dei raccolti globali di cereali negli ultimi cinquant’anni. Lo sostiene uno studio dell’Università di Stanford, pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences. I risultati dell’indagine costituiscono un monito importante in un pianeta chiamato a fronteggiare diversi problemi – tra cui la desertificazione e la siccità – favoriti dal cambiamento climatico. E capaci, ovviamente, di impattare sull’agricoltura.

“La produttività delle coltivazioni di base è un fattore chiave che determina l’accesso al cibo e la quantità di terra e di altre risorse utilizzate in agricoltura”, osserva lo studio. “La maggior parte delle aree ha sperimentato sia il rapido riscaldamento che l’essiccazione atmosferica, con impatti negativi rilevanti sulla resa globale per tre colture.”

Il calo delle rese può raggiungere il 13%

Gli autori hanno esaminato le condizioni agroclimatiche che hanno interessato le più diffuse colture di cereali nel mondo nell’ultimo mezzo secolo. La maggior parte delle regioni, spiegano, ha registrato un rapido riscaldamento che ha colpito il 45% delle aree coltivate nel periodo estivo e il 32% di quelle gestite in inverno. In crescita anche il deficit di pressione di vapore, un fattore chiave dello stress idrico delle piante, che è aumentato nella maggior parte delle regioni temperate. Meno evidente, infine, la variazione delle precipitazioni.

Considerando i dati, “stimiamo che le tendenze climatiche abbiano fatto sì che le attuali rese globali di grano, mais e orzo siano inferiori rispettivamente del 10, 4 e 13% rispetto ai livelli che avrebbero potuto raggiungere in circostanze diverse”, spiega lo studio.

Inoltre, “queste perdite hanno probabilmente superato i benefici dell’aumento della CO₂ [tra cui il miglioramento della crescita e della resa delle piante grazie all’aumento della fotosintesi, ndr] al contrario di quanto accaduto con la soia e il riso”.

Il problema con i modelli di previsione

La ricerca, spiegano ancora gli scienziati, ha evidenziato come i risultati siano coerenti con le previsioni espresse dai modelli climatici in uso da anni. Tale coerenza, però, nasconde in realtà due errori di segno opposto che hanno finito per compensarsi sostanzialmente tra loro.

Nel dettaglio, infatti, “i modelli sovrastimano in modo sostanziale l’entità del riscaldamento e dell’inaridimento sperimentati dalle colture estive in Nord America”. Al tempo stesso, tuttavia, “sottostimano l’aumento del deficit di pressione di vapore nella maggior parte delle regioni agricole temperate”.

Queste scoperte, aggiunge la ricerca, “possono contribuire a guidare gli sforzi di adattamento e di miglioramento dei modelli”. Esse in particolare possono aiutare gli scienziati a rendere più precise le previsioni in futuro. Ma anche a progettare strategie di adattamento più efficaci.

Il clima impone nuovi investimenti

L’urgenza di migliorare i modelli previsionali e di adottare politiche agricole più lungimiranti, ricorda una nota dell’ateneo statunitense, era già emersa in un recente studio pubblicato a marzo. L’indagine, condotta dai ricercatori di Stanford in collaborazione con alcuni colleghi della Cornell e della University of Maryland, aveva ipotizzato un rallentamento della produttività agricola statunitense nei prossimi decenni, sottolineando la necessità di contrastare il fenomeno realizzando investimenti significativi nelle pratiche di adattamento climatico.

A seconda dei diversi scenari di contrazione, spiegava lo studio, “per compensare il rallentamento della produttività causato dal clima, la spesa per la ricerca e lo sviluppo da qui al 2050 dovrà crescere tra il 5,2 e il 7,8% all’anno, ovvero di 2,2 o 3,8 miliardi di dollari in aggiunta alla spesa annuale odierna di circa 5 miliardi di dollari”. Uno sforzo “paragonabile per ambizione alla crescita della spesa pubblica per la ricerca nei periodi successivi alle due guerre mondiali”.

 

Questo articolo è stato originariamente pubblicato su resoilfoundation.org

 

In copertina: immagine Envato