Una campanella che non suona. Porte chiuse e aule vuote, non per uno sciopero o un guasto tecnico, ma per l’amianto annidato nei pavimenti. È accaduto all’Istituto Tasso di Latina, ma potrebbe succedere in centinaia di altre scuole italiane. Trentatré anni dopo la legge che l’ha messa al bando, la fibra killer continua a minacciare studenti e docenti italiani.
A fine settembre 2025 l’Istituto comprensivo Torquato Tasso di Latina è stato chiuso d’urgenza dopo il ritrovamento di tracce di amianto nei vecchi pavimenti dell’edificio. Il sindaco ha firmato un’ordinanza di chiusura temporanea per consentire interventi di messa in sicurezza e nuove indagini ambientali. Ma la misura tampone non ha placato le preoccupazioni. L’Osservatorio nazionale amianto (ONA) ha denunciato l’ennesimo ritardo: “Nell’ordinanza si parla di minime tracce di amianto, pari al 2,5%, ma non esistono quantità innocue. Parlare oggi di prime misure di messa in sicurezza significa ammettere decenni di ritardi. Intanto docenti e bambini sono stati esposti a un rischio mortale”.
L’ONA, tramite il suo presidente, l’avvocato Ezio Bonanni, ha chiesto al ministro dell’istruzione Giuseppe Valditara di imporre una bonifica definitiva, avviare la sorveglianza sanitaria su personale e studenti e predisporre risarcimenti per chi ha già subìto conseguenze sulla salute. Bonanni ha riferito di segnalazioni di tumori tra il personale scolastico ancora in giovane età, attribuiti proprio all’esposizione in aula: “Il mesotelioma è solo la punta dell’iceberg”. Insomma, non basta coprire, chiudere, mettere in sicurezza, che è sempre una misura provvisoria. Soprattutto quando si tratta di bambini e scuole, sostiene l’ONA, va effettuata la bonifica.
Le scuole che sfuggono al monitoraggio ufficiale
Il caso di Latina non è isolato. Secondo l’Osservatorio, la situazione nel Lazio resta critica: su 5.371 scuole censite, circa 430 istituti (8%) presentano presenza o rischio amianto. Nel solo comune di Roma sono stati individuati 111 edifici scolastici contaminati.
Un piano di rimozione è stato annunciato nel 2022 con fondi di coesione sociale 2014-2020, riguardante 111 scuole superiori della Città metropolitana di Roma (77 nel comune). Ma non copre tutto il patrimonio scolastico comunale: già nel 2020 l’ONA aveva censito 150 istituti contaminati, alcuni esclusi dal monitoraggio ufficiale, come l’Istituto Evangelisti, bonificato solo nel 2022 dopo la denuncia diretta dell’associazione. Nel report 2022/23 l’ONA stimava 77 scuole con amianto a Roma Capitale e fino a 138 nell’area metropolitana. Nel 2024, dopo l’avvio di 24 cantieri, il numero complessivo è sceso a 116: un progresso, ma insufficiente rispetto all’urgenza sanitaria.
Ampliando lo sguardo al resto del paese la situazione non migliora, anzi. Sempre secondo l’associazione, sono oltre 2.500 gli istituti scolastici ancora contaminati, pari a circa il 5% del totale delle scuole. Ciò significa che ogni giorno sarebbero potenzialmente esposti circa 352.000 studenti e 50.000 tra docenti e operatori scolastici. I rischi per la salute sono concreti e già documentati. L’8° Rapporto ReNaM (Registro nazionale mesoteliomi) ha censito 158 casi di mesotelioma – tumore tipicamente legato all’amianto – tra il personale della scuola fino al 2021, a cui si aggiungono oltre cento nuove diagnosi tra il 2015 e il 2025.
In totale, il mesotelioma ha colpito più di 250 tra insegnanti e dipendenti scolastici negli ultimi decenni. Purtroppo si tratta solo della punta dell’iceberg: ogni anno in Italia l’amianto causa ancora circa 7.000 decessi per mesoteliomi, asbestosi e altri carcinomi, un numero di vittime annuo tra i più alti d’Europa.
Una bomba sanitaria a scuola
Gli edifici scolastici italiani, spesso costruiti prima del bando del 1992, nascondono ancora questa “bomba sanitaria” silenziosa. La contaminazione riguarda non solo le coperture in eternit, ma anche materiali interni come pavimenti in vinil-amianto, pannelli isolanti, tubature e persino rivestimenti di vecchi impianti elettrici. Cosa succede se arriva una ditta per la manutenzione ordinaria e fora un pavimento contenente amianto? Spesso neanche si è consapevoli di vivere in una situazione di pericolo perché il monitoraggio è parziale e deficitario.
Città come Genova (154 scuole con amianto), Milano (89) e Torino (66) registrano il record negativo di istituti scolastici ancora contaminati. Il problema si estende anche oltre le scuole: l’ONA segnala 250 ospedali e oltre mille biblioteche pubbliche con presenza di amianto, senza contare i 40 milioni di tonnellate di materiali contenenti amianto ancora disseminati in circa un milione di siti su tutto il territorio nazionale. Dopo trent’anni di divieti, l’amianto resta dunque un’emergenza irrisolta in molti luoghi pubblici, scuole in primis.
385 milioni promessi, a che punto siamo?
Nel 2020 l’allora ministro dell’ambiente Sergio Costa annunciò un Piano nazionale dedicato: 385 milioni di euro destinati alla bonifica dell’amianto negli edifici pubblici, con priorità a scuole e ospedali. Il finanziamento, previsto nell’ambito del Fondo sviluppo e coesione, doveva finalmente permettere la rimozione e lo smaltimento dell’amianto da migliaia di strutture.
I fondi furono ripartiti tra le regioni: la Sicilia ottenne 107 milioni di euro, la Puglia 74, la Calabria 43. C’è poco tempo per esaurire i fondi: tutti gli interventi avrebbero dovuto essere realizzati entro il prossimo 31 dicembre. Eppure, nonostante le promesse, l’avanzamento concreto appare deludente. Già nel 2019 erano stati messi a disposizione 870.000 euro per finanziare la progettazione preliminare di 140 interventi di rimozione dell’amianto in oltre cento comuni. Ma i risultati si sono fatti attendere.
Molte regioni hanno proceduto a rilento: nel Lazio, ad esempio, solo nel 2022 è stato annunciato un piano di rimozione per 111 scuole superiori del territorio romano. In tutta Italia, a metà 2023 gran parte dei 385 milioni risultava ancora da spendere. La scadenza del 2025 incombe, ma il traguardo rischia di non essere raggiunto.
Il PNRR e l’amianto: un’occasione mancata
Mentre miliardi di euro erano messi a disposizione per l’edilizia scolastica, il PNRR non ha previsto fondi specifici dedicati alla rimozione dell’amianto. L’unico cenno riguarda la rimozione di tetti in eternit in ambito agricolo, collegata al “Parco Agrisolare”. Oppure i cosiddetti “siti orfani”, cioè i siti da bonificare per i quali non ci sia una precisa attribuzione di responsabilità: la misura M2C4 dell’investimento 3.4 ha stanziato 500 milioni e nei siti elencati da apposito decreto ministeriale ci sono anche quelli contaminati da amianto. Ma in nessun caso si parla di scuole. Quindi sono rimaste fuori.
In alcune città, però, i lavori PNRR di riqualificazione hanno incluso anche la bonifica: è il caso di Roma, dove dal 2022 sono stati avviati cantieri in 111 scuole superiori per rimuovere coperture e materiali in amianto, con un investimento di circa 4 milioni di euro. Ma queste iniziative locali non bastano a colmare il vuoto di una strategia nazionale. Ogni giorno di esposizione ad amianto nelle aule scolastiche significa aumentare la probabilità che tra qualche decennio un ex studente o insegnante sviluppi malattie gravissime. Gli effetti sono subdoli: le fibre inalate oggi possono causare tumori anche dopo 20 o 40 anni. “La bonifica totale delle scuole deve diventare una priorità nazionale”, incalza l’avvocato Bonanni dell’ONA. L’Italia non può più permettersi di aspettare.
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In copertina: foto di Feliphe Schiarolli, Unsplash