In primo grado c’era stata un’assoluzione. Bruciava, perché non sembravano proprio esserci dubbi su come sarebbe dovuta andare. La delusione era tangibile a tutti. Però, proprio in questi giorni, la Corte d’Appello di Trieste ha ribaltato la sentenza: colpevole.
L’imputato aveva tutti i mezzi per difendersi, e li ha usati senza timore. Ma questa volta non è stato sufficiente. Non un imputato qualsiasi, ma il Ministero dell’istruzione e del merito. È la prima volta che succede, è la prima volta che la più alta amministrazione scolastica viene condannata a risarcire la famiglia di un impiegato scolastico, un membro del personale tecnico, non un insegnante, morto a causa del mesotelioma. Sarebbe facile pescare nel mito di Davide e Golia. La verità è che qui i Davide sono tanti, e stanno facendo fronte comune.
Quello che si è svolto nelle aule dei tribunali di Trieste è stato un braccio di ferro tra cittadini e istituzioni, un braccio di ferro che mai dovrebbe esserci ma che purtroppo – lo dicono i numeri – sarà sempre più frequente in futuro.
Andiamo con ordine. B.R. – le iniziali sono per tutelare la privacy della sua famiglia – ha lavorato per 15 anni come tecnico di laboratorio nell’Istituto Alessandro Volta di Trieste: ha frequentato ogni giorno l’officina meccanica dell’istituto, occupandosi di aggiustaggio, gestione di macchine utensili e manipolazione di materiali che contenevano amianto. L’attività includeva anche la rimozione e lo smaltimento di rifiuti pericolosi, spesso senza adeguate protezioni.
L’amianto in Italia è stato lecitamente usato fino al 1992, quando è stata promulgata la legge 257 che lo ha messo al bando. Però, una volta invischiato nel cemento, diventato armatura degli edifici, dei pluviali, dei pavimenti in linoleum delle palestre, nessuno ha pensato più a rimuoverlo. E lui, eterno come il nome della sua fabbrica più famosa, la Eternit, è rimasto là, come una cellula dormiente che si attiva quando viene toccato, quando esce allo scoperto, viene manipolato e quindi respirato. A quel punto colpisce, e uccide.
La diagnosi per B.R. arrivò nel 2014: mesotelioma pleurico. Tra tutti i tipi di tumore, l’unico che porta la firma inequivocabile del killer, l’amianto. È l’unico tipo di tumore certamente causato dalle fibre di asbesto che sono fino a 12.000 volte più sottili di un capello. Per il tecnico non c’è stata speranza: nel giro di due anni, tra mille sofferenze, è deceduto a 77 anni.
Il mesotelioma ha una latenza molto lunga, anche 30 o 35 anni. Si è andati a ritroso nella vita dell’uomo e si è intuito quale fosse stato il luogo della contaminazione, la scuola. Dopo due gradi di giudizio si arriva alla sentenza, e il MIM dovrà risarcire la famiglia con 600.000 euro. Ma non è un caso isolato: altri lavoratori dello stesso istituto si sono ammalati e persino un ex studente è stato colpito da una patologia asbesto-correlata.
Secondo una stima dell’Osservatorio nazionale amianto (ONA), consolidata poi da dati CENSIS, circa 2.400 scuole in Italia hanno amianto. È quasi una certezza negli edifici costruiti negli anni Sessanta oppure, come in questo caso, nei laboratori tecnici. Fino a oggi si annoveravano vittime tra gli insegnanti, ma è la prima volta che accade per un tecnico.
Ezio Bonanni, presidente dell’ONA, è l’avvocato che ha ottenuto la vittoria in appello, insieme con l’avvocato Corrado Calacio del Foro di Trieste, ed è un’autorità in materia. Segue da sempre quasi esclusivamente casi che riguardano l’amianto, anche nel penale.
“Finalmente giustizia”, ci dice. “Dopo il primo rigetto, abbiamo insistito per dare voce e dignità a questa famiglia. È una vittoria legale e morale per tutti coloro che hanno subìto gravi conseguenze in silenzio. Una sentenza che dimostra che il rischio amianto nelle scuole è una realtà che riguarda tutti, e che non può più essere ignorata.”
Avvocato, le scuole sono un pericolo ancora oggi?
Purtroppo sì. Le bonifiche vanno a rilento. Noi come ONA procediamo con esposti in procura quando veniamo a conoscenza di scuole con amianto, ma purtroppo i dati sono poco diffusi e poco certi. Circa il 9% delle scuole italiane contiene all’interno fibre di amianto dannose per la salute e il 4,3% degli istituti ospita ancora materiale di amianto, mettendo dunque a rischio la salute di più di 350.000 studenti e circa 50.000 lavoratori tra corpo docenti e amministrativi scolastici.
Inoltre, se non abbiamo la mappa della contaminazione, c’è il rischio che anche chi si occupa della manutenzione possa bucare un muro non sapendo che c’è amianto, e quindi potrebbe respirarlo.
Esattamente. Ecco perché è fondamentale procedere alla mappatura delle scuole. Lo stiamo dicendo da anni ma non avviene.
Il Ministero dell’istruzione e del merito, di contro, è stato condannato.
In primo grado era stato assolto, ma la Corte di Appello ha riformato quella sentenza riconoscendo di fatto la relazione tra le mansioni svolte dalla vittima e l’insorgere della malattia. È dura fare causa contro il Ministero, si avverte tutta la sua forza nella difesa e i hanno provato con il più classico degli scaricabarile, dicendo prima che era colpa della provincia, poi del comune. Ma alla fine abbiamo vinto.
Le istituzioni dovrebbero proteggere i lavoratori…
Eppure c’è stato bisogno di espugnare il fortino per ottenere il riconoscimento del diritto a essere risarciti. Non ci fermiamo qui.
L’ultimo rapporto pubblicato del Registro nazionale mesoteliomi, del 2024, contiene dati fino al 2021 e conta 158 ammalati di mesotelioma nel settore dell’istruzione. Toscana, Piemonte ed Emilia-Romagna sono le regioni più colpite.
Sì, sono comunque dati che andrebbero aggiornati. È una cifra che alimenta un allarme sanitario spesso sottovalutato. Come Osservatorio amianto abbiamo seguito il caso di un’insegnante in Emilia-Romagna che ora dovremo far riaprire perché purtroppo la persona malata nel frattempo è deceduta, poi abbiamo un ricorso appena depositato in Lombardia relativo a una maestra che si è ammalata usando il DAS. Questo materiale, molto diffuso per i lavoretti dei piccini, fino a un certo punto era costituito da polvere impastata con crisotilo, la fibra di amianto. Immaginiamo che, considerati i tempi di latenza, ci saranno molti casi nel futuro. In particolare, poi, gli assistenti tecnici erano tra i più esposti perché in laboratorio usavano il microscopio, attrezzi tecnici che avevano la fibra di amianto. Purtroppo l’onda lunga arriva ora. Alla nostra associazione stanno arrivando segnalazioni di molti nuovi casi.
Cosa bisognerebbe fare?
Le bonifiche. L’unica prevenzione è evitare l’esposizione. L’amianto non dà tregua. E poi bisogna incrementare l’informazione tra i cittadini e tra le stesse istituzioni.
In copertina: foto di Kyo Azuma, Unsplash