Il 19 maggio 2025 ha segnato un nuovo capitolo nei rapporti tra Regno Unito e Unione Europea. A Londra è stato siglato un accordo per un futuro partenariato strategico su ambiti chiave della cooperazione post Brexit. Tra i punti più significativi spicca l’intesa sul collegamento tra il sistema britannico e quello europeo di scambio delle quote di emissione (ETS), un passo che riavvicina le politiche climatiche del Regno Unito agli standard dell’UE.

Il premier laburista Keir Starmer – a Downing Street dopo quattordici anni di governi conservatori – ha parlato senza mezzi termini di “reset” nei rapporti con Bruxelles. “È tempo di guardare avanti, di mettersi alle spalle vecchi dibattiti e scontri politici" per affrontare con "soluzioni pratiche" i contraccolpi più negativi della Brexit.

Ma il 19 maggio non ha visto solo il riavvicinamento tra Londra e Bruxelles. Nello stesso giorno − e con altrettanto pragmatismo, viene da dire − la Russia ha avviato una consultazione formale presso il WTO contro il meccanismo europeo per l’adeguamento del carbonio alle frontiere, il Carbon Border Adjustment Mechanism (CBAM). L’accusa rivolta allo strumento europeo è quella di penalizzare in modo discriminatorio le esportazioni russe ad alta intensità di emissioni, come acciaio e alluminio.

Carbonio, il ritorno della cooperazione ETS

Dopo anni di divisione, Regno Unito e Unione Europea hanno deciso di collegare i rispettivi sistemi ETS (Emission Trading System), separati nel 2021 a seguito della Brexit. L’iniziativa mira a costruire una piattaforma comune per lo scambio delle quote di CO₂, con l’obiettivo di migliorare l’efficienza del sistema e ridurre il rischio di “fughe di carbonio” (carbon leakage), ossia lo spostamento delle imprese ad alta intensità di emissioni verso paesi con regolamentazioni meno severe.

Il legame tra i due mercati non è soltanto tecnico, ma politico. È la prima volta che l’UE accetta di connettere il proprio ETS con un sistema di un paese terzo dopo la fine della Brexit. Le imprese britanniche, secondo quanto emerso, potranno acquistare e vendere crediti di carbonio anche sul mercato europeo, e viceversa, a patto di mantenere uno standard minimo di allineamento normativo.

Una simile convergenza rappresenta un'ancora di salvezza per molti settori industriali britannici, in particolare quelli ad alta intensità energetica, preoccupati di dover affrontare il CBAM, il meccanismo europeo di adeguamento del carbonio alle frontiere, che entrerà in vigore nel 2026. Il CBAM impone dazi su prodotti ad alta impronta climatica – come acciaio, cemento e fertilizzanti – importati da paesi che non applicano un sistema ETS comparabile a quello europeo. Va ricordato inoltre che anche il Regno Unito ha annunciato l'intenzione di introdurre il proprio CBAM nel 2027.

L’integrazione tra i mercati ETS permetterà così di esentare le imprese britanniche − e viceversa − da queste tariffe, riducendo significativamente i costi per l’industria, limitando le distorsioni commerciali e con garanzie in più contro il dumping ambientale.

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Il caso CBAM al WTO: la mossa della Russia

Lo stesso giorno in cui Londra e Bruxelles facevano prove di riavvicinamento, a Ginevra si apriva un nuovo fronte della diplomazia commerciale. La Russia ha infatti formalmente contestato il CBAM davanti all’Organizzazione mondiale del commercio (WTO), accusando l’Unione Europea di violare le regole del commercio internazionale. Mosca sostiene che il meccanismo europeo penalizza ingiustamente le esportazioni di prodotti ad alta intensità di carbonio – in particolare acciaio e alluminio – e rappresenti una forma di protezionismo mascherato da politica climatica.

Come ricordato da S&P Global, si tratta della “prima importante sfida legale alla politica climatica dell'UE presso il WTO e arriva pochi mesi dopo che la Cina e i suoi alleati BRICS hanno espresso forti opinioni su questi sviluppi. Si tratta di un'escalation di sfide al multilateralismo climatico globale, che si aggiunge alle tensioni commerciali”.

La Commissione Europea, stando a quanto riportato da Ends Europe, respinge le accuse e difende la misura come essenziale per il raggiungimento degli obiettivi climatici del Green Deal. Tuttavia, l’apertura di un contenzioso al WTO potrebbe alimentare ulteriori tensioni tra l’UE e le economie emergenti, molte delle quali vedono nel CBAM un ostacolo all’accesso equo al mercato europeo.

Le altre misure dell’accordo UE-Regno Unito

Accanto al pilastro climatico, l’accordo siglato a Londra tra Regno Unito e Unione Europea comprende una serie di intese che rafforzano la cooperazione su più fronti. In materia di difesa, Londra potrà partecipare a missioni militari europee e accedere, previo accordo separato e contributo finanziario, al fondo SAFE (Security Action for Europe) per il riarmo. Sul piano commerciale, è stato trovato un compromesso per alleggerire i controlli doganali su prodotti alimentari e vegetali, grazie a un parziale allineamento del Regno Unito agli standard sanitari dell’UE.

L’intesa proroga, inoltre, di dodici anni l’attuale regime sulla pesca, garantendo stabilità senza modificare le quote esistenti. Per i giovani, si punta a un programma limitato di mobilità per studio, lavoro e volontariato, con la possibilità di un ritorno al programma Erasmus+, pur senza riaprire alla libera circolazione. Infine, l’introduzione di un pass per animali domestici e l’estensione dell’uso degli e-gates faciliteranno ulteriormente gli spostamenti transfrontalieri.

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In copertina: Ursula von der Leyen, Keir Starmer e Antonio Costa fotografati il 19 maggio da Aurore Martignoni © European Union, 2025