Vendere un credito di carbonio al prezzo di due. Se non si trattasse di un sussidio governativo, in Canada si starebbe parlando di truffa climatica. Secondo quanto rivelato dal report di Greenpeace Canada Selling Hot Air pubblicato il 6 maggio, tra il 2015 e 2021 Shell ha venduto alle aziende di sabbie bituminose canadesi circa 5,7 milioni di crediti di carbonio fantasma, registrando il doppio delle tonnellate di anidride carbonica effettivamente catturate. Tutto legale. Anche perché si tratta di una forma di sussidio concesso nel 2008 dal governo provinciale dell’Alberta, quando per Quest ‒ l’impianto di cattura e stoccaggio di anidride carbonica (CCS) di Shell ‒ raggiungere una sostenibilità economica era un miraggio.

I sussidi statali per i profitti di Shell

Quest fa parte della raffineria di Scotford, poco distante da Edmonton, Capitale dell’Alberta. Qui la CO₂ viene rimossa durante il processo di produzione dell'idrogeno gassoso, utilizzato per trasformare il bitume estratto dalle sabbie bituminose in petrolio greggio sintetico. Secondo il rapporto annuale di Quest, nel 2022 il costo totale per ogni tonnellata evitata era pari 167,90 dollari canadesi, cifra che, senza sussidi, non rendeva di certo profittevole la vendita di crediti, il cui prezzo si aggirava attorno ai 50 dollari.

I documenti ottenuti tramite il Freedom of Information Act (FOIA) da Greenpeace Canada mostrano come la multinazionale petrolifera britannica abbia esercitato forti pressioni per ottenere gli aiuti statali necessari a rendere economicamente sostenibile il business. Tra il 2011 e il 2022 la somma dei costi di capitale e operativi sono stati coperti da un sussidio diretto di 777 milioni di dollari canadesi e, se si aggiungono i crediti fantasma dal valore di oltre 200 milioni, i contribuenti canadesi sono così arrivati a pagare il 93% del progetto. Alla fine del programma di sussidi, Quest ha registrato un profitto di 126 milioni in 7 anni.

“Vendere crediti sulle emissioni per riduzioni mai avvenute è il peggior tipo di aria fritta”, ha commentato l’autore del report Keith Stewart, esperto energetico di Greenpeace Canada. “Le false promesse e le emissioni fantasma che circondano questo progetto sono un potente esempio del motivo per cui il Canada ha bisogno di un limite legislativo sulle emissioni di gas serra provenienti dal settore del petrolio e del gas.”

Shell ha dichiarato al Financial Times che la cattura del carbonio ha svolto un “ruolo importante nel contribuire alla decarbonizzazione di industrie e settori in cui le emissioni non possono essere evitate [le cosiddette industrie hard to abate, ndr] e questo ha richiesto la creazione immediata di incentivi.” Il ministero dell’ambiente dell’Alberta ha specificato che il programma di sostegno al credito non ha avuto alcun risultato in “emissioni aggiuntive” da parte degli inquinatori industriali.

Nonostante gli impianti di CCS la produzione di petrolio aumenta

Secondo Greenpeace Canada, il governo provinciale dell’Alberta e le aziende coinvolte nello sfruttamento delle sabbie bituminose promuovono da tempo la cattura e stoccaggio di CO₂ (CCS) come la soluzione climatica che consentirà al Canada di raggiungere i propri obiettivi climatici. Tuttavia la realtà non ha mai incontrato le aspettative. Nonostante il piano climatico dell’Alberta lanciato nel 2008 prevedesse la cattura di 30 milioni di tonnellate di anidride carbonica all’anno entro il 2020, l’impianto Quest evita solamente meno di un milione di tonnellate di emissioni all’anno.  

Dal 2005, invece, la produzione di petrolio dalle sabbie bituminose ha registrato un vero e proprio boom: da 1 a 3,3 milioni di barili al giorno. “Da quando Shell ha inaugurato il suo impianto di CCS le emissioni di gas serra sono aumentate di 50 milioni di tonnellate”, si legge nel report di Greenpeace. Per mitigare i loro impatti, i produttori di sabbie bituminose promettono di catturare tra le 10 e le 12 milioni di tonnellate di CO₂ all’anno entro il 2030. Mantenere questa promessa costerà all’industria e al governo 16,5 miliardi di dollari.

Nonostante il Primo Ministro Trudeau abbia indicato la “lotta al cambiamento climatico” tra le priorità del suo terzo mandato, con buone probabilità il Canada non centrerà gli obiettivi climatici fissati per il 2030. Ridurre le emissioni di gas serra del 40-45% rispetto ai livelli del 2005, secondo il commissario canadese per l'ambiente Jerry De Marco, è già altamente improbabile. “Il Canada è l’unico Paese del G7 che non ha ottenuto alcuna riduzione delle emissioni dal 1990”, aveva dichiarato alla stampa dopo una revisione degli obiettivi a novembre 2023.

Mentre Shell sta pensando di realizzare un altro impianto CCS proprio nel complesso di Scotford, Jonathan Wilkinson, ministro canadese dell’energia e delle risorse naturali, ha dichiarato al Financial Times che lo schema di sussidi concesso a Shell “non è stato probabilmente appropriato, l’industria deve necessariamente ridurre le emissioni”.

 

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Immagine: Marc Rentschler, Unsplash