La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen sta per lanciare una riforma radicale del bilancio dell'Unione Europea. L'obiettivo è quello di rivoluzionare la gestione dei fondi europei attraverso una drastica semplificazione, imitando lo schema del PNRR. Ogni governo nazionale avrebbe una sua dotazione propria e le erogazioni dipenderebbero dal raggiungimento di obiettivi, target e traguardi. Ma è un'idea che sta già provocando forti resistenze politiche e istituzionali.
Il cuore della riforma è la creazione di un unico "contenitore nazionale" per ogni stato membro, che sostituirebbe l'attuale sistema frammentato in oltre 530 programmi di finanziamento. Questo nuovo meccanismo seguirebbe il modello del Recovery Fund: ogni paese presenterebbe un piano nazionale unico e riceverebbe i fondi solo dopo aver raggiunto specifici obiettivi e riforme concordate con Bruxelles.
La proposta, che verrà presentata ufficialmente il 16 luglio, prevede un Fondo europeo per la competitività (European Competitiveness Fund, ECF) che accorperebbe fino a 14 diversi programmi di finanziamento esistenti. Tra questi ci sono il Fondo per l’innovazione, il Programma Europa digitale, il Fondo europeo per la difesa, il Programma EU4Health e il Programma spaziale europeo. Inoltre, c’è la componente da 2 miliardi di euro del Meccanismo per collegare l’Europa dedicata ai progetti, l’Atto a sostegno alla produzione di munizioni (ASAP), la Legge europea per il rafforzamento dell’industria della difesa attraverso gli appalti comuni (EDIRPA), il Programma europeo per l’industria della difesa (EDIP), il programma satellitare IRIS² e InvestEU.
Secondo la bozza di regolamento, l'ECF potrà utilizzare tutti gli strumenti finanziari disponibili: prestiti, sovvenzioni, garanzie e combinazioni di questi, con l'obiettivo di mobilitare significativi investimenti privati attraverso un effetto leva.
Il piano di von der Leyen prevede anche l'introduzione di un "regolamento unico" per semplificare l'accesso ai fondi UE e orientare sia i finanziamenti nazionali che quelli europei verso progetti approvati dall'ECF. I progetti che otterranno un "sigillo di competitività" potranno accedere anche ai fondi nazionali o ad altre risorse del bilancio UE da 1.200 miliardi di euro. Inoltre, il fondo includerà una "preferenza UE" per rafforzare la sovranità in settori strategici, compresi l'intero settore digitale, le tecnologie pulite, la difesa, la sicurezza, lo spazio e le biotecnologie.
Rimangono tuttavia esclusi dallo sforzo di consolidamento, o vengono assorbiti solo in parte, i programmi UE più importanti. Horizon Europe (93 miliardi di euro), gran parte del Fondo per l'innovazione (40 miliardi) e la maggior parte del Meccanismo per collegare l'Europa (20 miliardi) che riguarda progetti nei settori dei trasporti e dell'energia dovrebbero rimanere al di fuori dell'ECF.
Ma il piano di von der Leyen sta incontrando una forte opposizione. Il commissario italiano Raffaele Fitto, responsabile per la coesione, sta guidando la resistenza interna alla Commissione per difendere il ruolo delle regioni. E anche i socialisti si oppongono fermamente all'approccio "un piano nazionale per stato membro". "La Commissione commetterebbe un grave errore imboccando la strada della centralizzazione", ha dichiarato Nicola Zingaretti del PD, sottolineando come "escludere regioni e comuni significa allontanare i territori dalle decisioni".
Le tensioni non sono solo istituzionali ma anche politiche. I Socialisti, già in rotta con il Partito popolare europeo per il suo recente allineamento con la destra estrema su alcune votazioni chiave, minacciano di far saltare la maggioranza che sostiene von der Leyen. Una minaccia che potrebbe concretizzarsi se il governo spagnolo di Pedro Sánchez dovesse cadere.
In copertina: Ursula von der Leyen fotografata da Dati Bendo © European Union, 2025