Lunedì 16 giugno è stata una giornata importante per la sfida globale di riduzione delle emissioni di metano, un gas serra in grado di intrappolare 80 volte più calore della CO₂ in vent’anni.
Mentre a Bonn − dove sono in corso i negoziati intermedi sul clima in preparazione della COP30 di Belem, in Brasile − è stata lanciata la campagna globale Pull the Methane Emergency Brake per chiedere tagli radicali e rapidi alle emissioni di metano, a Bruxelles la presidenza polacca del Consiglio europeo ha proposto di inserire anche il regolamento sul metano (Methane Regulation) tra le norme da semplificare nel pacchetto Omnibus, con il rischio concreto di indebolirne l’efficacia.
Sebbene non si tratti di una vera chiamata alla riapertura del regolamento, entrato in vigore lo scorso anno, nelle conclusioni del meeting per la sicurezza energetica, supportate da 25 delegazioni, c’è un invito a considerare delle semplificazioni.
“Il corpus del diritto dell'Unione Europea potrebbe avere bisogno di semplificazioni per ridurre l'onere amministrativo per gli stati membri, l'industria e i cittadini e garantire condizioni di parità per tutti gli operatori. Ad esempio nel contesto della normativa sul metano”, si legge nel documento.
Cosa prevede il regolamento sul metano
Il regolamento sul metano punta a ridurre le fughe di metano rilasciate per vari motivi dalle infrastrutture energetiche fossili (petrolio, gas e carbone) che operano in EU e non solo. Inoltre prevede l’implementazione di vari requisiti di monitoraggio e metodologie delle emissioni, per garantire accuratezza, trasparenza e comparabilità nel calcolo sugli impatti emissivi dell’industria fossile.
Oggi l’Europa importa gas e petrolio proveniente da paesi che sono responsabili del 30% delle emissioni globali di metano da oil & gas. Non è un caso che le nuove regole prevedono obblighi di trasparenza sulle emissioni di CH₄ da importazione, con gli stati membri che dovranno raccogliere informazioni su come i paesi o le aziende esportatrici misurano, comunicano e riducono le emissioni di metano.
"Il regolamento UE sul Metano è uno dei risultati climatici più significativi dell'ultima legislatura e sta già generando un cambiamento positivo in Europa e nel mondo", ha dichiarato Alessia Virone, direttrice european affairs del think tank Clean Air Task Force. "Riconsiderarlo così presto dopo l'adozione, in nome della semplificazione, potrebbe inviare un segnale sbagliato sulla credibilità europea come leader climatica globale e sulla stabilità del suo quadro normativo."
Chi sta provando a modificare il regolamento
L’idea di semplificare il regolamento non è nuova. Ci aveva già pensato la Commissione europea a fine aprile quando la crescita delle importazioni del gas liquefatto statunitense aveva indotto Bruxelles a valutare maggiore flessibilità nell'applicazione delle norme, soprattutto per agevolare il GNL USA.
Non è nemmeno sorprendente che sia stata la presidenza polacca a provare a estendere l’ondata di deregulation ambientale anche al dossier metano. Il motto “Security, Europe” proclamato dal primo giorno, e la forte opposizione di Varsavia al regolamento tradiscono la volontà politica di privilegiare la sicurezza energetica alle norme ambientali e l’intenzione di allentare gli obblighi di monitoraggio del settore minerario polacco.
In Europa, l’estrazione del carbone è la principale causa di emissioni di metano nel settore energetico. Secondo i dati del think tank Ember, nel 2021 la Polonia era la maggior responsabile di queste fuoriuscite, sia da miniere di carbone abbandonate che attive.
"Esiste un percorso chiaro per un'attuazione efficace senza dover riaprire la legge", ha aggiunto Virone in una nota. "La maggior parte delle preoccupazioni, pur essendo comprensibili, può essere affrontata con linee guida, strumenti digitali e supporto alle autorità nazionali. Ciò che serve ora è un seguito, non una riscrittura."
Secondo le valutazioni di Clean Air Task Force, i timori del settore energetico europeo sono quantomeno esagerati. In una lettera inviata ai ministri dell’energia, CATF afferma che il rispetto del regolamento comporta un costo marginale basso agli operatori e lo status dell'UE come mercato energetico premium non allontanerebbe i paesi esportatori, e quindi non metterebbe a repentaglio la sicurezza energetica di nessun paese.
Le tecnologie di cattura e abbattimento del metano sono già in campo. Secondo l’Agenzia internazionale dell’energia (IEA) potrebbe essere eliminato oltre il 75% delle emissioni da gas e petrolio: il metano catturato può essere venduto come energia, mentre le soluzioni di abbattimento sono disponibili a costi netti bassi.
Anche l’Italia, nel suo Piano nazionale integrato energia e clima (PNIEC) ha sottolineato il proprio impegno a ridurre le emissioni di metano lungo la filiera del gas e del petrolio e a partecipare a iniziative volte a incoraggiare i paesi esportatori a adottare standard di sicurezza e ambientali più elevati.
In questo senso una semplificazione delle procedure di monitoraggio e verifica delle infrastrutture energetiche rappresenterebbe un passo indietro nella corsa alla neutralità climatica italiana.
L’iniziativa per “frenare” le emissioni di metano
Le emissioni e le concentrazioni atmosferiche di metano continuano ad aumentare rapidamente nonostante, 159 paesi abbiano sottoscritto il Global Methane Pledge nel 2021, con l’impegno di tagliare le emissioni di metano globali del 30% entro la fine del decennio.
Per questo motivo scienziati, esperti e attivisti della società civile hanno lanciato ai negoziati climatici intermedi di Bonn (Germania) l’iniziativa Pull the Methane Emergency Brake (tirare il freno di emergenza del metano) organizzata dalle ONG Leave it in the Ground Initiative (LINGO) e Methane Action e dall’Institute for Governance & Sustainable Development (IGSD).
La campagna chiede ai governi di imporre tagli alle emissioni tali da raggiungere una riduzione del 45% delle emissioni antropiche di CH₄ entro la fine di questo decennio, in linea con l'Accordo di Parigi. I firmatari chiedono inoltre di eliminare le perdite di metano legate ai combustibili fossili di almeno il 75% entro il 2030, in coerenza con lo scenario "Net Zero by 2050" dell’Agenzia internazionale dell’energia.
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