Da Milano - Dopo un decennio di lenta ma costante espansione in termini di fatturati e volumi, cinque filiere del riciclo (plastica, carta, vetro, organico e RAEE) registrano un calo delle marginalità media, nonostante i ricavi da 7 miliardi di euro nel 2023. È la fotografia scattata dall’Osservatorio sull’industria del riciclo e dei rifiuti di AGICI nel report I driver economici dell’industria del riciclo e dei rifiuti, presentato il 2 luglio a Milano.

Per esplorare le dinamiche di marginalità e i meccanismi di creazione di valore, l’Osservatorio di AGICI ha sviluppato un modello che ricostruisce il flusso lineare delle cinque filiere in un campione di 50 imprese, coinvolgendo nove tipologie di operatori attivi lungo le varie fasi di lavorazione.

Il paradosso dell’industria del riciclo

Il report evidenzia risultati estremamente eterogenei, con l’operatore della raccolta che raccoglie solo il 2% di marginalità e il termovalorizzatore che registra la performance migliore, raggiungendo il 19%. Gli impianti di selezione di plastica e carta superano la soglia del 10%, mentre la maggioranza dei riciclatori, fatta eccezione per le cartiere (12%), si posiziona al di sotto.

“L’industria del riciclo oggi si scontra con un paradosso della crescita, che vede i ricavi aumentare ma le marginalità diminuire. In questo contesto, a farne le spese sono gli impianti di riciclo vero e proprio, la parte terminale della filiera, per cui il modello di business è sempre meno sostenibile”, spiega Eugenio Sini, coordinatore dell’Osservatorio riciclo e rifiuti, nel presentare l’analisi.

Secondo Sini l’estrema frammentazione in nicchie ristrette di mercato non giova a nessun operatore, anzi, mette a repentaglio la tenuta del comparto. Pertanto è essenziale favorire un approccio di cooperazione per far crescere il mercato e identificare nuove vie per valorizzare i materiali riciclati a valle dei processi.

Come rendere la filiera sostenibile economicamente

Tra le soluzioni proposte dall’Osservatorio rifiuti di AGICI per superare le incertezze del mercato è necessario proseguire con le riforme del settore, ridurre il numero degli attori, accentrando le competenze per alcune filiere come quella dei RAEE, del tessile e delle batterie, e riorganizzare la governance in modo da attrarre maggiori investimenti.

Infine la politica industriale dovrebbe incentivare di più il mercato delle materie prime seconde, ancora poco competitivo. In questo senso, le aziende dovranno riequilibrare il proprio modello di ricavi, spostando l’attenzione dalla sola gestione dei materiali alla valorizzazione e commercializzazione degli output, innalzando la qualità dei processi di riciclo e, dove necessario, ridimensionando le strutture per conseguire economie di scala e facilitare l’accesso al capitale.

“I risultati presentati oggi restituiscono l’istantanea di un comparto che incontra diverse difficoltà nel sostenersi”, ha dichiarato Marco Carta, amministratore delegato di AGICI. “È giunto il momento di perseguire una policy di ridisegno del settore che porti a uno sviluppo integrato e condiviso, finalizzato alla crescita dell’intero mercato.”

A livello comunitario risulta imprescindibile definire in modo univoco le caratteristiche delle materie prime seconde (MPS) e assicurarne la protezione dalle importazioni non conformi per favorire la competitività delle MPS rispetto alle materie vergini e rafforzare la sostenibilità economica e ambientale dell’intera industria del riciclo.

“Bisogna intervenire per far crescere la domanda per la materia riciclata”, ha detto Simona Fontana, direttrice del consorzio nazionale imballaggi CONAI. “Il mercato dei materiali secondari non è ancora competitivo, il nostro ruolo è quello di tutelare gli operatori per consentire di raggiungere gli obiettivi ambientali senza aspettare l’economicità del sistema.”

Nonostante i numeri negativi di un mercato complesso, sotto il profilo ambientale l’industria del riciclo italiana gira sicuramente meglio. Nel 2024 l’Italia ha riciclato il 76,7% degli imballaggi immessi sul mercato − tra le performance migliori d’Europa − mentre il 22,9% di oltre 13 milioni di tonnellate di rifiuti urbani finisce ancora in discarica.

Il termovalorizzatore assicura margini

Nonostante gli ostacoli progettuali e i costi iniziali, il recupero energetico dei rifiuti (termovalorizzatore) al momento è la soluzione che offre più marginalità. Diversi operatori presenti alla spiegazione dei risultati dell’Osservatorio non hanno nascosto il desiderio di poter contare su un termovalorizzatore nei propri impianti, capace di trasformare la materia non riciclabile da costo a risorsa.

Per Mauro Corradi, AD dell’utility Acinque Ambiente che opera nel comasco, la sfida è rinnovare tecnologicamente il vecchio inceneritore in modo da recuperare il calore utile ad altri impianti. Per Alessandro Canovai, invece, direttore della multiutility toscana Alia, i termovalorizzatori sono una “macchina da soldi” nel comparto rifiuti, ma nelle aree dove opera Alia sono stati dismessi. Convince di più la frontiera del riciclo chimico, una tecnologia ancora acerba ma su cui stanno scommettendo in tanti.

Ma oltre agli ostacoli politici e di consenso popolare emersi durante l’approvazione del progetto di Roma, un termovalorizzatore deve trattare una certa quantità di materia per coprire l’investimento in pochi anni. Come ha spiegato l’AD di Iren Ambiente, Eugenio Bertolini, “impianti del genere devono funzionare costantemente per essere economicamente sostenibile, sono necessarie attente valutazioni”.

 

In copertina: foto AGICI