Da circa un mese una navetta elettrica a guida autonoma gira intorno al Campus Einaudi di Torino: si ferma diligentemente allo stop, si assicura che non ci siano passanti e poi riparte. Il prototipo sviluppato dal Living Lab ToMove, laboratorio del comune di Torino focalizzato sull’innovazione nella mobilità urbana smart e sostenibile, offre un servizio a chiamata di 5 fermate, nei giorni feriali dalle 11 alle 16.30.
Si tratta della prima sperimentazione che consente alle persone di salire su un mezzo pubblico senza conducente in Italia. Un segnale positivo per la competitività tecnologica nazionale ed europea, che da un lato può ridurre la congestione del traffico stradale, gli incidenti e rendere più accessibile il trasporto pubblico, dall’altro solleva interrogativi sugli impatti occupazionali, ancora poco studiati.
La fase di sperimentazione europea
Mentre a San Francisco girano per le strade 800 “robot taxi” e in Cina centinaia di furgoni a guida autonoma consegnano prodotti a domicilio, l’Europa sta ancora cercando di decifrare i vantaggi della tecnologia e come eventualmente integrarla in sistemi di trasporto con peculiarità e codici stradali diversi.
Al momento le tempistiche sono dettate soprattutto dalle iniziative comunali. A luglio, per esempio, oltre sessanta sindaci italiani hanno aderito all’iniziativa per la sperimentazione della guida autonoma, di cui Torino è capofila. “Stiamo creando dei modelli su larga scala per dimostrare che queste tecnologie possono essere implementate in condizioni reali e sono integrabili con il trasporto pubblico della città”, spiega a Materia Rinnovabile Elena Deambrogio, Head of Innovation Unit del comune di Torino. Secondo Deambrogio è molto importante il coinvolgimento dei cittadini prima di valutare vantaggi e criticità di tecnologie basate sui CCAM (Cooperative, Connected and Automated Mobility), ovvero sistemi capaci di connettere veicoli e infrastrutture stradali, rendendo efficiente e tendenzialmente sicura la mobilità autonoma.
“Dai primi sondaggi abbiamo rilevato un senso iniziale di paura e diffidenza, ma con il passare del tempo le persone hanno preso più confidenza. Fa parte del processo di alfabetizzazione tecnologica che riguarda tutte le innovazioni”, aggiunge Deambrogio. Il Living Lab ToMove di Torino ha potuto testare la guida autonoma grazie a una deroga del Codice della strada vigente, che al momento non consente l’utilizzo della tecnologia.
I veicoli a guida autonoma sono abbastanza sicuri?
Marc Rozendal, CEO dell'Istituto europeo di innovazione e tecnologia (EIT) Urban Mobility, vede nei veicoli autonomi pubblici una soluzione di trasporto pubblico sicura e capace di collegare le aree rurali con quelle urbane. “Rispettano sempre i limiti di velocità, non si distraggono alla guida e possono offrire delle soluzioni di trasporto sostenibili anche in quelle zone della città che non sono bene servite”, dice Rozendal a Materia Rinnovabile.
Che invece la guida autonoma riduca il numero degli incidenti non è ancora scientificamente provato, anzi. Secondo una recente ricerca dell’università statunitense di Arlington, nel Texas, i veicoli autonomi hanno maggiori probabilità di essere coinvolti in tamponamenti, ma non sono responsabili della maggior parte degli incidenti: questo avvalora la tesi secondo cui migliorerebbero la sicurezza stradale. Tuttavia, nonostante siano progettati per ridurre gli incidenti, il rischio di collisione non si azzera: un altro studio condotto dall’università cinese di Tsinghua conclude che anche utilizzando una tecnologia perfetta si verificheranno comunque incidenti.
Gli impatti sul lavoro ancora da valutare
Più certi, invece, i benefici sul traffico e la riduzione dell’utilizzo di auto private. Secondo uno studio pubblicato su Frontiers che ha analizzato dieci casi studio sulla mobilità autonoma on demand, lo sharing potrebbe ridurre di sei o sette volte il numero di veicoli in circolazione, liberando più spazio urbano occupato dai parcheggi e migliorando la qualità della vita.
“È una rivoluzione sistemica, non solo tecnologica. A differenza dell’elettrico, cambierà i modi del lavoro e della mobilità in tempi rapidissimi in meno di una generazione”, ha commentato l’eurodeputato Pierfrancesco Maran.
Una rivoluzione che però dovrà essere accompagnata da politiche di sostegno nei confronti di chi probabilmente perderà il lavoro: ovvero gli autisti, la mansione più facilmente rimpiazzabile dalla tecnologia. Non esistono molti studi che ipotizzano gli impatti sul lavoro. L’introduzione dei veicoli autonomi è prevedibilmente temuta maggiormente dalle persone a basso reddito, meno istruite e disinformate.
Secondo un’indagine condotta dall’università britannica di Huddersfield su un campione di 773 persone provenienti da tutto il mondo, anche le generazioni più giovani, presumibilmente più aperte ai cambiamenti tecnologici, associano la mobilità autonoma alla perdita di posti di lavoro. Starà alla politica fargli cambiare idea.
In copertina: foto di Bram Van Oost, Unsplash
