La Cina prevede di introdurre limiti massimi assoluti alle emissioni di gas serra per i principali settori industriali entro il 2027, secondo un documento programmatico pubblicato il 25 agosto dal Consiglio di stato e dal Comitato centrale del Partito comunista. Entro il 2030 sarà quindi istituito un sistema nazionale di scambio delle quote di emissione (ETS) similare a quello europeo.
Sebbene il nuovo documento non specifichi con esattezza ancora quali nuovi settori saranno coperti dall’ETS entro il 2027, secondo vari esperti come Tang Renhu, presidente di Sino Carbon Investment, dovrebbero venire inclusi settori come industria chimica, petrolchimica, cartaria e aeronautica.
Il nuovo sistema combinerà quote di emissioni di carbonio, gratuite e a pagamento, e opererà parallelamente a un mercato del carbonio volontario trasparente e standardizzato, già attivo da anni in linea con gli standard internazionali.
Attualmente la Cina gestisce sia un sistema ETS obbligatorio per diversi settori industriali sia un mercato volontario del carbonio, noto come schema CCER (China Certified Emission Reduction). Il sistema ETS, lanciato nel luglio 2021 per il settore energetico, è stato ufficialmente espanso nel 2025 per includere acciaio, cemento e alluminio, e copre il 60% delle emissioni di gas serra del paese.
Il programma volontario sulla CO2, lanciato originariamente nel 2012 ma sospeso nel 2017 a causa dei bassi volumi di transazioni e dei problemi relativi alla qualità dei dati, è stato rilanciato nel gennaio 2024 a integrazione dell'ETS, e da allora sta segnando performance discrete, grazie anche agli impegni di decarbonizzazione delle industrie cinesi.
Attualmente, il sistema ETS cinese è basato sull'intensità e assegna le quote in base alla produzione e all'efficienza delle emissioni di ciascuna azienda. Le aziende che superano le loro quote devono acquistare ulteriori CEA, mentre quelle che emettono meno possono vendere le loro eccedenze. Sebbene questo approccio eviti di danneggiare la crescita economica limitando la produzione, ha anche portato a un'assegnazione eccessivamente generosa delle quote e ha indebolito l'efficacia del mercato del carbonio.
L'aumento dei prezzi del carbonio dovuto ai limiti alle emissioni eserciterà una maggiore pressione sulle aziende affinché si adeguino alle normative, ha commentato su 21jingji.com Shi Yichen, vicedirettore dell'Istituto internazionale di finanza verde presso l'Università centrale di finanza ed economia. Tuttavia, aumenterà anche il valore delle risorse di carbonio, incentivando gli investimenti in misure di riduzione delle emissioni.
L'introduzione delle nuove industrie "contribuirà sicuramente a stimolare la domanda" di CEA, sostiene Camille Wee, analista presso BloombergNEF. "Si spera che ciò significhi un percorso di riduzione delle emissioni leggermente più aggressivo per la Cina."
Le riforme sono anche strettamente legate alle pressioni commerciali internazionali, in particolare quelle dell'UE come il Meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (CBAM), che prevede l'imposizione di dazi sulle importazioni ad alta intensità di carbonio a partire dal 2026. Un altro esempio di serietà del mercato cinese, che crede sulla linea definita dai negoziati ONU: con l’approvazione dell’Articolo 6 dell’Accordo di Parigi sui mercati globali della CO2, rendicontazione accurata delle emissioni e una partecipazione attiva al mercato cinese del carbonio diventeranno sempre più cruciali per gli esportatori cinesi.
In copertina: skyline di Shen Zhen, Envato