L’annuncio è arrivato quasi in sordina, in una riunione collaterale dell’Assemblea generale dell’ONU a New York. Mentre tutta la stampa era occupata con il delirante sproloquio di Donald Trump, durante il meeting del 23 settembre dedicato alla Global Development Initiative (GDI) il premier cinese Li Qiang ha inserito, nel suo conciliante discorso sulla cooperazione internazionale e lo sviluppo low-carbon, una breve ma storica frase: “In quanto potenza in via di sviluppo responsabile, la Cina non cercherà nuovi trattamenti speciali e differenziati negli attuali e futuri negoziati della World Trade Organization”.

Il passo è storico. Sin dal suo ingresso nella WTO, avvenuto nel 2001, la Cina è sempre stata accusata – in particolare dagli Stati Uniti, ma anche dall’UE – di non stare alle regole e di approfittare del suo status di “Paese in via di sviluppo” per fare concorrenza sleale alle altre nazioni, grazie a deroghe e obblighi meno stringenti sull’apertura del mercato interno alle importazioni. Ora, nel bel mezzo della guerra dei dazi scatenata da Trump, il passo indietro annunciato da Li Qiang apre nuove prospettive per la riforma di un’organizzazione internazionale che, ormai da tempo, ha perso efficacia e autorevolezza.

Una rinuncia da Paese responsabile

L’annuncio di Li Qiang, ha dichiarato sul suo account X la direttrice della WTO Ngozi Okonjo-Iweala “è il culmine di molti anni di duro lavoro, e voglio applaudire la leadership della Cina su questo tema!”.

In effetti, sebbene la “concessione” del premier cinese sembri arrivata un po’ di soppiatto, il terreno si stava preparando da mesi, e non è escluso che la questione sia stata discussa anche a Madrid, nell’ultimo vertice sugli accordi commerciali fra Cina e USA.

La pensa così, ad esempio, Belinda Schäpe, esperta di politiche climatiche cinesi e analista per il Centre for Research on Energy and Clean Air (CREA) di Londra. Ma oltre alle pressioni internazionali, dice Schäpe a Materia Rinnovabile, “questo è sicuramente un buon momento per posizionare ancora una volta la Cina come potenza responsabile in contrasto con gli Stati Uniti, specialmente dopo il discorso di Trump all’ONU”.

Dopo la WTO, la Cina cambierà posizione anche nei negoziati sul clima?

La domanda conseguente è se, a questo cambiamento di posizione nel contesto della WTO, corrisponderà nel prossimo futuro anche un’evoluzione degli impegni cinesi in materia di clima.
Contando sul suo status di Paese in via di sviluppo, la Repubblica Popolare ha infatti sino ad ora fatto leva sul “principio delle responsabilità comuni ma differenziate” per affrontare la transizione energetica e i target climatici con i suoi tempi e alle sue condizioni. La transizione cinese, va detto, procede comunque spedita e a ritmi che la maggior parte dei Paesi sviluppati neanche si sogna. Ma il fatto di rimanere fuori dal gruppo dei cosiddetti “Annex 1” (i Paesi classificati nel protocollo di Kyoto come sviluppati, e quindi tenuti a determinati target di riduzione delle emissioni), consente alla Cina di fare orecchi da mercante quando, ad esempio, le viene richiesto un obiettivo stringente di phase out dal carbone.

Sul fatto che il cambio di passo nella WTO indichi una imminente rinuncia al comodo status di Paese in via di sviluppo, Belinda Schäpe è piuttosto scettica. “Bisogna fare molta attenzione alle sfumature – spiega – Li Qiang ha solo detto che la Cina non chiederà più trattamenti speciali e differenziati nell’ambito della WTO, ma questo non implica affatto una rinuncia al suo status di Paese in via di sviluppo. Si tratta in pratica di autolimitare i vantaggi che riceve”.

La direzione è comunque quella di una presa in carico di maggiori responsabilità. “Del resto – aggiunge Schäpe – la Cina, a differenza di altre nazioni in via di sviluppo, non riceve più finanziamenti per la mitigazione climatica da anni. Mentre si è impegnata a fornire finanziamenti per il clima, sebbene sempre alle proprie condizioni e non attraverso i frame ufficiali. Insomma, vuole presentarsi come grande potenza responsabile, ma mantenendo fermamente il suo status di Paese in via di sviluppo, e anzi proponendosi come voce principale del Global South”.

Ora dunque, con la nuova posizione nella WTO da un lato, e il prossimo annuncio dei target climatici dall’altro, la Cina di Xi Jinping mette sul tavolo una nuova mano di carte, che può potenzialmente portare a una rifondazione dei rapporti commerciali internazionali (come si augura il presidente brasiliano Lula) e a un nuovo slancio nell’azione climatica. Il tutto nonostante Trump.

Immagine: Emanuele Bompan