Il presidente Donald Trump ha firmato un ordine esecutivo che prevede l’avvio di un programma per l’estrazione mineraria dai fondali marini, deep sea mining. L’autorizzazione è arrivata giovedì 24 aprile 2025, con un ordine esecutivo intitolato Unleashing America’s offshore critical minerals and resources, e punta a “rafforzare la nostra economia, assicurare il nostro futuro energetico e ridurre la dipendenza da fornitori stranieri di minerali critici”, in un momento di “sfide economiche e di sicurezza nazionale senza precedenti”.

La pratica, però, è molto controversa perché se da un lato può permettere di ricavare minerali critici fondamentali per la transizione ecologica, dall’altro può provocare la distruzione dei fondali, e di conseguenza ha un forte impatto sull’ambiente marino e i suoi ecosistemi.

Il tema era molto discusso in Europa nel 2024, quando la pratica era stata prima autorizzata e poi bloccata dal parlamento norvegese, anche grazie alle opposizioni di molte organizzazioni non governative, tra cui WWF Norvegia, che aveva fatto causa allo stato.

Deep sea mining in acque internazionali

Secondo le stime degli alti funzionari dell'amministrazione Trump, le acque statunitensi contengono oltre 1 miliardo di tonnellate dei cosiddetti noduli polimetallici, cioè depositi di minerali, tra cui rame, cobalto, nichel, zinco e manganese, necessari per i chip dei computer, le batterie e altri prodotti fondamentali per la transizione energetica.

L’autorizzazione al deep sea mining arriva in un momento particolare. Infatti, l’International Seabed Authority (ISA), l'organismo di regolamentazione istituito dalle Nazioni Unite per tutelare le profondità marine, sta redigendo un regolamento globale sullo sfruttamento delle risorse minerarie presenti nei fondali oceanici oltre i limiti delle giurisdizioni nazionali. Questi ultimi sarebbero infatti considerati patrimonio dell’umanità.

Va notato che l'ordine esecutivo di Trump arriva dopo che l’azienda Metals Company, con sede in Canada, ha dichiarato di voler richiedere un permesso di estrazione attraverso una filiale statunitense per l'estrazione in acque internazionali. In particolare, l’azienda canadese ha affermato di voler collaborare con l’amministrazione Trump per l’attività estrattiva nella zona di Clarion Clipperton, un’area del fondale dell’Oceano Pacifico che non rientra nella giurisdizione degli Stati Uniti.

Il provvedimento firmato dal presidente statunitense costituisce quindi una violazione della giurisdizione dell’ISA (che non viene nemmeno menzionata nel documento).

La reazione di Greenpeace

Non si è fatta attendere la risposta di Greenpeace, che ha subito condannato l’ordine esecutivo di Trump. “Autorizzare l'estrazione mineraria in acque profonde al di fuori del diritto internazionale è come accendere un fiammifero in una stanza piena di dinamite: minaccia gli ecosistemi, la cooperazione globale e la credibilità degli Stati Uniti in un colpo solo”, ha affermato Arlo Hemphill, Project Lead della campagna di Greenpeace USA per fermare il deep sea mining. “Condanniamo il tentativo di questa amministrazione di lanciare questa industria distruttiva in mare aperto nel Pacifico, aggirando il protocollo delle Nazioni Unite. Si tratta di un insulto al multilateralismo e di uno schiaffo a tutti i paesi e a milioni di persone nel mondo che si oppongono a questa pericolosa industria.”

“Ma questo ordine esecutivo non è l'inizio dell'estrazione mineraria in acque profonde. Ovunque i governi abbiano cercato di avviare l'estrazione in mare aperto, hanno fallito”, ha aggiunto Hemphill. “Questo non sarà diverso. Chiediamo alla comunità internazionale di opporsi a questo inaccettabile indebolimento della cooperazione internazionale, concordando una moratoria globale sull'estrazione in alto mare. Il governo degli Stati Uniti non ha il diritto di permettere unilateralmente a un'industria di distruggere il patrimonio comune dell'umanità e di strappare le profondità marine per il profitto di poche multinazionali.”

 

In copertina: Trump fimra l’ordine esecutivo nello Studio Ovale, foto di Abe McNatt via Flickr