Questo articolo fa parte del canale tematico The Social and Governance Observer, in collaborazione con Trentino Sviluppo. Iscriviti alla newsletter su LinkedIn

Ottenere la certificazione UNI/PdR 125:2022 sulla parità di genere non significa solo soddisfare una serie di requisiti, rilevati attraverso specifici KPI, ma vuol dire soprattutto diffondere una cultura aziendale capace di sostenere nel tempo i risultati raggiunti, arrivando a incarnare davvero i princìpi ufficialmente formalizzati.

Lo dimostra il percorso di Trentino Sviluppo S.p.A., punto di riferimento per aziende, startup e professionisti interessati a localizzarsi sul territorio della provincia autonoma di Trento, e di Trentino Marketing S.r.l., agenzia di marketing turistico territoriale, che opera in nome e per conto di Trentino Sviluppo, che hanno ottenuto la certificazione UNI/PdR 125:2022 a dicembre 2024.

“È un processo che richiede una trasformazione profonda, al di là del mero adempimento, e che continua nel corso del tempo, con l’obiettivo di un miglioramento costante e continuo”, ci spiega Barbara De Boni, direttrice area risorse umane e organizzazione della società, ripercorrendone le tappe principali, tra sfide organizzative, ricadute positive e traguardi futuri.

Obiettivo welfare, non solo compliance

L’ottenimento della certificazione sulla parità di genere è stato l’approdo naturale di un lavoro iniziato quasi dieci anni fa, nato non da obblighi normativi, ma dal desiderio di mettere al centro il benessere del personale. “Nel 2016 abbiamo deciso di chiedere la certificazione Family Audit, che ha fatto sostanzialmente da precursore”, racconta De Boni. “È stata un’occasione per ripensare azioni, attività e processi, iniziando a parlare di tematiche come welfare e work-life balance. La modalità di ascolto e partecipazione bottom-up ha creato sensibilità diffusa e basi solide per tutto ciò che è venuto dopo.”

Quando, alcuni anni dopo, in occasione dell’avvio del percorso di certificazione di sostenibilità per alcuni eventi, è emersa l’opportunità di estendere l’impegno anche alla parità di genere, per rimuovere ogni barriera, anche culturale, che pregiudichi l’accesso delle donne al mondo del lavoro e la crescita professionale. “È stato il passo successivo naturale, che abbiamo intrapreso con entusiasmo. L’impegno richiesto si è rivelato notevole, soprattutto da un punto di vista burocratico, per la parte documentale e di raccolta delle informazioni. A marzo 2024 ha preso il via l’elaborazione del piano strategico, che ha richiesto un paio di mesi, poi è cominciata la parte di lavoro più consistente, ovvero il recupero dei dati del triennio precedente, necessari per definire i KPI e raggiungere il rating minimo del 60%.”

Un compito non banale, anche per la struttura particolare della società. “Ma è stato anche un momento di chiarezza organizzativa. Con l’obiettivo di svolgere al meglio la missione, e in coerenza con la visione strategica, abbiamo stabilito di implementare un unico sistema di gestione per la parità di genere (SGPG), di durata triennale (2025-2027), incorporando nei processi organizzativi e di gestione delle risorse umane i princìpi della gender equality, della non discriminazione e delle pari opportunità di carriera, garantendo il benessere delle risorse e un ambiente di lavoro inclusivo e rispettoso delle diversità.”

In totale le due realtà contano 216 dipendenti, il 53,7% (116) dei quali è donna, con un’età media generale pari a 44,8 anni. Venticinque persone lavorano part-time, mentre per tutti e tutte è prevista la possibilità di smartworking per due giorni alla settimana. “Avevamo già avviato un progetto pilota prima del Covid, la pandemia ci ha spinto a metterlo subito in pratica.”

Barbara De Boni

Formalizzazione di princìpi già esistenti

Durante la preparazione alla UNI/PdR 125 è emerso che “gran parte dei contenuti richiesti dalla normativa erano già presenti da anni all’interno delle nostre società, anche se non sempre erano stati formalizzati”, spiega De Boni. Per esempio, flessibilità oraria e strumenti di conciliazione vita-lavoro; rientro accompagnato dopo la maternità; valorizzazione dei congedi parentali maschili; linguaggio inclusivo, integrato nel codice etico; trasparenza dei processi, rafforzata dalla certificazione 231; formazione su leadership e competenze relazionali; supporto psicologico attraverso un servizio di mental coaching.

“In tutti questi casi il lavoro che abbiamo dovuto fare è stato quello di scrivere delle procedure specifiche per strutturare quelle che erano consuetudini già consolidate. Penso per esempio ai colloqui di selezione del personale: abbiamo codificato il divieto, per noi ormai scontato, di chiedere informazioni su aspetti come stato civile, figli o orientamento sessuale.”

Introduzione di nuove procedure

Alcune procedure, invece, sono state introdotte totalmente ex novo, a partire dalla gestione delle molestie, con l’integrazione della valutazione nel DVR (documento di valutazione del rischio) attraverso una survey interna. “In questi casi l’obiettivo è non solo monitorare la situazione esistente, ma anche saper cogliere in anticipo determinati segnali, prima ancora che le cose possano accadere, sia all’interno dell’azienda, sia all’esterno”, puntualizza De Boni. “Tutti i luoghi, inclusi i parcheggi esterni, per fare un esempio, devono offrire la massima sicurezza. Nelle vicinanze della sede di Trentino Marketing ci sono zone poco illuminate: abbiamo deciso di rilevarle e intervenire dove possibile.”

Anche da un punto di vista psicologico-relazionale non sono mancati spunti di riflessione: “Nessuna situazione a rischio, ma qualche persona ha manifestato la sensazione di non sentirsi sufficientemente considerata. La privacy è garantita dall’anonimato e la segnalazione ci è sicuramente utile: prenderemo in carico questo aspetto nell’analisi di clima che partirà a breve, nell’ambito del nostro piano per la sicurezza sul lavoro.”

In relazione alla UNI/PdR 125, un altro aspetto da implementare è quello della mappatura delle competenze e della definizione di criteri misurabili per l’avanzamento di carriera, anche in vista della normativa UE sulla trasparenza salariale, che dovrà essere recepita dall’Italia a partire dal 7 giugno 2026, con l’obiettivo di colmare il divario retributivo di genere. “È un lavoro complesso ma essenziale per rendere i processi chiari e trasparenti per tutte e tutti”, commenta Barbara De Boni.

Un altro aspetto è la presenza femminile nei ruoli apicali. “Al momento le figure dirigenziali sono poche e tutte maschili, ma questa leva di crescita è più complessa da gestire, perché per la nostra natura pubblico-partecipata la nomina dei dirigenti richiede anche l’autorizzazione provinciale.”

L’importanza della formazione

La formazione è una leva chiave per far sì che la parità di genere non si limiti a essere un puro formalismo. “È un’evoluzione culturale che richiede tempo e delicatezza”, prosegue De Boni. “Per questo organizziamo costantemente incontri su tematiche diverse, dal linguaggio ai gender bias, all’importanza delle soft skills: spesso vengono sottovalutate, ma sono capacità che si acquisiscono anche al di fuori del lavoro, quando ci si trova a ricoprire ruoli da caregiver nei confronti dei figli o degli anziani. Proprio in questi giorni, poi, stiamo incontrando la direttrice del Centro antiviolenza di Trento e Rovereto per organizzare un momento di sensibilizzazione rivolto a tutto il personale.”

La presenza agli incontri formativi può essere sia volontaria che obbligatoria, a seconda dei casi: “Riteniamo che su determinati temi sia fondamentale la partecipazione di tutte e tutti, non sempre ci si può affidare alla discrezionalità individuale”.

Un impatto che supera i confini aziendali

I benefici della certificazione per la parità di genere hanno una ricaduta immediata anche all’esterno delle organizzazioni che le conseguono. “Nelle procedure di gara le realtà certificate possono ottenere punteggi aggiuntivi: questa è una leva che valorizza chi investe sulla parità di genere”, sottolinea De Boni.

Inoltre, c’è anche un impatto più prettamente culturale. “Il percorso che abbiamo intrapreso come Trentino Sviluppo e Trentino Marketing ci rende un punto di riferimento per le imprese del territorio. Durante gli incontri con le imprese del Comitato ESG ci capita spesso che le aziende ci chiedano informazioni operative su come avviare questo percorso. Abbiamo dato un segnale, essere d’esempio è un valore aggiunto.”

Il cerchio non si chiude però con l’ottenimento della certificazione. “Ogni anno abbiamo la revisione e dobbiamo dimostrare progressi miglioramenti continui, KPI alla mano”, conclude De Boni. “È questo, in fondo, il vero senso della certificazione: ricordare che la parità non è una medaglia, ma un impegno. Non un risultato, ma una pratica quotidiana.”

 

In copertina: Be Factory, foto di Michele Purin