A definirlo “surreale” ci pensò la campionessa italiana di sci Sofia Goggia, poco dopo la decisione che assegnò le olimpiadi invernali del 2029 all’Arabia Saudita. Oggi, a tre anni dalla selezione della sede olimpica, Trojena, il futuristico impianto sciistico parte del megaprogetto saudita NEOM da 500 miliardi di dollari, è finito nel mirino di un’inchiesta del Financial Times, che svela presunti ritardi e ostacoli ingegneristici.
Secondo cinque fonti anonime sentite dal giornale economico britannico, i funzionari sauditi avrebbero addirittura sondato la possibilità di chiedere lo spostamento dei giochi olimpici in Corea del Sud o Cina e tenere l'edizione successiva nel Regno del principe Mohammad bin Salman Al Sa'ud. Una versione smentita da Pechino, ma confermata da Seoul, che ha dichiarato di essere stata contattata formalmente dall’Olympic Council of Asia (OCA), il comitato olimpico incaricato di monitorare l’operato degli organizzatori sauditi.
Senza entrare nei dettagli, l’OCA ha dichiarato che i lavori verranno conclusi nei tempi previsti, entro il 2029. Ma la lettera inviata al comitato olimpico coreano lascia parecchi interrogativi sul reale status dei lavori.
I presunti ritardi per realizzare Trojena
Secondo quanto spiegato nei video promozionali diffusi da Riyad, il comprensorio sciistico di Trojena verrà costruito su una montagna a 2.600 metri sul livello del mare, poco distante dal golfo di Aqaba e dal confine con la Giordania. Viene raccontato come futuro "centro di primo livello per gli sport invernali", con 30 km di piste da sci, hotel, spa, un campo da golf, sentieri escursionistici e innevamento artificiale da dicembre a marzo. Da queste parti, infatti, nonostante l'altitudine, le nevicate sono rare. E secondo le fonti del Financial Times la stazione sciistica farà affidamento quasi esclusivamente sull'innevamento artificiale, dispendioso sia dal punto di vista energetico che idrico.
Le ambizioni saudite di trasformare un’area prevalentemente desertica in comprensorio sciistico necessitano quindi di molta acqua, che sarà pompata per 200 chilometri dal Golfo di Aqaba a Trojena, alimentando un lago artificiale profondo 140 metri. Per riempire il lago − la cui costruzione è stata affidata al gruppo edile italiano Webuild per 4,7 miliardi di dollari − l'utilizzo di una condotta del diametro di 1 metro richiederebbe un flusso d'acqua a piena capacità per almeno due anni. Attività che avrebbe dovuto iniziare questo agosto. Ma, secondo quanto riportato dal Financial Times, non sono nemmeno cominciati i lavori di installazione del principale impianto di desalinizzazione, mettendo la deadline del 2029 a rischio.
Gli ostacoli nel costruire “The Vault”
Anche una seconda parte importante del progetto, chiamato “The Vault”, starebbe procedendo a rilento. Si tratta di un villaggio di hotel e strutture commerciali extra lusso che dovrebbe sorgere al fianco della montagna e richiede l’estrazione di una quantità di roccia “sbalorditiva”, come ha dichiarato un tecnico al Financial Times. Prima che possano iniziare i lavori di costruzione, circa 3.000 cavi di tensione dovranno essere infilati nelle pareti rocciose. Tuttavia, gli appaltatori possono installare solo un cavo al giorno, il che significa che al ritmo attuale il completamento dell'infrastruttura potrebbe richiedere più di otto anni.
Se l’impianto sciistico di Trojena non dovesse essere pronto entro il 2029, spetterebbe al Comitato olimpico asiatico cambiare organizzatore. Secondo le fonti del Financial Times, Corea del Sud e Cina sarebbero le principali candidate, ma, mentre il portavoce del Ministero degli esteri cinese Mao Ning ha dichiarato di non essere a conoscenza di una potenziale candidatura, Seoul non ha rilasciato dichiarazioni.
Il controverso progetto NEOM e le accuse di sportwashing
Dopo aver vinto le olimpiadi invernali, lo scorso anno l’Arabia Saudita si è aggiudicata anche i diritti per ospitare la Coppa del mondo di calcio del 2034. Tramite il fondo sovrano da 925 miliardi di dollari, sono anni che il monarca Mohammad bin Salman Al Sa'ud investe in eventi e infrastrutture sportive, nel tentativo di lanciare il marchio saudita a livello globale, orientare la percezione del regno verso un progressismo di tipo occidentale e sviluppare strutture turistiche che attraggano capitale straniero. Ambizioni che però attivisti e ONG per i diritti umani bollano come sportswashing, ovvero quella strategia di utilizzare gli eventi sportivi per ripulire l’immagine di un paese. In questo caso un ricco petrostato che ancora non garantisce alle donne saudite pari diritti. Ma non solo.
Il comprensorio sciistico Trojena fa parte di NEOM, un ambizioso quanto controverso megaprogetto di sviluppo urbano e industriale grande quasi quanto il Belgio che, secondo il piano Vision 2030 del principe, ospiterà circa 9 milioni di persone. Pensato per diversificare l'economia nazionale dal petrolio, alcuni dei piani più ambiziosi hanno dovuto essere ridimensionati a causa dell'aumento dei costi. Come per esempio “The Line”, una città futuristica che inizialmente doveva estendersi nel deserto per 170 km ma che non supererà i 2,4 chilometri entro il 2030.
NEOM è stato anche al centro di diversi casi di violazione dei diritti umani, tra cui trasferimenti forzati di tribù locali, pena di morte per chi protesta contro la costruzione e precarie condizioni di sicurezza per i lavoratori. Tra visioni urbanistiche utopiche ma spesso considerate impraticabili e una promozione della sostenibilità extra lusso che non guarda ai reali problemi del paese, negli ultimi anni NEOM ha raccolto più critiche che elogi.
Secondo Christian Henderson, studioso di economia politica del Medio Oriente interpellato da DeSmog, “si crea l'idea che l’Arabia Saudita stia andando da qualche parte, ma questa narrativa green legata a NEOM non è altro che una forma di greenwashing. Molti di questi progetti, molta di questa pubblicità, puntano a dipingere il paese come qualcosa che non è".
In copertina: render di NEOM © Architects Magazine