Nato per supportare l’Unione Europea nella transizione energetica, il Net Zero Industry Act è un’iniziativa del Green Deal che punta ad aumentare le fonti rinnovabili creando un mercato strategico e competitivo nel continente. Per rafforzare questo regolamento e stimolare la domanda di energia rinnovabile, la Commissione europea ha introdotto a maggio 2025 alcune norme attuative. Tra queste, nuovi criteri che non sono basati sul prezzo per partecipare alle procedure di appalto e alle aste delle rinnovabili.

Le autorità dovranno quindi tenere in conto di parametri alternativi, come la sostenibilità ambientale, la sicurezza e la resilienza delle filiere produttive. Alcuni di questi criteri sono obbligatori per qualificarsi alle aste, mentre altri servono per aggiudicarsi l’appalto. Tuttavia, emergono anche alcune criticità relative alle tempistiche con cui le nuove normative verranno recepite.

Quali sono i criteri non di prezzo

L’obiettivo dei criteri non legati al prezzo è rafforzare la produzione di rinnovabili prodotte in Europa, incentivando un’efficace transizione industriale verso le energie pulite. Il Net Zero Industry Act prevede che a partire dal 30 dicembre 2025 almeno il 30% del volume totale di energia rinnovabile messo all’asta ogni anno da ciascun paese dell’UE (pari ad almeno 6 gigawatt) dovrà usare i nuovi princìpi di valutazione.

Oltre alla sostenibilità ambientale e alla resilienza, uno dei principali criteri introdotti è la condotta commerciale responsabile, che deve assicurare che le attività delle aziende siano coerenti con le necessità della società e della natura, basandosi su standard internazionali e sulla legislazione europea. Un altro parametro importante è la cybersicurezza, che richiede ai proponenti di applicare misure informatiche extra per tutelare la gestione dei dati.

Inoltre, per potenziare la capacità produttiva europea, esiste anche un criterio di sicurezza dell’approvvigionamento che mira a scoraggiare la dipendenza da fornitori extra UE. Con questo principio, è possibile limitare la partecipazione o assegnare punteggi in base al livello di dipendenza da altri stati esterni all’Unione Europea. Tuttavia, è previsto anche un margine di flessibilità per non compromettere la sicurezza dell’approvvigionamento.

Le tempistiche del Net Zero Industry Act sono critiche per l’Italia

Tra i paesi terzi da cui l’Europa vuole ridurre la propria dipendenza, spicca la Cina, oggi leader del settore cleantech. Tuttavia, va notato che le nuove normative diventeranno vincolanti solo a partire dal 2026: un fattore che potrebbe portare ad alcune criticità dovute alle tempistiche, anche nel panorama italiano.

Infatti, come sottolinea Davide Tinazzi, CEO del Gruppo Energy, “l’Italia, nel frattempo, si trova ad affrontare un banco di prova decisivo: il MACSE, il nuovo meccanismo nazionale di supporto alla diffusione dei grandi sistemi di accumulo di taglia utility-scale, la cui prima asta è prevista per settembre 2025, per un volume di affari di 1,5 miliardi per i successivi due anni. Se questa gara sarà interamente a ribasso, senza introdurre fin da subito criteri non di prezzo (come sarà obbligatorio fare dal 1° gennaio 2026), si rischia di favorire i fornitori cinesi di qualità più scarsa, penalizzando l’industria europea per i due anni successivi”.

“Se il criterio di aggiudicazione resterà legato esclusivamente al prezzo, questa prima tornata rischia di trasformarsi in un’opportunità mancata”, aggiunge Tinazzi. “Le aziende europee, che l’Unione dichiara di voler sostenere, non ne trarrebbero alcun beneficio concreto, mentre a prevalere sarebbero fornitori extra-europei, non soggetti agli stessi standard produttivi, ambientali e fiscali delle imprese europee. I criteri saranno obbligatori nelle successive aste, ma quella di settembre potrebbe essere di gran lunga l’asta più rilevante in termini di volumi e impatto sul settore.”

Inoltre, secondo il CEO, un investimento verso la transizione energetica in tempi rapidi non può però prescindere da una solida visione industriale centrata sul modello europeo. “In un contesto di crescente instabilità geopolitica esiste anche il rischio concreto che l’introduzione di nuovi dazi tra Europa e Cina possa rendere antieconomica la fornitura da parte di operatori cinesi, con il rischio di rinunce unilaterali sulle commesse già assegnate”, conclude Tinazzi.

 

In copertina: immagine Envato