Una prova di forza e potere che ridisegna gli equilibri nel settore bancario italiano. L’acquisizione di Mediobanca da parte di MPS ha messo in luce il vero ruolo del governo nell’operazione e l’influenza di due grandi famiglie industriali, i Del Vecchio e i Caltagirone, capaci di orientare la finanza nazionale. La partita ora si sposta sulle prossime settimane, quando la riapertura dei termini dirà se Siena potrà blindare definitivamente la governance. Di certo, al 9 settembre 2025, il “rischio” paventato da Nagel è diventato realtà: Piazzetta Cuccia ha cambiato padrone.

Monte dei Paschi di Siena ha infatti conquistato il controllo di Mediobanca attraverso l’Offerta pubblica di acquisto e scambio (OPAS) chiusa ieri, 8 settembre. I numeri ufficiali comunque parlano chiaro: le adesioni hanno raggiunto il 62,29% del capitale, superando la soglia cruciale del 50% e consegnando a Siena il diritto di governance sulla storica banca d’affari milanese.

Per il ceo di MPS, Luigi Lovaglio, si tratta di un passaggio epocale. MPS non è più soltanto la prima azionista: diventa il dominus di Piazzetta Cuccia, con la possibilità di consolidare i conti grazie all’utilizzo delle DTA (deferred tax assets), crediti fiscali differiti che avranno un impatto diretto sul bilancio. L’acquisizione ha inoltre un effetto immediato sul fronte assicurativo: Mediobanca è il primo azionista di Generali e questo conferisce a Siena un’influenza determinante sul gruppo triestino.

I numeri dell’offerta e il ruolo dei grandi soci

Il successo dell’operazione, valutata circa 13,5 miliardi di euro, si deve al sostegno dei grandi soci storici. Delfin (holding della famiglia Del Vecchio) e il gruppo Caltagirone, insieme titolari di quasi il 30% di Mediobanca, sono stati i primi a aderire per intero, imprimendo una svolta all’OPAS. A loro si sono aggiunti progressivamente investitori istituzionali e fondi internazionali: dalla famiglia Doris a Fidelity, da Enpam ad Anima fino a Tages.

Decisiva la corsa finale: nella sola giornata di lunedì 8 settembre le adesioni sono balzate dal 46 al 62%, con un incremento del 16% in 24 ore. Una dinamica che conferma la determinazione di Lovaglio, capace di convincere progressivamente i grandi gestori italiani ed esteri. Non meno importante è stata la disgregazione del vecchio patto di consultazione di Mediobanca, ormai ridotto a percentuali marginali.

Il passo indietro di Alberto Nagel

L’operazione ha cambiato radicalmente gli equilibri interni di Mediobanca. Secondo il Financial Times, l’amministratore delegato Alberto Nagel e l’intero consiglio di amministrazione sarebbero pronti a dimettersi nella riunione già fissata per il 18 settembre, con l’addio formalizzato fino alla nomina della nuova dirigenza. Nagel aveva tentato di evitare l’acquisizione proponendo l’acquisto di Banca Generali, un piano respinto dai soci che avrebbe reso meno appetibile Mediobanca per Siena.

La strategia non ha avuto successo, complice l’appoggio determinante dei due grandi soci italiani. Proprio Delfin e Caltagirone mirano infatti da tempo al controllo indiretto di Generali, considerata il vero trofeo dell’operazione.

Logiche di potere e ruolo del governo

Come spiegano i maggiori commentatori, l’acquisizione di Mediobanca da parte di MPS non nasce da un’esigenza industriale, quanto da logiche di potere e di influenza. MPS è infatti più piccola di Mediobanca, che nasce per altro come banca d’affari, e le sinergie operative tra i due istituti non sono state al centro della discussione. Dietro l’operazione, osservano molti analisti, c’è la regia del governo italiano, primo azionista di MPS, che ha giustificato l’acquisto come necessario a garantire “l’italianità” di due colossi come Mediobanca e Generali.

In questo senso, l’OPAS rappresenta una mossa che ridisegna gli equilibri della finanza italiana, consegnando al Monte dei Paschi un ruolo guida che sembrava impensabile solo pochi anni fa, quando Siena era al centro di una lunga crisi.

I prossimi passi

Dopo la chiusura formale dell’offerta, è previsto un periodo di riapertura dei termini tra il 16 e il 22 settembre. Questa finestra potrebbe permettere a MPS di consolidare ulteriormente la propria posizione, con l’obiettivo di raggiungere il 66,7% del capitale. Superare questa soglia significherebbe aprire la strada a una fusione piena e consentire a Siena di esercitare un controllo assoluto, anche sulle decisioni straordinarie.

 

In copertina: la sede Monte dei Paschi di Siena, Envato