Aggressivo, onnivoro e molto adattabile. Stiamo parlando del granchio blu, una delle specie invasive più temute dei nostri mari. Originario dell’Atlantico occidentale e diffuso lungo buona parte della costa americana, dove è molto apprezzato per le sue carni gustose (il nome scientifico Callinectes sapidus significa appunto “bel nuotatore saporito”), fu segnalato per la prima volta in Mediterraneo più di settant’anni fa. La prima cattura documentata risale al 1949 e fu fatta proprio in Italia, nella Laguna di Grado (Nord Adriatico).
Fino ad anni recenti questo alieno dalle chele turchine, approdato sulle coste europee con le acque di zavorra delle navi, non destava alcuna preoccupazione. Ma oggi la sua massiccia diffusione in alcune zone del Mediterraneo, tra cui i mari italiani e in particolare l’Adriatico, è diventata una vera e propria emergenza ambientale. L’invasione del granchio blu mette a serio rischio la biodiversità locale e provoca gravi danni economici al settore ittico.
“Nella Laguna di Grado e Marano e in altre zone costiere adriatiche, come la Laguna di Venezia e il Delta del Po, il granchio blu fa strage di vongole e altri organismi. Inoltre, i pescatori si trovano spesso le nasse invase dai granchi blu, cosicché seppie, crostacei e piccoli pesci non riescono più a entrare”, racconta a Materia Rinnovabile Gianluca Coidessa, funzionario tecnico del settore pesca per Confcooperative Friuli-Venezia Giulia. “Nelle acque costiere, invece, i granchi blu si impigliano nelle reti della piccola pesca e le distruggono con le loro chele robuste. Se prima una rete durava una decina di anni, adesso non dura più di uno o due anni. Per ogni granchio i pescatori perdono una trentina di centimetri di rete, devono tagliarla e ricucirla, è un danno non solo materiale ma anche in termini di tempo.”
Per far fronte ai danni in termini di produzione o strutture, a fine giugno il Commissario straordinario del MASE per l’emergenza granchio blu ha firmato un’ordinanza per la concessione di aiuti alle imprese della pesca e dell’acquacoltura. Le risorse stanziate ammontano a 3,7 milioni di euro, ripartiti tra Emilia-Romagna (2.901.910 euro), Veneto (720.760 euro) e Friuli-Venezia Giulia (77.330 euro).
Conoscere meglio il granchio blu per contenerlo
La carta d’identità di questo crostaceo decapode la dice lunga sulla sua temibile fama di “invasore”. È grande e robusto (il carapace può superare i venti centimetri), si muove con agilità sul fondale e lungo la colonna d’acqua ed è di bocca buona: mangia vongole, cozze e altri molluschi, crostacei, piccoli pesci e vermi marini, e non disdegna persino alghe e detriti. Tollera ampie variazioni di temperatura e salinità e per questo lo troviamo in prossimità di foci ed estuari, all’interno delle lagune e nelle acque marine costiere. E, come se non bastasse, vive fino a quattro anni ed è molto prolifico: una femmina può deporre anche otto milioni di uova.
Se già da alcuni anni il granchio blu era un sorvegliato speciale nel nostro paese, l’emergenza è scattata con l’esplosione demografica del 2023. Nel 2024, il governo italiano ha elaborato un Piano di intervento per contenere e contrastare il fenomeno della diffusione e della proliferazione della specie granchio blu (Callinectes sapidus). Tra le misure previste, una campagna di contenimento con pesca selettiva nelle aree lagunari e costiere dell’Alto Adriatico e la possibilità di commercializzare il prodotto da parte degli operatori della pesca e dell’acquacoltura.
I granchi blu, infatti, sono saporiti e nutrienti e per controllarne la diffusione bisogna creare nuove opportunità di mercato per la pesca. Sfiziose proposte per mettere questo crostaceo nel piatto sono state presentate, ad esempio, alla One Ocean Week 2025 di Milano. E per chi lo guarda ancora con sospetto in pescheria o al ristorante, ci sono molti altri modi di utilizzarne le carni o il carapace, dalle farine animali al pet food e fino all’ingegneria biomedica e alla produzione di bioplastica e biogas.
In Spagna, dove l’invasione del granchio blu si è fatta sentire prima che nel nostro paese, il contenimento è passato proprio per un cambiamento di prospettiva che ha trasformato una minaccia in un’opportunità. Un progetto dell’Università di Valencia, ad esempio, ha puntato al controllo del decapode grazie al coinvolgimento degli operatori della pesca lungo tutta la filiera, che va dal prelievo alla trasformazione e fino alla commercializzazione. Creando così una nicchia di mercato per un prodotto ancora poco conosciuto, ma interessante dal punto di vista alimentare e gastronomico.
Azioni mirate sulle due sponde dell’Adriatico
Il granchio blu è anche al centro di varie iniziative che abbracciano le due sponde dell’Adriatico. Il progetto europeo BlueDiversity, che coinvolge enti italiani e croati tra cui le università del Salento e di Padova e l’Istituto di oceanografia e pesca di Spalato, dedica spazio a questa specie invasiva in un’ottica di bioeconomia.
“In Veneto, nel 2024 sono state pescate 713 tonnellate di granchio blu. Nel 2023, le catture ammontavano a 630 tonnellate, nel 2022 appena a 97 tonnellate”, evidenzia a Materia Rinnovabile Cristiano De Pittà, presidente del corso di laurea in Biotecnologie dell’Università di Padova e referente del progetto per l’Ateneo veneto. “Il valore delle vendite di granchio blu locale, nel 2024, è stato pari a 1,04 milioni di euro. Favorire la commercializzazione è dunque una strada percorribile per contenerne l’invasione.”
E se il prezzo medio di vendita del granchio blu locale ha registrato un calo del 35% dal 2023 al 2024, passando da oltre 2 euro a meno di 1,5 euro al kg, la crescita nelle catture potrebbe compensare la variazione al ribasso. Nel frattempo, lungo le coste venete, romagnole e marchigiane, così come in Croazia, il progetto sta testando tecniche di pesca selettive per il granchio blu. Con tanto di trappole fornite di reti metalliche a prova di chela e luci LED capaci di attirarlo in modo efficace.
BlueCrab è un altro progetto europeo transfrontaliero, stavolta tra Italia e Slovenia, dedicato al controllo del granchio blu. Fa da capofila Confcooperative unione regionale del Veneto e tra i partner ci sono associazioni di categoria, enti pubblici e istituti di ricerca, tra cui l’Università di Trieste, l’Istituto nazionale di oceanografia e geofisica sperimentale di Trieste e l’Istituto sloveno di biologia. L’approccio è sempre di ampio respiro: agli studi sulla sua biologia si intrecciano i monitoraggi con sistemi informativi innovativi, lo sviluppo di pratiche di pesca selettiva e le azioni mirate a incentivarne il consumo.
“Nel Nord Adriatico, il granchio blu ha raggiunto densità altissime”, spiega a Materia Rinnovabile Diego Borme, ricercatore presso l’Istituto Nazionale di Oceanografia e Geofisica Sperimentale di Trieste. “Gli impatti sono gravi per gli ecosistemi lagunari e costieri, così come per la pesca e la maricoltura. Il granchio blu provoca danni agli attrezzi da pesca e preda specie di grande interesse commerciale, come le vongole di laguna, le cozze e le vongole di mare, bivalvi per i quali è specializzato. Ma, in realtà, questa specie è capace di predare una vastissima gamma di organismi, come la gran parte dei crostacei decapodi dei nostri mari, che sono di taglia più piccola, o addirittura pesci delle acque costiere con cui condivide l’habitat. Una nota molto importante è che il progetto sia nato dal basso, seguendo una forte richiesta del settore della produzione alieutica. Solo quando c’è un vero e continuo coinvolgimento dei pescatori e dei maricoltori, infatti, è possibile sviluppare una gestione reale.”
E se il contrasto al granchio blu passasse anche per la lotta biologica, come il classico esempio delle coccinelle contro gli afidi? In Emilia-Romagna si sta esplorando anche questa strada, con alcuni studi che hanno per protagonisti due predatori del “bel nuotatore”: il polpo e l’anguilla (che ne preda le uova). I risultati sono ancora preliminari e le difficoltà non sono poche, ma reclutare degli alleati acquatici potrebbe essere una via promettente per ristabilire gli equilibri naturali assieme a quelli socioeconomici, perturbati in modo così drastico dall’esplosivo granchio blu.
In copertina: foto di Jarek Tuszyński via Wikicommons