Dal 3 al 5 giugno 2025, la prestigiosa Concert Hall di Copenaghen ha ospitato la 16ª edizione del Global Fashion Summit, il principale forum internazionale dedicato alla sostenibilità nella moda, organizzato da Global Fashion Agenda (GFA). Il tema di quest’anno, Barriers and Bridges, ha posto al centro del dibattito le sfide che il settore deve affrontare, sottolineando come le nuove barriere – normative, finanziarie e culturali – possano trasformarsi in opportunità per un cambiamento concreto.

Tracciare il progresso: rendere operativa la circolarità

Mentre il programma è stato pensato su cinque pilastri che stanno plasmando il futuro della moda − innovazione, capitali, coraggio, incentivi e regolamentazione −, una metafora incisiva ha guidato il dialogo collettivo: un muro, girato di 90° gradi, può diventare un ponte. Una trasformazione di prospettiva permette di trasformare le attuali barriere normative, tecnologiche e culturali in occasioni per costruire connessioni.

“Senza azioni concrete a proposito di cambiamento climatico, resterà davvero poco valore commerciale”, è stata la chiamata all’azione concreta di Thijs Maartens, VP Global Sustainability di Tommy Hilfiger. Progettare per riparabilità, riciclabilità e durabilità, in un panorama regolatorio sempre più stringente è più che urgente.

La sostenibilità, ha spiegato, si traduce in qualità e longevità del prodotto, aspetti essenziali per rendere la moda davvero accessibile e circolare. “Non bisogna aspettare di arrivare al 50% o al 100% di materiali riciclati, ma iniziare dal 5% per poter costruire un percorso sostenibile e concreto”, ha aggiunto Maartens, sottolineando l’importanza di muoversi per gradi, ma con costanza.

Il modello VEJA

Sébastien Kopp, cofondatore e direttore creativo di VEJA, ha offerto un esempio concreto di rigenerazione lungo tutta la filiera. Lavorando con raccoglitori di gomma selvatica in Amazzonia e agricoltori di cotone rigenerativo, VEJA ha costruito nel corso di due decenni un modello di business radicalmente diverso: no pubblicità, no investitori, produzione in Brasile e conoscenza degli agricoltori, rispetto dei diritti dei lavoratori.

“Il nostro limite − pochi materiali, dieci al massimo, e nessuna corsa alle collaborazioni − è la nostra forza creativa. Abbiamo creato un’azienda come l’avrebbero costruita i nostri nonni”, ha raccontato Kopp. Oggi VEJA conta più di 200 milioni di euro di fatturato, partendo da un investimento iniziale di 5.000 euro di ciascuno dei fondatori.

Lavoro con dignità: mettere al centro chi produce

Kalpona Akter, fondatrice del Bangladesh Centre for Worker Solidarity, ha portato al Summit la voce dei lavoratori e delle lavoratrici tessili. Cresciuta lavorando in fabbrica fin da bambina, e testimone del crollo del Rana Plaza, ha denunciato salari minimi che non coprono nemmeno i bisogni essenziali: “125.000 taka al mese [circa 103 dollari, nda] non bastano per vivere. Servono almeno 50.000 taka come salario minimo”.

Nonostante i miglioramenti degli scorsi anni, infatti, il salario dei lavoratori della moda in Bangladesh è ben lontano dall’essere dignitoso e spesso un aumento di salario si traduce in un incremento dei costi da affrontare a partire dall’incremento dell’affitto imposto dai proprietari degli alloggi.

Akter ha sottolineato anche come il cambiamento climatico colpisca in modo sproporzionato i lavoratori: in Bangladesh, temperature di 42°, percepite come oltre 50°C, rendono le condizioni invivibili. “Tutte le discussioni sulle politiche ambientali non sono mai centrate sulle persone che producono i nostri vestiti. Serve giustizia climatica e sociale.”

I Trailblazer: innovazione circolare in tre direzioni

Promosso da Global Fashion Agenda, il Trailblazer Programme 2025 ha puntato i riflettori su nove soluzioni pionieristiche selezionate lungo tre direzioni strategiche: innovazione nei materiali, circolarità nei processi e trasformazione tecnologica.

Tra le tecnologie all’avanguardia compaiono Matereal che ha sviluppato Polaris, un’alternativa non tossica e biobased al poliuretano tradizionale, progettata con l’ausilio dell’intelligenza artificiale. Ma anche FIBRE52 che propone un sistema brevettato per il candeggio e la tintura del cotone a basse temperature, che consente un notevole risparmio di acqua ed energia, eliminando l’uso di sostanze chimiche aggressive. E OceanSafe con il suo innovativo coNea, un biopolimero biodegradabile, ricavato dalla lignina, che combina la naturalezza delle fibre vegetali con l’efficienza produttiva delle fibre sintetiche.

Per la circolarità dei processi era presente Tern, una piattaforma modulare che consente ai marchi di gestire internamente servizi di rivendita, riparazione, riciclo e donazione, sia online che nei punti vendita fisici. Musthad, invece, è una piattaforma che consente ai marchi di digitalizzare, monitorare e valorizzare i propri rifiuti tessili e le eccedenze di magazzino.

Soluzioni già attive: dal packaging al Cradle to Cradle

Non solo di visioni future ma anche di realtà già operative e scalabili tra cui le Vela Bags, realizzate in carta riciclabile e compostabile, già adottate da brand quali Mango e Diadora, e l’italiana Cloov, creatrice di una piattaforma peer-to-peer per il noleggio di abiti tra privati.

Nel mentre le grandi realtà non restano a guardare: LYCRA ha all’attivo una collaborazione con Qore, joint venture tra Cargill e HELM, per sviluppare la prima produzione su larga scala di fibra LYCRA di origine biologica. Il nuovo materiale, chiamato QIRA, sostituisce il BDO (1,4-butanediolo) di origine fossile con una versione totalmente derivata dal mais.

Arte, normative e rigenerazione

Lo scrittore e regista Andri Snær Magnason, attivista nella lotta per la conservazione dei ghiacciai islandesi, ha ribadito un principio essenziale per la transizione culturale: “Le persone non capiscono i dati, capiscono le storie”. In un’epoca di crisi ambientale e sociale, l’arte e la narrazione diventano strumenti fondamentali per ispirare comportamenti nuovi da parte dei consumatori.

A proposito di cambiamento di abitudini, il tema del resale e dell’usato è stato al centro di intense discussioni con la partecipazione di eBay, Marks & Spencer e Certilogo, mentre la commissaria europea per l’ambiente Jessika Roswall ha tracciato il percorso dell’Unione Europea nel rendere la moda più sostenibile.

Tra le innovazioni e la ricerca di nuovi materiali, tuttavia, ha sottolineato Federico Brugnoli, AD di Spin360, i materiali più sostenibili a volte sono quelli offerti dalla natura. A rappresentarli sono saliti sul palco Brett Walker, produttore sudafricano di lana e mohair di settima generazione, e Frank Fiedler, AD di Heller-Leder, azienda tedesca di pelletteria nata nel 1920 all’avanguardia per le pratiche di sostenibilità.

Se la strada verso una moda realmente sostenibile passa da un impegno collettivo e innovativo, tecnologie avanzate, nuovi modelli di business e attenzione ai diritti umani si intrecciano per superare le attuali barriere. Allo stesso tempo, come sottolineato da Kopp di VEJA, “ci serve più semplicità nella vita”. Ridurre, quindi, non solo innovare.

 

In copertina: foto di Global Fashion Agenda