Si avvia oggi a conclusione, venerdì 19 gennaio, il summit del World Economic Forum a Davos, dove banchieri, industriali, politici, investitori si danno appuntamento ogni anno per discutere di scenari geopolitici e macroeconomici. Dall’instabilità in Medio Oriente all’intelligenza artificiale, dalla disinformazione alle sfide sanitarie, sono molteplici i talk, gli interventi, i pitch, i cocktail party animati da discussioni su questi temi. Il WEF è uno di quegli eventi dove non si fanno accordi o si siglano impegni. È un luogo dove di definiscono soprattutto narrative, priorità, visioni d’indirizzo per il potere economico globale.
Per questa ragione, da anni, agenzie ONU, imprenditori illuminati, attivisti cercano di tenere vivo il discorso sul cambiamento climatico e la policrisi ambientale. Anche quest’anno non è mancato il tentativo di preservare la transizione come uno dei temi di rilevante interesse all’interno del club dei super-potenti. Lo ha ribadito anche la survey annuale del Forum che ogni anno viene compilata da 1.500 dei suoi membri, sui rischi futuri a breve e lungo termine.
Se nei prossimi due anni il cambiamento climatico e gli impatti degli eventi meteo estremi condividono la pole position con l’inflazione, le tensioni geoeconomiche, la crisi di coesione e polarizzazione sociale, i rischi sul lungo termine sono interamente legati alla crisi climatica e della biodiversità, agli eventi naturali catastrofici, all’impossibilità di creare politiche di mitigazione e adattamento sufficienti a mantenere il mondo in rotta per ridurre le temperature entro 1,5°C.