L'industria del vino evolve, ascoltando le necessità della terra e dei consumatori. Queste le evidenze del gruppo Argea, che ha presentato il proprio bilancio di sostenibilità 2024 in cui mostra un approccio che abbraccia non solo il prodotto ma anche packaging, persone e governance aziendale.
Nato nel 2021, il gruppo rappresenta la sintesi di cultura vitivinicola, territorio, industria e finanza, con una missione chiara: promuovere e valorizzare il vino italiano nel mondo puntando su sostenibilità e responsabilità sociale. Nonostante le sfide legate ai dazi USA, “gli effetti non sono ancora visibili sulle esportazioni perché gran parte degli acquisti è stata effettuata prima della loro entrata in vigore. Per questo i dati restano positivi”, spiega Massimo Romani, CEO di Argea.
I principali attori della filiera, dalla grande distribuzione alla logistica ai produttori di materiali, si sono confrontati durante la conferenza stampa Habitat sulle opportunità dell’ecodesign e sulle sfide di un settore in rapida evoluzione. Uno sguardo viene rivolto anche alle nuove generazioni, con la proposta di una gamma no alcool composta da otto etichette, affiancate a quelle più tradizionali e prestigiose prodotte in tutta Italia.
Un vino in equilibrio con l’ecosistema
La parola chiave del report di sostenibilità è proprio “habitat”, intesa nella sua accezione latina come luogo in cui un essere vivente possa crescere, progredire e sentirsi al sicuro. “Creare un modello di business che sia in armonia con la sostenibilità non solo del ciclo produttivo del vino ma anche delle persone coinvolte in tutta la filiera”, spiega Michael Isnardi, QHSE & sustainability director.
Il gruppo si muove lungo quattro direttrici: filiera, direzione, terra e persone. Ogni azienda è chiamata a rispettare criteri condivisi di sostenibilità, in un patto che punta a creare sinergie oltre le certificazioni standard. I risultati sono concreti: l’86% dei fornitori di vino è oggi qualificato ESG (in crescita rispetto al 65% del 2023) e oltre il 60% del vino acquistato rientra nel Patto di sostenibilità della filiera, che coinvolge 26 cantine.
Sul fronte ambientale, Argea utilizza il 100% di energia elettrica da fonti rinnovabili, ha ridotto i consumi del 7,3% in un anno e ha aderito alla Science Based Targets Initiative delle Nazioni Unite per validare obiettivi di decarbonizzazione a breve termine e raggiungere il net zero entro il 2050. La sostenibilità riguarda anche le persone, infatti formazione e messa in sicurezza dei luoghi di lavoro hanno permesso di quasi dimezzare gli infortuni, con indici di frequenza e gravità al di sotto dei target (5,67 e Ig 0,21).
Anche il packaging, aspetto che in questa filiera occupa una sfera consistente, mostra progressi significativi: il 70% delle bottiglie, il 40% dei cartoni e il 50% dei tappi provengono da materiale riciclato. Con l’adozione dei nuovi standard europei ESRS, Argea si conferma inoltre tra le prime aziende vinicole italiane allineate alla CSRD.
Oltre al lavoro interno, l’azienda e gli attori del settore puntano a un obiettivo ancora più ambizioso: sensibilizzare il consumatore, affinché gli investimenti delle imprese in sostenibilità siano compresi e riconosciuti anche dal mercato, come ha sottolineato Daniele Colombo di Esselunga nel proprio intervento. Un invito ripreso anche da Alessandro Rossi, national category manager wine di Partesa, che ha sottolineato la necessità di avvicinarsi anche alle esigenze delle nuove generazioni capendone le preferenze e le necessità.
Agricoltura biosimbiotica, significato e applicazioni
Nel segno dell’ecodesign, Argea ha presentato il nuovo Gualdo di Poderi dal Nespoli: il primo vino dell’azienda certificato biosimbiotico, prodotto in 10.000 bottiglie. L’obiettivo è unire viticoltura rigenerativa, valorizzazione del territorio e packaging sostenibile. Capsula, tappo, etichetta e bottiglia sono stati progettati per ridurre al minimo l’impatto ambientale, con un alleggerimento del vetro del 16% rispetto agli standard e un potenziale risparmio annuo di oltre 460 tonnellate se applicato alle 7,7 milioni di bottiglie bordolesi utilizzate nel 2024 dal gruppo.
L’agricoltura biosimbiotica integra i princìpi del biologico con una pratica innovativa: l’inoculo nel terreno di microrganismi vivi, come micorrize e bioti microbici non OGM, che vivono in simbiosi con le radici della vite. Questo rafforza la pianta, migliora l’assorbimento dei nutrienti, incrementa la biodiversità del suolo e accresce la resistenza agli stress idrici e climatici.
Il progetto è stato selezionato come caso di studio in un progetto di ricerca di interesse nazionale (PRIN) guidato dall’Università di Chieti-Pescara, con l’obiettivo di misurare concretamente l’impatto dell’ecodesign sulla filiera vitivinicola. “Con l’agricoltura biosimbiotica Argea introduce in vigna un metodo innovativo che unisce i princìpi del biologico alla simbiosi naturale tra radici della vite e microrganismi del suolo”, ha concluso Scipione Giuliani, direttore acquisti vino & ops Romagna. “Grazie alle micorrize e ai complessi microbici, le piante sviluppano un apparato radicale più profondo e resistente, capace di assorbire meglio i nutrienti e di reagire a stress climatici e patogeni. È una pratica rigenerativa che non solo rafforza la vitalità del terreno, ma ci consente di valorizzare i territori e di offrire vini certificati biosimbiotici, dimostrando come sostenibilità, natura e innovazione possano andare di pari passo.”
In copertina: foto Argea