La prima Giornata mondiale dell’Habitat si è tenuta nel 1986 a Nairobi, un anno dopo la sua istituzione da parte delle Nazioni Unite. Fin dall’inizio, il suo obiettivo è stato chiaro: ricordare che ogni persona ha diritto a un’abitazione dignitosa e riflettere sullo stato delle nostre città. Da allora, ogni primo lunedì di ottobre, la ricorrenza si è trasformata in un’occasione per far luce sulle molteplici sfide dell’urbanizzazione, dalla sicurezza nelle città al ruolo delle donne nella governance urbana, fino all’accesso all’acqua e ai servizi igienico-sanitari.
Quest’anno, il World Habitat Day, che si celebra oggi, 6 ottobre, pone l’attenzione sulle crisi che attraversano e modellano i nostri centri urbani, dal cambiamento climatico alla perdita di biodiversità, fino ai conflitti. Tutti fenomeni intrecciati che incidono sulla qualità della vita e sulle disuguaglianze e che richiedono strategie e strumenti capaci di coniugare sviluppo e resilienza.
In questo contesto, 3Bee, la nature tech company che sviluppa tecnologie per la tutela della biodiversità, insieme a XNatura, la sua divisione di AI & IoT Nature Intelligence, ha condotto un’analisi approfondita sul patrimonio verde urbano di alcune delle principali città italiane. E come soluzione concreta alla crisi degli habitat propone i crediti di biodiversità, uno strumento che permette di mobilitare finanziamenti privati per investire nella rigenerazione della natura e dei territori.
Il verde urbano (che manca)
Lo studio si basa su un ecosistema tecnologico che combina analisi satellitari, intelligenza artificiale e reti di sensori IoT per raccogliere e interpretare dati ambientali in tempo reale. I risultati, però, raccontano una realtà preoccupante.
Milano risulta tra le città con la minore disponibilità di verde pro capite: circa 25 metri quadrati per abitante (l’equivalente dello spazio occupato da meno di tre posti auto) e una media di appena 1,28 piante per cittadino. Un dato che descrive una città dove la vegetazione fatica a trovare spazio, dove fatica a respirare fra i palazzi e dove quei pochi metri quadrati includono il verde pubblico, quello privato, i parchi e le aiuole. Seguono Napoli, con circa 37 metri quadrati di verde e 1,8 piante per abitante, e Torino, con 46 metri quadrati e poco più di due piante per persona. La situazione migliora a Bari, dove si raggiungono circa 60 metri quadrati e 3,5 piante pro capite, più del doppio rispetto alla capitale lombarda.
Come racconta Simone Mazzola, Chief Growth Officer di 3Bee e XNatura, “la nostra piattaforma di monitoraggio ambientale combina analisi satellitari, database pubblici, dati raccolti in campo da sensori e analisi di laboratorio con algoritmi di intelligenza artificiale per fornire dati accurati e aggiornati sulla natura e sulla biodiversità. Queste tecnologie ci permettono di processare grandi quantità di dati, rendendo possibile un monitoraggio costante e oggettivo degli impatti delle attività su natura, clima e biodiversità, fornendo alle pubbliche amministrazioni, ai privati cittadini, alle imprese, informazioni fondamentali per la pianificazione territoriale e la gestione della natura e della biodiversità".
A cosa servono i crediti di biodiversità
Tra gli strumenti emergenti della finanza climatica, i crediti di biodiversità stanno attirando crescente attenzione: un mercato ancora agli inizi, ma con il potenziale di mobilitare capitali privati, soprattutto aziendali, a favore della tutela della biodiversità e dei territori. Un meccanismo tanto utile quanto necessario: secondo il rapporto State of Finance for Nature dell’UNEP, nel 2022 gli investimenti in soluzioni basate sulla natura hanno raggiunto circa 200 miliardi di dollari, mentre i flussi verso attività che danneggiano l’ambiente sono stati oltre 30 volte superiori. Sempre l’UNEP stima che, da qui al 2050, serviranno 9,5 migliaia di miliardi di dollari per mantenere l’aumento della temperatura globale sotto i 2°C, stabilizzare i livelli di biodiversità e raggiungere la neutralità del degrado del suolo.
Per favorire la conservazione e il restauro della biodiversità e attrarre risorse private in questo ambito, a fine settembre è stato pubblicato lo standard UNI/PdR 179, una norma volontaria che definisce le regole per la generazione dei crediti di biodiversità, alla cui redazione ha contribuito anche 3Bee.
“Questo rappresenta un passo importante verso un'economia che riconosce e valorizza i servizi ecosistemici”, commenta Niccolò Calandri, CEO di 3Bee & XNatura. “Fornisce uno strumento concreto per chi vuole essere parte della soluzione. Permette di trasformare la biodiversità da costo a opportunità, da vincolo a valore e lo fa in modo rigoroso, scientifico, verificabile. Con i crediti di biodiversità, enti, istituzioni e aziende possono letteralmente adottare e proteggere un pezzo di territorio, vedendo in tempo reale l'aumento di biodiversità attraverso sensori e monitoraggio satellitare."
Alla base di meccanismi come i crediti di biodiversità ci devono essere i dati: raccolti, elaborati e analizzati per guidare le scelte di imprese, città e amministrazioni locali, impegnate a monitorare e gestire i rischi e gli impatti sulla natura, sulla biodiversità e sul clima. E, vista la complessità di misurare la biodiversità, questo permette anche di costruire un mercato dei crediti di biodiversità affidabile e trasparente, che tenga in considerazione le necessità del territorio e delle comunità locali.
In copertina: foto Unsplash
