Le battaglie legali contro l’amministrazione Trump sono appena iniziate. I beneficiari dei piani di investimenti sul clima, l’Inflation Reduction Act (IRA), e sulle infrastrutture sostengono che sia illegale congelare miliardi di dollari già approvati dal Congresso. 

Mentre il presidente degli Stati Uniti vuole “terminare” a tutti i costi il green deal americano fortemente voluto Joe Biden, le imprese, gli stati federali e le organizzazioni ambientaliste si oppongono con la giurisprudenza, in alcuni casi con successo.

La causa degli agricoltori 

Da gennaio il blocco dei fondi imposto dalle politiche antiambientaliste di Trump ha obbligato imprese e organizzazioni non profit − dall’agricoltura all’automotive elettrico fino alla conservazione ambientale − ad accantonare progetti spesso vitali per il loro sviluppo. 

Intervistato da Reuters, l’agricoltore biologico Powell-Palm, per esempio, contava su un finanziamento del dipartimento dell’agricoltura statunitense (USDA) di 648.000 dollari per costruire un mangimificio in Montana, un'àncora di salvezza economica per circa 150 coltivatori di cereali biologici della zona. Ora, senza questi soldi gli agricoltori delle aree rurali, in larga parte convinti sostenitori di Trump, dicono che non riusciranno a vendere molti prodotti Made in USA come Washington vorrebbe.

Imprese agricole e organizzazioni alimentari di tutto il paese stanno tagliando il personale a causa del blocco dei fondi stanziati dall’Inflation Reduction Act. Il 13 marzo alcuni agricoltori e organizzazioni non profit statunitensi hanno intentato una causa contro l’USDA, accusandola di trattenere illegalmente i finanziamenti destinati all’agricoltura. 

Cinque imprenditori si sono uniti al contenzioso perché temono che, dopo aver stipulato contratti con installatori di pannelli solari e sostenuto costi significativi, il denaro anticipato non sarà più recuperabile. Anche tre ONG hanno dovuto mettere in congedo e licenziare del personale a causa del blocco di Grant erogati dal servizio forestale.

"Questa non è efficienza del governo. È uno spreco sconsiderato che infligge un danno finanziario ingiustificato ai piccoli agricoltori e alle organizzazioni che cercano di migliorare le loro comunità", ha dichiarato Hana Vizcarra, avvocata di Earthjustice, organizzazione che rappresenta i querelanti. 

La sentenza della giudice obbliga all’erogazione dei fondi 

Il 13 marzo alcuni gruppi ambientalisti e non, tra cui il Woonasquatucket River Watershed Council, National Council of Nonprofits, Eastern Rhode Island Conservation District e il Green Infrastructure Center hanno fatto causa all’amministrazione Trump, inserendo nel procedimento anche i fondi congelati dell’Infrastructure Investment and Jobs Act, un programma da 500 miliardi di dollari dedicato allo sviluppo di infrastrutture stradali e trasporti. 

La causa cita come imputati i dipartimenti dell'agricoltura, dell'energia, degli interni, dell'edilizia abitativa, quello incaricato di gestire il budget nazionale e l’EPA, l’Agenzia per la protezione ambientale. I querelanti sostengono che il blocco dei finanziamenti decretato dall’ordine esecutivo Unleashing American Energy sia illegale e abbia messo a repentaglio progetti climatici e infrastrutturali di interesse nazionale, inclusi i programmi per la protezione degli alberi secolari e il monitoraggio delle specie che possono infestarli e ucciderli.

Dopo poco più di un mese, la giudice federale Mary McElroy del distretto di Rhode Island, nominata da Trump durante il suo primo mandato, ha emesso un'ingiunzione temporanea che ordina alle cinque agenzie governative di rilasciare immediatamente i fondi mentre la causa prosegue.

Skye Perryman, presidente di Democracy Forward, un gruppo legale che rappresenta le organizzazioni non profit, ha descritto il blocco dei finanziamenti come "un altro abuso del potere esecutivo che ha già danneggiato le comunità di tutto il paese. La sentenza segna una vittoria cruciale per lo stato di diritto e garantisce che queste risorse vitali affluiranno alle persone e ai progetti che il Congresso intendeva sostenere", ha dichiarato Perryman. 

“Le agenzie non hanno autorità illimitata per promuovere il programma di un presidente, né hanno il potere illimitato di ostacolare in perpetuo due statuti approvati dal Congresso durante la precedente amministrazione”, ha scritto la giudice McElroy nell’ingiunzione. 

Secondo Amy Turner del Sabin Center for Climate Change Law della Columbia, i fondi hanno iniziato ad arrivare dopo l’ingiunzione, almeno ad alcuni beneficiari, ma non è detto che tutte le agenzie governative rilascino tutti i soldi promessi. 

L’amministrazione Trump ha già mostrato una scarsa propensione a rispettare gli ordini dei tribunali. Basti pensare al caso di Kilmar Abrego Garcia, un uomo del Maryland ingiustamente espulso dal paese perché erroneamente collegato alla gang criminale salvadoregna MS-13. Nonostante la Corte suprema degli Stati Uniti abbia stabilito che si tratta di uno sbaglio e che il governo dovrebbe "facilitare" il ritorno negli USA di Abrego Garcia, Trump ha dichiarato che non lo riporterà in Maryland.

La causa per i fondi sulle stazioni di ricarica dei veicoli elettrici

I contenziosi aperti non riguardano comunque solo aziende e associazioni ambientaliste. Il 7 maggio, 17 stati, tra cui California, New York, Colorado e Washington, hanno fatto causa all’amministrazione Trump per aver bloccato fondi pari a 3 miliardi di dollari dedicati all’installazione di punti di ricarica per veicoli elettrici. Parte del National Electric Vehicle Infrastructure Fund, il progetto lanciato nel 2022 punta a realizzare migliaia di infrastrutture di ricarica.

Il governatore della California Gavin Newsom lo ha definito “un altro regalo alla Cina”, riferendosi al dominio di Pechino nell’automotive elettrico. Anche il mondo delle imprese ha chiesto spiegazioni al Dipartimento dei trasporti, che secondo gli stati querelanti non ha l’autorità di fare ostruzionismo politico su fondi già approvati dal Congresso.

 

In copertina: Foto ufficiale della Casa Bianca, Molly Riley via Flickr