Il 21 maggio 2024 il Tribunale internazionale per il diritto del mare (ITLOS) ha emesso un parere consultivo che potrebbe essere essenziale per la lotta al cambiamento climatico, riconoscendo l’obbligo dei paesi di ridurre le proprie emissioni di gas serra per proteggere l’oceano. Per adempiere ai propri doveri legali di protezione dell’ambiente marino, infatti, gli stati potrebbero vedersi obbligati a mettere in atto azioni di mitigazione che vadano al di là di quanto previsto dall’Accordo di Parigi sul clima.

Inoltre, secondo l’ITLOS, i paesi con la maggiore responsabilità storica per la crisi climatica devono farsi avanti e fare di più per affrontare l'inquinamento da emissioni di gas serra rispetto agli stati con un'impronta più piccola.

Cos'è il Tribunale internazionale per il diritto del mare (e perché ha espresso questo parere)

Il Tribunale internazionale per il diritto del mare è stato istituito nel 1982 dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS) e ha sede ad Amburgo, in Germania. L’ITLOS è un organo giudiziario indipendente che può esprimersi su tutte le controversie relative a delimitazione delle zone marittime, navigazione, conservazione e gestione delle risorse biologiche del mare, protezione e preservazione dell'ambiente marino e ricerca scientifica marina.

Nel dicembre 2022 la Commissione dei piccoli stati insulari sui cambiamenti climatici e il diritto internazionale (COSIS), aveva fatto una richiesta legale all’ITLOS per ottenere un parere che definisse gli obblighi derivanti dal diritto internazionale che gli stati hanno di proteggere l'ambiente marino dai danni del clima.

Il COSIS è un gruppo di nove nazioni insulari dei Caraibi e del Pacifico, guidate da Antigua e Barbuda e Tuvalu, che sono particolarmente vulnerabili ai danni del clima e frustrate dai risultati insufficienti ottenuti in quasi 30 anni di negoziati internazionali sul clima nell’ambito della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC).

“La fondazione di un nuovo diritto internazionale”

"Il parere dell'ITLOS informerà il nostro futuro lavoro legale e diplomatico per porre fine all'inazione che ci ha portato sull'orlo di un disastro irreversibile", ha dichiarato in un comunicato stampa di COSIS Gaston Browne, primo ministro di Antigua e Barbuda commentando il parere consultivo di ITLOS. “L'ITLOS ha compiuto un primo passo fondamentale per riconoscere che ciò per cui le piccole nazioni insulari si battono da decenni nei negoziati della COP è già parte del diritto internazionale”, ha aggiunto nello stesso docuemnto Payam Akhavan, professore di diritto internazionale all’Università di Toronto e rappresentante legale di COSIS.

Marta Torre-Shaub, avvocata, direttrice di ricerca presso il Centre National Recherche Scientifique (CNRS, in Francia) e specialista in diritto ambientale e cambiamenti climatici ha scritto, in un’analisi preliminare, che il parere dell’ITLOS “può già essere considerato come la fondazione di un nuovo diritto internazionale” essendo il primo parere che si esprime sugli obblighi degli stati ai sensi della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del mare (UNCLOS) per combattere l'inquinamento prodotto dalle emissioni di gas a effetto serra che causano o aggravano il cambiamento climatico.

Secondo Torre-Shaub e colleghi, vari elementi sono degni di nota nel parere di ITLOS. Innanzi tutto, il tribunale ritiene di essere competente a emettere il proprio parere e ritiene che siano applicabili diversi strumenti di diritto internazionale, non solo i trattati sul cambiamento climatico. Inoltre l’ITLOS ha sottolineato che lo stato delle conoscenze scientifiche è essenziale e presuppone una guida per regolare il comportamento degli attori privati e pubblici (compresi i rapporti dell'IPCC) e ha ribadito che le emissioni di gas a effetto serra sono considerate come sostanze inquinanti ai sensi dell’UNCLOS.

Sempre secondo Torre-Shaub, dal parere dell’ITLOS derivano almeno 15 obblighi per gli stati, tra cui quello di una “due diligence” rigorosa, che la Corte definisce in modo molto preciso. In particolare, uno di questi obblighi è il principio di precauzione perché il rischio riconosciuto è grave e irreversibile. Inoltre, gli obblighi di monitoraggio, controllo e valutazione devono essere continui e basati su un approccio ecosistemico.

Proteggere l’oceano è proteggere il clima

"Il parere del Tribunale è particolarmente rilevante per l'attuazione del diritto umano a un ambiente pulito, sano e sostenibile. In particolare, il Tribunale sottolinea l'approccio precauzionale e quello ecosistemico nel contesto degli obblighi degli stati di condurre valutazioni ambientali e socio-economiche di qualsiasi attività che possa causare inquinamento marino legato ai cambiamenti climatici." A dichiararlo in un comunicato stampa sono stati Elisa Morgera, relatrice speciale sulla promozione e la protezione dei diritti umani nel contesto del cambiamento climatico, Astrid Puentes, relatrice speciale sul diritto umano a un ambiente pulito, sano e sostenibile, e Marcos A. Orellana, relatore speciale sulle implicazioni per i diritti umani della gestione e dello smaltimento ecologicamente corretto di sostanze e rifiuti pericolosi.

Dobbiamo proteggere l'oceano perché l'oceano ci protegge è uno dei motti dell'iniziativa #LetsBeNicetotheOcean e il sostegno dell'ITLOS può davvero fare la differenza”, ha detto a Materia Rinnovabile Remi Parmentier, direttore della società di consulenza Varda Group, che coordina l'iniziativa Let's Be Nice to the Ocean in vista della terza Conferenza delle Nazioni Unite sugli oceani che si terrà a Nizza, in Francia, a giugno 2025. “Assorbendo circa il 90% del calore in eccesso che produciamo e il 25% della CO2 che immettiamo nell'atmosfera, l'oceano è un cuscinetto critico contro il cambiamento climatico, ma lo stiamo rapidamente distruggendo.”

Tramite il coinvolgimento della società civile, l’iniziativa vuole incoraggiare i governi a prendere misure che facciano sì che la protezione dell’oceano sia la norma invece che l’eccezione. Una delle loro proposte è quella del principio di precauzione, ovvero un cambiamento di paradigma attraverso il quale l'onere della prova non è posto su coloro che cercano misure di conservazione e gestione sostenibile, ma piuttosto su coloro che desiderano perseguire attività estrattive o inquinanti.

Ai tribunali nazionali e internazionali viene chiesto sempre più spesso di definire l'esatta natura degli obblighi degli stati per prevenire i cambiamenti climatici. Il numero di cause giudiziarie è più che raddoppiato in cinque anni a livello globale, passando da 884 nel 2017 a 2.180 nel 2022. A dirlo è il rapporto Global Climate Litigation Report: 2023 Status Review, pubblicato nel luglio del 2023 dal Programma delle Nazioni Unite per l'Ambiente (UNEP). Nel 2021, anche in Italia c’è stata la prima causa legale contro lo stato italiano per inadempienza climatica.

“Il parere del Tribunale non è vincolante, ma esprime una valutazione giuridica molto autorevole che non potrà essere ignorata”, ha detto a Materia Rinnovabile Luca Saltalamacchia, avvocato specializzato in diritti umani e cambiamento climatico. Con l’aumentare dei danni legati alla crisi climatica, che si ripercuotono più pesantemente sulle persone più vulnerabili, è probabile che i tribunali prendano sempre più in considerazione i risultati dei pareri consultivi. Il parere consultivo dell’ITLOS potrebbe dunque essere essenziale per la lotta al cambiamento climatico.

 

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Immagine: David Courbit, Unsplash

 

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