Se sull’economia circolare l’Europa vuole fare veramente sul serio, c’è urgentemente bisogno di adottare politiche più incisive e di passare dalle parole ai fatti. Questo è il monito dell’Agenzia europea dell’ambiente (EEA) che nel suo rapporto Accelerare l’economia circolare in Europa: stato e prospettive 2024, pubblicato il 21 marzo, invoca “azioni audaci”, una “solida attuazione delle misure esistenti” approvate nell’ultimo quinquennio e “un’iniziativa decisiva per ridurre drasticamente i rifiuti, dare priorità alla riduzione dell'uso di risorse, migliorare i tassi di riciclaggio e favorire l'introduzione di prodotti progettati fin dall'inizio per la circolarità”.

Il passaggio dagli attuali modelli di produzione e modelli di consumo lineari a un’economia circolare, dice il rapporto, è stabilita nel Piano d’azione per l’economia circolare, un caposaldo del Green Deal europeo. E non è un caso che con l’approvazione di molte misure e con la generale tendenza di aziende e consumatori a scegliere la strada della sostenibilità siano aumentati i tassi di riciclaggio e stia affacciandosi un’economia basata sul recupero, la condivisione e i modelli di business circolari. Qualche progresso si vede, ma la verità è che il tasso di circolarità, che si è attestato all’11,5% nel 2022, è sostanzialmente stazionario dal 2012-2013.

Con questi dati, la possibilità di riuscire a raggiungere l’obiettivo, cioè raddoppiare il tasso di circolarità entro il 2030, ammette il rapporto, è pressoché utopistica. Sembrano lontani gli obiettivi anche per quanto riguarda gestione e riciclaggio dei rifiuti, sottolinea l’Agenzia, il cui tasso di recupero non ha registrato incrementi rilevanti negli ultimi anni (l'UE ha fissato l'obiettivo vincolante di riciclaggio dei rifiuti urbani del 60% entro il 2030).

Economia circolare, una questione di sicurezza e indipendenza

È vero che l’Europa consuma una percentuale maggiore di materiali riciclati rispetto ad altre regioni del mondo, ma i numeri dicono che la dipendenza dell'Europa dalle risorse naturali per fornire materiali, cibo e combustibili ‒ che ha significativi impatti ambientali e climatici ‒ continua a essere massiccia. L’Unione consuma immense quantità di risorse per fornire beni e servizi ai cittadini europei ed esportare: ogni anno vengono adoperati più di 8 milioni di tonnellate di materiali, di cui il 68% proviene da risorse estratte nel territorio dell’UE.

Va detto che dopo forti aumenti del consumo di risorse in passato, questa tendenza si è stabilizzata negli ultimi anni, secondo il rapporto, e c’è stato un discreto “decoupling” (disaccoppiamento) tra consumo totale di materiali e crescita economica, considerando che tra il 2000 e il 2022 il consumo di risorse è sceso del 2%, mentre il PIL dell’Unione è cresciuto del 31%. Ma non è sufficiente.

Insomma, i progressi nell’Unione Europea sono stati troppo lenti. E questa fame di risorse, oltre a creare gravi conseguenze sul Pianeta, mette in pericolo l’Europa, per la dipendenza da importazioni globali per l'approvvigionamento di alcune materie prime critiche, minerali metallici e combustibili fossili, in un contesto geopolitico sempre più difficile.

Le soluzioni possibili

Bisogna certo considerare che tante delle normative che riguardano la circolarità sono ancora relativamente recenti, mentre altre non sono state ancora pienamente attuate a livello nazionale. In generale, è inoltre ragionevole considerare che l’impatto di queste misure richiede tempo per poter essere visibile e generare profondi cambiamenti nei modelli di business, di consumo e di utilizzo delle risorse. Tuttavia, oltre all’attuazione delle politiche esistenti, si può fare di più, dice l’EEA nel rapporto.

E dunque? Il primo passo suggerito ‒ non si sa quanto praticabile, con il quadro politico e di governo dell’Unione che emergerà dalle prossime elezioni europee ‒ è quello di approvare norme “ancora più vincolanti e orientate agli obiettivi per accelerare l'adozione di un'economia rigenerativa in Europa”. Per esempio, puntando a riciclaggio e recupero di qualità superiore, in cui i materiali mantengano la propria funzione e il proprio valore originali il più a lungo possibile. Questo anche per promuovere l'indipendenza delle risorse dell'UE e ridurne le importazioni, dunque anche incentivando l’uso di materiali riciclati e favorendone la penetrazione per quanto riguarda gli approvvigionamenti.

Poi, occorre implementare principi di ecodesign, aumentare la circolarità massimizzando l'uso e la durata dei prodotti attraverso il riutilizzo, la riparazione e la rimanifatturazione. Naturalmente, infine, resta necessario ridurre il consumo di prodotti insostenibili e incoraggiare comportamenti più consapevoli da parte dei consumatori. Questo spingendo sul pedale della giustizia sociale, cioè valutando sempre con attenzione come le trasformazioni ecologiche impattano sui redditi più bassi.

 

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Immagine: la sede dell’Agenzia europea per l’ambiente © EEA

 

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