I negoziati che si tengono alla COP28 interessano tutti, eppure non tutti ne padroneggiano il linguaggio specifico. Materia Rinnovabile è a Dubai fino alla fine per seguire ogni sviluppo con analisi, interviste e approfondimenti, e ha deciso di rendere questi contenuti ancora più accessibili facendo un po’ di chiarezza sui concetti più discussi. Vediamo quindi qualche definizione e spiegazione della terminologia della diplomazia climatica, usata alla COP28 ma che diventerà sempre di più attuale.

 

COP

COP è l'acronimo di Conference of Parties (Conferenza delle parti), la riunione dei Paesi che hanno ratificato la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC) e che si tiene ogni anno per fare il punto della situazione climatica globale, valutare gli impegni presi e rispettati (o no) dalle parti e stabilire una direzione comune per affrontare i cambiamenti climatici.

UNFCCC

La UNFCCC (United Nations Framework Convention on Climate Change) è la Convenzione quadro sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite. Approvata nel 1992 nell’ambito della Conferenza sull’ambiente e sullo sviluppo delle Nazioni Unite di Rio de Janeiro (spesso chiamata anche Summit della Terra), è entrata in vigore nel 1994 e ratificata nel tempo da 195 Paesi. La UNFCCC ha contribuito in modo decisivo al riconoscimento del problema del cambiamento climatico e della responsabilità delle azioni antropiche a riguardo. La UNFCCC prevede inoltre, fra le altre iniziative, una struttura di supporto finanziario ai Paesi in via di sviluppo per affrontare le conseguenze del cambiamento climatico.

Green Climate Fund

Il Green Climate Fund (GCF, Fondo verde per il clima) è stato istituito nel 2010 come parte del meccanismo finanziario della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), che è il principale accordo internazionale sull'azione per il clima. È attualmente il più grande fondo multilaterale al mondo dedicato al clima e ha l’obiettivo di aiutare i Paesi in via di sviluppo a ridurre le emissioni di gas serra e attuare politiche di mitigazione e adattamento. L’innovazione del Fondo è di utilizzare i finanziamenti pubblici per stimolare anche quelli privati. Tutti i Paesi in via di sviluppo che hanno ratificato la Convenzione possono ricevere i finanziamenti del Fondo.

Loss and Damage Fund

Il Loss and Damage Fund (Fondo per le perdite e i danni) è stato reso operativo proprio alla COP28 dopo trent’anni di trattative. L’idea alla base è che gli Stati più vulnerabili vengano risarciti dagli Stati più ricchi per i danni subiti dai cambiamenti climatici, provocati, appunto, dai Paesi più industrializzati. L’adesione al Fondo è su base volontaria, quindi ogni Paese può decidere se finanziarlo e con quanti capitali. Tutti i Paese in via di sviluppo, invece, potrà accedervi facendone richiesta.

Finanza climatica

Pur non esistendo una definizione univoca, si può intendere la finanza climatica come ogni tipologia di azione finanziaria che ha l’obiettivo di sovvenzionare azioni utili per affrontare i cambiamenti climatici, prevenirne o gestirne i danni, ridurre le emissioni di gas serra. I finanziamenti possono arrivare da enti pubblici o privati, con applicazioni a livello locale o globale. 

Accordo di Parigi

L’Accordo di Parigi si chiama così perché sottoscritto da 196 Paesi (tra cui tutti gli Stati membri UE) alla COP21 di Parigi del 2015. Diventato operativo nel 2016, ha l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale tramite azioni diversificate. Il primo target è mantenere l'aumento della temperatura media globale al di sotto dei 2°C rispetto ai livelli preindustriali (cioè prima del 1870) con sforzi particolari per limitarlo a 1,5°C. I Paesi aderenti devono avere e seguire dei piani d’azione nazionali in materia di clima (chiamati contributi determinati a livello nazionale, NDC) al fine di ridurre le rispettive emissioni. Nell’Accordo di Parigi rientra anche la solidarietà tra Stati, che vede i più ricchi sostenere finanziariamente quelli in via di sviluppo nel ridurre le emissioni e diventare più resilienti agli effetti dei cambiamenti climatici.

NDC

Gli NDC (Nationally Determined Contributions) sono i Contributi determinati a livello nazionale (anche chiamati INDC, da Intended Nationally Determined Contributions), cioè i piani nazionali non vincolanti con cui ogni Paese comunica le azioni che ha intenzione di intraprendere per affrontare il cambiamento climatico. Comprendono in particolare gli obiettivi in tema di riduzione di emissioni di gas serra per limitare l’innalzamento della temperatura globale in base all’Accordo di Parigi. I Paesi, una volta comunicato il primo NDC, devono poi aggiornarlo ogni 5 anni (il prossimo aggiornamento sarà entro il 2025), rendendolo progressivamente più ambizioso e mantenendosi trasparenti nella pubblicazione degli obiettivi raggiunti e di quanto ancora hanno da fare. Questi documenti vengono raccolti dall’UNFCCC.

Global Stocktake

Il Global Stocktake (che letteralmente significa “inventario globale”, cioè bilancio globale) è il principale strumento predisposto dall’Accordo di Parigi per monitorarne la realizzazione. Il suo scopo è quindi valutare i progressi in tema di risposta al cambiamento climatico, facendo il punto della situazione e dando indicazioni per aggiornare gli NDC. È un elemento centrale nei negoziati di COP28, per indirizzare la prossima generazione di NDC.

Net Zero Emissions

Con Net Zero Emissions (emissioni nette zero) si intende l’equilibrio tra la quantità di gas a effetto serra (GHG) rilasciati nell'atmosfera e la quantità di gas a effetto serra rimossi dall’atmosfera. L’obiettivo Net Zero è stato fissato con l’Accordo di Parigi, che ha stabilito che, per non superare di 1,5°C l’aumento del riscaldamento globale, è necessario raggiungerlo entro il 2050. Per farlo è necessario che individui, enti pubblici e aziende riducano, eliminino o compensino le proprie emissioni di anidride carbonica.

Mitigazione e adattamento

Mitigare significa rendere meno gravi gli effetti del cambiamento climatico prevenendo o diminuendo le emissioni di gas a effetto serra (GES) nell’atmosfera. La mitigazione è per gli scienziati una misura essenziale, che attualmente prevede due azioni principali: ridurre le fonti che emettono gas a effetto serra (per esempio usando più energie rinnovabili al posto di energie da combustibili fossili) e rafforzare e proteggere i pozzi di assorbimento (oceani, foreste, suolo) che accumulano e immagazzinano questi gas.

Adattamento significa invece adeguarsi agli effetti inevitabili dei cambiamenti climatici, cioè quelli già in atto o previsti con certezza. L’obiettivo è limitare e ridurre al minimo i danni che ne derivano, con misure di prevenzione su ampia scala. Esempi pratici possono essere la costruzione di infrastrutture di difesa dall’innalzamento dei mari, lo studio di sistemi agricoli resistenti alla siccità o la ristrutturazione degli edifici per renderli meno vulnerabili alle temperature estreme.

Carbon Capture and Storage

Con Carbon Capture and Storage (CCS) ci si riferisce a cattura e stoccaggio delle emissioni di anidride carbonica (CO₂) provenienti da processi industriali. La CCS prevede tre fasi: cattura, trasporto e stoccaggio dell’anidride carbonica che, con l’ultima fase, viene iniettata in formazioni rocciose in profondità per lo stoccaggio permanente, in falde acquifere saline o in giacimenti di petrolio e gas esauriti. Esiste poi la CCU, cioè la Carbon Capture Utilisation, ovvero il riutilizzo del carbonio catturato in processi industriali. La Carbon Capture and Storage è indispensabile per raggiungere il Net Zero ma è anche un set di tecnologie complesse e controverse. Le aree di applicazione sono infatti due: la produzione di elettricità da fonti fossili e i settori industriali hard-to-abate, dove non sempre è possibile ridurre a zero le emissioni. Per questo, uno punti più caldi del negoziato a COP28 è legato alla dicitura di “phase out” delle fonti fossili “unabated”, ovvero quelle che non usano tecnologie per riduzione o cattura delle emissioni.

Phase out, phase down, unabated

Phase down e phase out sono due verbi che nel contesto della COP28 (e climatico in generale) vengono usati in relazione all’uso dei combustibili fossili (carbone, petrolio e gas naturale) a cui si deve la maggior parte delle emissioni di gas serra che causano il cambiamento climatico. Phase down significa “riduzione graduale” dell’uso dei combustibili fossili, mentre phase out significa “eliminazione graduale” dell’uso dei combustibili fossili. Non tutti gli Stati sono pronti o favorevoli al phase out, soprattutto quelli le cui economie dipendono dai combustibili fossili.

Per questo un tema dei negoziati è la ricerca di compromessi a riguardo, come, per esempio, il phase out dei combustibili fossili solo se unabated. Vengono definiti combustibili fossili unabated (letteralmente “combustibili fossili non abbattuti”) quelli le cui emissioni di carbonio non sono abbattute attraverso impianti di CCS o CCU, cioè lavorati in impianti che non dispongono di sistemi di cattura e stoccaggio, o cattura e utilizzo, di anidride carbonica.

 

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Immagine: Amer Mughawis, Unsplash