È il fiore all’occhiello di Lula, la sua eredità politica per l’Amazzonia. Parliamo del primo mega fondo per le foreste mai creato, superiore a qualsiasi altra iniziativa precedente, incluso il meccanismo basato sui crediti di carbonio REDD+. Il suo fondamento, la Tropical Forest Forever Facility (TFFF), è stato lanciato in occasione del Vertice dei leader della COP30 il 6 novembre a Belem.
Gestito dalla Banca Mondiale, questo fondo, fortemente voluto da Lula – e nato come idea ben quindici anni fa – ha l’obiettivo di raccogliere e investire fino a 125 miliardi di dollari provenienti da fonti pubbliche, private e filantropiche, destinando i rendimenti a circa 74 paesi in via di sviluppo che dovranno gestire adeguatamente le proprie foreste, fermando incendi e deforestazione.
Di fatto sarà uno dei più grandi fondi di investimento multilaterali per la natura. Per il presidente Lula “il Fondo per la conservazione delle foreste tropicali che lanciamo oggi è un'iniziativa senza precedenti. Per la prima volta nella storia, i paesi del Sud del mondo assumeranno un ruolo di primo piano nell'agenda forestale”.
Il progetto al momento ha ricevuto già il supporto di 53 paesi, tra cui 19 fondi sovrani, segnale di una nuova era di collaborazione globale tra investimenti pubblici e privati. La Norvegia ha stanziato 3 miliardi di dollari per i prossimi dieci anni a determinate condizioni, il Brasile e l'Indonesia hanno riconfermato i propri impegni per 1 miliardo di dollari, il Portogallo ha impegnato un simbolico milione di dollari, la Francia ha indicato che, a determinate condizioni, prenderà in considerazione un impegno di un massimo di 500 milioni di euro fino al 2030, i Paesi Bassi hanno impegnato 5 milioni di dollari, la Germania annuncerà in settimana l’impegno da intraprendere.
Il mondo della società civile guarda al TFFF con un misto di approvazione e cautela. Per Carolina Pasquali, Executive Director di Greenpeace Brasile, “il lancio del Tropical Forest Forever Facility rappresenta una tappa fondamentale per la protezione delle foreste tropicali mondiali. Il meccanismo può e deve essere migliorato per colmare alcune lacune, ma è comunque un passo nella giusta direzione poiché valorizza le foreste esistenti e garantisce l'accesso diretto alle risorse alle popolazioni indigene e alle comunità locali. Poiché i tassi di deforestazione in Amazzonia continuano a diminuire – dell'11% rispetto al periodo precedente e del 50% rispetto al 2022 – il Brasile si trova in una posizione unica per sfruttare lo slancio e aprire la strada alle parti della COP30 affinché elaborino un piano d'azione globale per porre fine alla deforestazione e al degrado forestale entro il 2030”.
Come funziona il Tropical Forest Forever Facility Fund
Il TFFF Fund è suddiviso in due entità, con un segretariato che coordina le rispettive attività. La Facility è la prima, con il compito di istituire il sistema di ricompense derivate dai profitti delle obbligazioni, i criteri di ammissibilità dei progetti da finanziare, le metodologie di monitoraggio e le regole di erogazione, nonché la gestione dei rapporti e la rendicontazione con i paesi beneficiari partecipanti. L'altro è il principale braccio finanziario del TFFF, il Fondo di investimento per le foreste tropicali (TFIF), responsabile dell'emissione di obbligazioni e della gestione delle risorse finanziarie erogate da fondi sovrani, organizzazioni filantropiche e fondi privati.
I principali beneficiari saranno Brasile, Colombia, Repubblica Democratica del Congo, Ghana, Indonesia e Malesia, i quali sono una parte importante del comitato direttivo provvisorio per definire lo sviluppo del TFFF. Secondo Il ministro delle finanze brasiliano Fernando Haddad, “il fondo potrebbe raccogliere 10 miliardi di dollari già entro il prossimo anno", anche se, ricorda la testata Carbon Brief, sarebbe meno della metà dell'obiettivo iniziale.
Proteggere l’Amazzonia, una sfida insormontabile?
La sfida non è però banale, anche con miliardi di euro a disposizione (ammesso che si riescano a raccogliere). “Per fermare la distruzione della foresta amazzonica serve un approccio davvero integrato, che arrivi anche a includere forze di polizia ed esercito, per controllare milizie paramilitari, criminalità organizzata, imprenditori fuori dalla legalità”, spiega Pietro Graziani, coordinatore tecnico di AICS per il Programma regionale AMAZON+ finanziato dall’Unione Europea. La situazione in Amazzonia come in altre foreste pluviali è fuori controllo: “Dal taglio del legname illegale al traffico di specie, dalla deforestazione per fare spazio alla cultura della coca o della soia alle miniere informali di oro, in molte aree non esiste lo stato di diritto”, continua l’esperto. Una situazione dannosa non solo per l’ambiente ma anche per milioni di persone delle comunità locali e indigene che abitano l’Amazzonia. “Ci sono gli impatti sulla salute derivati dagli incendi, ma anche quelli legati alle miniere illegali, in particolare dell’oro, responsabili per la contaminazione da mercurio delle acque fluviali”, illustra Graziani.
C’è poi il grande tema della corruzione, secondo numerosi report di Amnesty International o Environmental Law Institute, che descrivono come le reti criminali foraggiano polizia ed esercito o le agenzie ambientali per eludere i controlli e reclutare i giovani delle popolazioni locali. Certo non mancano iniziative di lotta alla criminalità internazionale come Project LEAP (Law Enforcement Assistance Programme to Reduce Tropical Deforestation), un’iniziativa, realizzata da UNODC e INTERPOL, che integra gli sforzi globali per combattere la deforestazione illegale. Oppure i programmi COPOLAD contro il narcotraffico e il programma El PACTO contro i crimini (anche ambientali), ambedue finanziati dalla Unione Europea.
Ma le dimensioni e la complessità dell’area amazzonica, e di tutte le grandi aree delle foreste pluviali (si pensi alla giungla del Congo), rendono veramente difficile un’azione capillare. “In uno studio recente abbiamo visto come, quando si intraprende un’azione di controllo della deforestazione, questa semplicemente si sposta in un’altra area o in un altro paese, a causa del fenomeno della migrazione transfrontaliera della deforestazione. È come un palloncino pieno d’acqua, tu schiacci e si sposta da un’altra parte”, continua Graziani.
Riusciranno i fondi ingenti del TFFF a fermare deforestazione e incendi, senza che vadano a foraggiare criminalità o attività illecite, sostenendo invece progetti virtuosi di cooperazione, di comunità indigene e della vivace comunità di ONG e attivisti ambientali dei paesi del bacino amazzonico? Una parte del successo dell’accordo di Parigi passerà proprio attraverso la lotta alla criminalità e la messa in sicurezza delle aree in mano a narcos e paramilitari.
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In copertina: Lula, foto di Rafa Neddermeyer/COP30 Brasil Amazônia/PR
