La vela è uno sport che mette l’essere umano faccia a faccia con la forza e l’imprevedibilità del mare. Per affrontare l’oceano non bastano l’intelletto, la potenza fisica o la tecnologia: servono comprensione e, soprattutto, rispetto. Ma i mari che oggi accolgono queste regate sono profondamente diversi da quelli di qualche decennio fa: l’impatto umano sta modificando gli ecosistemi marini a una velocità senza precedenti.
È in questo contesto che si inserisce The Ocean Race. Nata in Inghilterra nel 1973, è diventata l’evento simbolo della vela oceanica per team, trasformandosi nel tempo in una piattaforma di sensibilizzazione sul cambiamento climatico e in uno strumento concreto per la ricerca. Oggi, The Ocean Race si propone non soltanto come la più iconica regata oceanica per team, ma anche come un evento che unisce sport, scienza e sensibilizzazione.
The Ocean Race Europe, una gara per il futuro
Nel 2025 si svolge la seconda edizione di The Ocean Race Europe, partita da Kiel, in Germania, il 10 agosto. La regata europea non è solo una sfida agonistica di altissimo livello, ma anche un laboratorio scientifico e un progetto educativo, che coinvolge le istituzioni locali e organizza degli Ocean Summit con l’obiettivo di stimolare un cambiamento culturale e politico a favore degli oceani.
A Genova, in occasione dell’ultima tappa di questa regata, Materia Rinnovabile ha incontrato Thomas Jota, marketing manager di Helly Hansen, brand di abbigliamento tecnico outdoor e main sponsor della competizione. “Essere partner di uno sport globale e di primo piano come The Ocean Race è per noi una naturale affinità”, ha commentato Jota. “Condividiamo valori e passioni, e questa collaborazione rappresenta l’impegno comune per la sostenibilità e la salute delle persone. Entrambi siamo infatti dedicati a rendere possibile per tutti esperienze autentiche di vita e benessere attraverso il potere della natura.” In questo senso, la collaborazione tra Helly Hansen e The Ocean Race Europe rafforza il legame tra innovazione, sostenibilità e sport, trasformando una storica competizione velica in un laboratorio globale per la tutela degli oceani.
E infatti ogni barca in gara porta a bordo strumenti scientifici che raccolgono dati sullo stato degli oceani in aree spesso remote e difficilmente accessibili. I kit comprendono sistemi di rilevamento della temperatura e della salinità, strumenti per l’analisi delle microplastiche, kit per la raccolta di DNA ambientale e apparecchi di analisi foto-ottica delle acque. In questo modo, le squadre contribuiscono a un monitoraggio diffuso e collaborano con istituti scientifici internazionali per comprendere meglio la salute dei mari.
Voci dal mare: l’impegno personale degli skipper
La tutela ambientale non è solo un messaggio ufficiale della regata, ma un impegno vissuto in prima persona da chi il mare lo naviga ogni giorno. “Il lavoro di ricerca che facciamo unisce tutti gli equipaggi, abbiamo sponsor diversi, diversi punti di vista ma lavoriamo tutti per la stessa causa”, ci racconta Alan Roura, skipper del team svizzero-saudita Amaala, che indossa proprio Helly Hansen e a soli trent’anni ha già trascorso più tempo in mare che a terra.
Roura nota ogni giorno le conseguenze tangibili del cambiamento climatico: "Il Mediterraneo è ormai una pattumiera”, ci dice. Un’affermazione dura, ma purtroppo fondata. Tuttavia, non esiste solo il problema della diffusione delle microplastiche, rilevate dai kit di ricerca. C’è anche l’alterazione delle rotte marine degli animali. Ma ancora più in mutamento sono le condizioni metereologiche, che un tempo erano costanti: in passato, infatti, si potevano usare gli atlanti per pianificare in sicurezza le rotte, che invece oggi sono in continuo mutamento e imprevedibili, come conferma la britannica Pip Hare.
Hare è CEO e skipper del team canadese Canada Ocean Racing – Be Water Positive Sailing, e ci racconta come vede nella regata un’occasione per diffondere un messaggio più ampio: “The Ocean Race spinge fortemente il tema della sostenibilità e da lì è nata l’idea di promuovere il concetto di Be Water Positive. Non riguarda solo la salute degli oceani, ma l’uso globale dell’acqua come risorsa. È una campagna che invita a riflettere anche sui fiumi e sulle acque interne, con l’obiettivo di unire gli sforzi nel Decennio del mare.”
Ma la missione è a uno stadio iniziale, e c’è ancora molto da fare e da spiegare. È importante infatti far capire che spesso sulla terraferma e nei contesti urbani le persone non vedono l’impatto diretto delle proprie azioni sulle acque né il lavoro dei sistemi di raccolta e purificazione delle acque. Una consapevolezza che però sarebbe importante avere. In questo senso, secondo Hare, vivere in mare è un’esperienza trasformativa: “Una delle cose incredibili della vita in barca è che impari a essere felice con molto meno. Questo ti costringe a pensare a ogni gesto: ti serve davvero quella cosa? Esiste un’alternativa? Ti rendi conto di quanta spazzatura produciamo a terra. E quando vedi tutto in modo così diretto, cambi comportamento”.
In copertina: foto di Jean-Louis Carli, The Ocean Race Europe 2025