Mentre la produzione globale di rifiuti elettronici cresce di 2,6 milioni di tonnellate all’anno e l’accesso alle materie prime critiche è al centro delle agende politiche europee, il riciclo − e l’eventuale upcycling − dei metalli strategici si profila come una potenziale miniera d’oro.

Secondo il Global E-waste Monitor, valorizzare i dispositivi elettronici (RAEE) a fine vita non è solo un dovere ambientale, ma anche un’opportunità finanziaria. Nel 2022 il valore stimato dei metalli contenuti nei rifiuti elettronici era di 91 miliardi di dollari, con rame, ferro, oro e nichel tra i componenti più preziosi. Tuttavia di questa somma solamente 28 miliardi di dollari sono stati recuperati attraverso il cosiddetto “urbana mining”. Complice la scarsa raccolta, persino nei paesi più circolari al mondo, e la carenza di infrastrutture di riciclo specializzate, la gestione circolare dei RAEE rischia di non stare al passo, soprattutto se le stime di una produzione globale pari a 82 milioni di tonnellate entro il 2030 dovessero rivelarsi esatte.

Secondo Jochen Apfel, CEO dell’azienda svizzera weeeSwiss che realizza impianti di riciclo RAEE, sia i volumi che i prezzi delle materie prime stanno aumentando costantemente, e di conseguenza i produttori stanno cercando sempre più di integrare materiali riciclati nei loro prodotti. “Ma ci sono anche tendenze negative, perché sul mercato entrano sempre più dispositivi di breve durata e basso valore come caricabatterie, auricolari, piccoli accessori digitali e giocattoli a batteria che diventano rapidamente rifiuti”, spiega Apfel.

La progettazione a monte, regolamentata dall’UE attraverso Ecodesign for Sustainable Products lo scorso luglio, gioca un ruolo fondamentale nel facilitare il disassemblaggio della componentistica e garantendo una rimozione sicura degli elementi più complessi, tra i quali le batterie al litio che possono prendere fuoco facilmente.

Per esempio, la tecnologia di weeeSwiss, società del Gruppo Stadler, separa le batterie di grandi dimensioni da quelle più piccole per cui viene utilizzato un pre-frantumatore in modo da evitare la rottura delle batterie e ridurre il rischio di incendi. Se una batteria prende fuoco, un sistema di rilevazione attiva un procedimento di spegnimento e convoglia il materiale direttamente in un bunker sicuro.

Innovazione e AI guidano la nuova generazione di impianti RAEE

Con l’evoluzione del mercato, migliorano anche gli impianti per il riciclo dei RAEE. La spinta verso riciclati di alta qualità sta accelerando l’innovazione nella selezione, nel riconoscimento e nel controllo dei processi. A trasformare il settore e la sua operatività stanno la digitalizzazione e l’intelligenza artificiale.

“Oggi è possibile non solo creare bilanci di massa durante lo sviluppo dei processi, ma anche determinarli in modo completamente automatico e in tempo reale con l’aiuto dell’intelligenza artificiale”, spiega a Materia Rinnovabile Jochen Apfel. Attraverso l’AI, gli impianti di weeeSwiss facilitano la manutenzione predittiva, l’analisi dei materiali, il calcolo dei bilanci di massa, ottimizzando i consumi energetici. Per Apfel, la prossima sfida sarà mettere in funzione la prima linea automatizzata per il riciclo delle batterie domestiche, destinata ad aumentare in modo significativo sia i tassi di riciclo sia la qualità dei materiali in uscita.

La Svizzera campionessa di riciclo RAEE

Uno dei fiori all’occhiello dell’azienda è l’impianto Immark AG di Regensdorf, il più grande impianto di trattamento dei rifiuti elettronici in Svizzera, in grado di trattare fino a 12 tonnellate all’ora. Secondo un recente studio del politecnico di Zurigo (ETH Zurich), la confederazione elvetica è campionessa di riciclo con un tasso di recupero superiore al 90%, anche grazie a una legge di economia circolare entrata in vigore nel 1998.

A differenza dell’EPR (Extended Producer Responsibility) europeo, in cui l’eco-contributo viene pagato dal produttore, in Svizzera è il consumatore a finanziare il riciclo del device a fine vita. Il paese vanta un know-how sul riciclo costruito in oltre trent’anni di esperienza, grazie alla partnership tra università, aziende biotech e chimiche che continuano a studiare soluzioni innovative. Per esempio il consorzio SWICO, rappresentante dei produttori di device elettronici, ha ricevuto finanziamenti dal governo per efficientare il riciclo del neodimio e del cobalto, capendo innanzitutto come estrarli da piccole batterie agli ioni di litio.

 

In copertina: foto weeSwiss