All'inizio di giugno un'esercitazione militare ha danneggiato un'area protetta dei Magredi friulani, le ampie praterie ghiaiose che spaziano intorno ai letti asciutti dei fiumi Cellina e Meduna. Mezzi pesanti, sconfinando da una zona già usata dalle forze armate, hanno schiacciato, e a tratti distrutto completamente, parte del prato stabile del sito natura 2000 Magredi del Cellina, proprio nel periodo più delicato per flora e fauna.
Mentre la magistratura indaga, la Giunta regionale assicura che i danni sono "reversibili". In tanti, però, vedono nella vicenda un segnale del fatto che, in tempi di riarmo, l'ambiente rischia di passare in secondo piano rispetto alla difesa. Tra questi l'eurodeputata Cristina Guarda, che ha presentato un'interrogazione alla Commissione europea.
Tra natura e soldati
Fatti di prati bassi e distese di sassi depositati dai fiumi Cellina e Meduna, che in questo tratto scorrono sottoterra, i Magredi, o "terre magre", sono tra i pochissimi paesaggi in Italia simili alle steppe. Ospitano una biodiversità rara in Europa, tra cui uccelli come l'occhione (simbolo di questo habitat), piante e fiori endemici come il dente di leone di Berini e il "cavolo friulano". L'area è tutelata da due Zone di protezione speciale (oltre ai Magredi del Cellina, quelli di Pordenone) e ha beneficiato del progetto europeo Life Magredi Grasslands che ha ripristinato praterie con oltre 1 milione di euro.
Il valore ecologico va però di pari passo con l'uso militare, con la presenza di due importanti poligoni della Brigata Ariete, usati anche dalla NATO. Gli attriti con la popolazione locale non sono mai mancati, tra rumori costanti, limitazioni dei passaggi delle greggi e inquinamento. Una decina di anni fa era stata appurata la presenza di metalli pesanti dovuta all'uso delle munizioni, mentre nel 2021 un carro armato centrò in pieno un pollaio, causando (oltre alla morte di decine di pennuti) l'ilarità della rete, ma anche l'irritazione della comunità. Per molti, è stata proprio la presenza delle forze armate a impedire lo sviluppo agricolo in questa zona e permettere la conservazione: un equilibrio che fatti come quello di quest'anno rendono ancora più instabile.
Dai Magredi a Bruxelles
A scoprire il danno sono stati alcuni fotografi e una pastora, Caterina De Boni. Le associazioni ambientaliste (tra cui Legambiente, LIPU, LAC e il Gruppo regionale di esplorazione floristica) hanno reagito duramente. "Anche se si tratta di esercitazioni militari, non è permesso agli stessi rappresentanti dello stato di violare le norme", hanno scritto annunciando esposti alle autorità. L'assessore regionale Stefano Zannier, incalzato dall'opposizione, ha assicurato che i danni sono “reversibili" e che sono state già individuate le modalità di ripristino, che però avverranno in autunno per evitare ulteriori danni.
Le rassicurazioni non sono bastate all'europarlamentare Cristina Guarda, che le ha giudicate "derubricanti" e ha presentato un'interrogazione in cui chiede alla Commissione indagini approfondite. L'onorevole di Alleanza Verdi Sinistra ha spiegato a Materia Rinnovabile che, oltre a "interdire a livello locale ogni futura esercitazione militare in un'area protetta dalla stessa normativa europea", con la sua azione vuole sollevare un tema generale: "Vista la condizione geopolitica internazionale e le pressioni per gli investimenti militari, questo tema sarà sempre più rilevante. Nella spasmodica corsa per la difesa stiamo dimenticando che crisi climatica, biodiversità e produzione agricola sono temi di sicurezza almeno altrettanto importanti".
Un tema nazionale
Oltre un quinto del territorio italiano è incluso nella rete Natura 2000, e molti dei 170.000 ettari interessati da servitù militari vi ricadono. Le oltre 300 aree di addestramento del nostro paese sono concentrate soprattutto nelle regioni di confine, in particolare in Friuli-Venezia Giulia e in Sardegna, dove ha sede il conflitto più noto, quello intorno al poligono di capo Teulada, che si estende lungo 25 chilometri di costa riconosciute come Zone di conservazione speciale.
La legge italiana prevede che le attività militari in queste zone siano sottoposte alla Valutazione di incidenza ambientale (VINCA) e a precisi accordi disciplinari. Spesso, però, l'esercito ha operato per decenni senza valutazioni, come a Capo Teulada, a Torre Veneri in Puglia e, nel febbraio di quest'anno, alle Glare del Piave in Veneto. Solo recentemente, grazie a ricorsi vinti da associazioni come il Gruppo d'intervento giuridico, lo stato sta iniziando ad attivarsi.
Nel caso dei Magredi tutto era stato fatto correttamente, ma non è bastato a evitare i danni ambientali. Anzi, cresce la preoccupazione che il quadro possa peggiorare: un disegno di legge della maggioranza propone di subordinare i vincoli ambientali alle esigenze militari. Non è ancora stato discusso, ma segnala un cambiamento culturale: se prima si cercava un equilibrio, oggi si teme che la difesa possa prevalere sulla tutela.
In copertina: una foto dei danni