L’India si trova al centro di una nuova offensiva commerciale degli Stati Uniti, che cercano di colpire la Russia per la guerra in Ucraina. Il presidente Donald Trump ha annunciato infatti di recente un aumento delle tariffe doganali per l’India, portandole dal 25% al 50%, come rappresaglia per gli acquisti di petrolio russo da parte di New Delhi. L’India ha definito la mossa “ingiusta” e “senza fondamento”. Le nuove tariffe, che mirano a ridurre le entrate petrolifere di Mosca per costringerla a un cessate il fuoco, entreranno in vigore il 27 agosto.

Questo scontro commerciale si inserisce in un contesto di negoziati difficili tra India e Stati Uniti, segnati da profonde divergenze. Lo scorso luglio, però, l’India ha siglato un importante Accordo di libero scambio (FTA) con il Regno Unito, dimostrando come il dialogo tra nazioni possa produrre risultati concreti quando basato su rispetto e pragmatismo.

Un accordo di successo con il Regno Unito

L’FTA tra India e Regno Unito non è solo un accordo commerciale, ma un simbolo di cooperazione strategica. Frutto di tre anni di negoziati complessi, l’intesa garantisce l’accesso senza dazi al 99% delle esportazioni indiane, facilita la mobilità dei professionisti e risolve questioni come i contributi previdenziali tramite la Convenzione sul doppio contributo.

Il Regno Unito ha riconosciuto le priorità dell’India, come il sostegno alle micro, piccole e medie imprese (MSME) e le ambizioni di diventare un’economia da 5 trilioni di dollari entro il 2027. Questo accordo punta a raddoppiare il commercio bilaterale a 120 miliardi di dollari entro il 2030, promuovendo investimenti e occupazione.

Le difficoltà tra India e Stati Uniti

Diversamente, i negoziati commerciali tra India e Stati Uniti sono bloccati da incomprensioni e attriti, con Washington che critica alcune politiche di New Delhi che lo stato asiatico considera strumenti essenziali per garantire equità sociale e stabilità economica.

Un punto cruciale di scontro è il sistema di acquisto basato sul prezzo minimo di sostegno (MSP) per gli agricoltori. Per l’India questo meccanismo è una rete di sicurezza vitale per milioni di agricoltori, che rappresentano quasi la metà della forza lavoro del paese. La Food Corporation of India utilizza infatti l’MSP per proteggere i contadini da shock di prezzo e combattere l’inflazione, un’esigenza che Washington sembra ignorare, accusando invece l’MPS di distorcere i mercati globali.

Anche l’economia digitale è terreno di scontro. Gli Stati Uniti vedono iniziative come Atmanirbhar Bharat (“India autosufficiente”) e l’Infrastruttura Pubblica Digitale come misure protezionistiche, mentre l’India le considera passi verso una crescita inclusiva. L’Equalisation Levy, nota come “Google Tax”, che doveva essere eliminata ad aprile ma per ora è stata mantenuta, è un esempio lampante: per l’India è un modo per tassare equamente i giganti tecnologici, ma per gli USA è un attacco alle aziende statunitensi.

Alla base di queste tensioni c’è una divergenza di visione. Gli Stati Uniti credono che l’India debba abbandonare le sue protezioni, mentre New Delhi si considera una nazione in crescita con esigenze legittime di tutela. Le sue micro, piccole e medie imprese sono il cuore dell’occupazione, e l’agricoltura rimane vulnerabile. Inoltre, l’India difende posizioni di principio al WTO, come il trattamento speciale e differenziato per i paesi in via di sviluppo e l’opposizione a dazi zero sulle trasmissioni elettroniche, per garantire equità nel commercio digitale.

Un’opportunità per gli Stati Uniti

Il successo dell’FTA con il Regno Unito offre una lezione agli Stati Uniti: il commercio funziona meglio quando è collaborativo, non competitivo. Il Regno Unito ha negoziato con l’India per tre anni, riconoscendone le necessità, ottenendo un accordo vantaggioso per entrambe le parti. Washington, invece, adotta un approccio transazionale che rischia di alienare un partner strategico.

Per superare l’impasse, gli Stati Uniti devono comprendere che il sistema MSP non è negoziabile per l’India: è una necessità per proteggere i suoi agricoltori e garantire stabilità sociale. Lo stesso primo ministro indiano Narendra Modi, commentando le tariffe, ha dichiarato: “Per noi, gli interessi dei nostri agricoltori sono la massima priorità. L'India non scenderà mai a compromessi sugli interessi dei suoi agricoltori, produttori di latte e pescatori. So che dovrò pagare personalmente un prezzo alto, ma sono preparato”.

Riconoscendo queste realtà, gli Stati Uniti potrebbero trasformare il dialogo con l’India in un’opportunità di crescita condivisa, come ha fatto il Regno Unito. Solo attraverso fiducia e rispetto reciproco, i negoziati indo-statunitensi potranno diventare un modello di diplomazia economica per il Ventunesimo secolo.

 

Leggi anche: Acqua come arma: la minaccia dell'India al trattato sull'Indo segna una pericolosa svolta globale

 

In copertina: Modi incontra Trump a Washington a febbraio 2025, MEAphotogallery via Flickr