Le Forze di difesa israeliane (IDF) hanno annunciato l’entrata in vigore del cessate il fuoco nella Striscia di Gaza alle ore 12:00 locali (le 11 italiane), segnando l’inizio ufficiale della prima fase del piano negoziato dagli Stati Uniti e approvato da Israele e Hamas nella notte di mercoledì.

Il cessate il fuoco consentirà anche l’ingresso nella Striscia di circa 600 camion al giorno carichi di cibo, medicinali e beni di prima necessità, una quantità mai raggiunta dall’inizio del conflitto, a causa dei blocchi imposti da Israele. Ma questi convogli umanitari sono solo un primo segnale di sollievo per la popolazione palestinese, provata da oltre due anni di violenze, con più di 67.000 vittime, secondo le stime delle Nazioni Unite, e per l’83% civili, come riporta un’indagine condotta da +972 MagazineLocal Call e The Guardian su database interni dei servizi segreti israeliani.

La tregua, tuttavia, resta fragile, come per altro hanno già dimostrato i numerosi bombardamenti sulla Striscia di Gaza effettuati da Israele nella giornata di ieri, quando già la notizia dell’accordo era stata ufficializzata. L’IDF ha inoltre dichiarato che le proprie truppe continueranno a operare “per eliminare qualsiasi minaccia immediata”, mantenendo il controllo strategico delle aree meridionali e della cosiddetta “zona cuscinetto” lungo il confine della Striscia.

Cosa succede adesso

Secondo il Times of Israel, nelle ore successive all’annuncio, centinaia di residenti hanno iniziato a tornare verso nord, nella parte settentrionale di Gaza, dopo mesi di allontanamenti forzate. Le immagini diffuse dai media sul posto mostrano un lungo corteo di persone che percorrono a piedi la strada costiera di al-Rashid, dirette verso quello che resta delle proprie case distrutte. Lo stesso primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha già minacciato che “se questo obiettivo sarà raggiunto con facilità, bene. Altrimenti, sarà raggiunto con la forza”.

In un messaggio diffuso ai media, rispondendo agli analisti secondo cui “non c'è modo di riportare a casa il resto degli ostaggi senza cedere alla richiesta principale di Hamas”, ha dichiarato che “grazie alla pressione diplomatica del nostro grande amico, il presidente Trump, questa potente combinazione indurrà Hamas a restituire tutti i nostri ostaggi, mentre l’IDF manterrà le posizioni chiave nella Striscia”.

Cosa prevede l’accordo tra Israele e Hamas

L’intesa, frutto di una mediazione condotta da Stati Uniti, Egitto, Qatar e Turchia, prevede nella sua prima fase la cessazione totale delle ostilità e il rilascio di tutti gli ostaggi israeliani detenuti da Hamas, in cambio della liberazione di prigionieri palestinesi dalle carceri israeliane.

Entro 72 ore, Hamas dovrà rilasciare i 48 ostaggi ancora nelle sue mani, tra cui 20 persone considerate vive e 28 corpi di ostaggi considerati deceduti. Israele, da parte sua, libererà 250 detenuti condannati all’ergastolo e circa 1.700 prigionieri arrestati dopo il 7 ottobre 2023, comprese tutte le donne e i minori.

Il ritiro dell’esercito israeliano avverrà progressivamente. Nelle prossime settimane, le truppe dovrebbero lasciare il centro della Striscia, mantenendo però il controllo delle aree lungo il confine e del corridoio Philadelphi. Il piano proposto da Donald Trump prevede, nelle fasi successive, la completa smilitarizzazione di Gaza e il disarmo di Hamas.

Una task force internazionale composta da 200 militari statunitensi e forze provenienti da Egitto, Qatar, Turchia ed Emirati Arabi – il più ampio dispiegamento multinazionale nella regione dal 2014 − monitorerà l’attuazione dell’accordo e il rispetto della tregua.

Una tregua monitorata e un futuro incerto

L’entrata in vigore del cessate il fuoco segna sicuramente una svolta nel conflitto, ma non ne garantisce la fine. L’accordo stabilisce un periodo di monitoraggio di 72 ore, durante il quale la task force congiunta dovrà verificare il rispetto dei termini. Israele continuerà a sorvegliare le principali aree di confine e a condurre attacchi qualora emergessero “minacce immediate”.

Resta incerto il futuro politico di Gaza. Il piano di Trump, annunciato a fine settembre, prevede l’esclusione di Hamas dal futuro governo della Striscia e la sua completa demilitarizzazione, ma non è chiaro se tali condizioni saranno mantenute dopo questa prima fase. Ma per la popolazione civile, la priorità è la sopravvivenza. Dopo mesi di bombardamenti, l’ingresso di aiuti umanitari e la sospensione delle violenze israeliane rappresentano solo un primo passo verso la stabilità. 

 

In copertina: foto Jaber Jehad Badwan via Wikimedia Commons