Entrare nelle sale di Horto in una luminosa giornata di ottobre è un’esperienza visiva e sensoriale. Inondati dalla luminosità delle ampie vetrate che sovrastano il cuore di Milano, la luce rimbalza gentile sulle pareti dagli angoli smussati, i tavoli di legno levigato chiaro senza spigoli, i tendaggi chiari di materiali naturali. Aromi del pane appena sfornato provenienti dal forno all’ingresso avvolgono il cliente. Intorno il Duomo, la Galleria Vittorio Emanuele, la statua di piazza Cordusio e le aiuole che costellano il terrazzo, (d’estate si mangia sui tavoli appoggiati sull’erba). I suoni sono ovattati, la città sembra lontana.
Horto, stella rossa e verde Michelin, ha un’ambiente che trasmette istantaneamente la filosofia che permea la cucina: naturale, integrale, senza compromessi, dallo stile infinito. Un luogo onirico, che contrasta con il caos del centro meneghino. Si ha l’impressione che il tempo venga sospeso: qua la frenesia non è di casa. Si cercano i tempi lenti della natura.
“Per noi è più importante la stella verde di quella rossa”, confida subito il proprietario Diego Panizza, origine trentina e expertise globale, accogliendo Materia Rinnovabile al tavolo. “La sostenibilità e la filosofia dell’Ora etica sono l’essenza di Horto.” Il concetto di Ora etica si basa su una filosofia che ricalca il principio di Cook the Mountain dello chef Norbert Niederkofler, qua presente in veste di consulente. “Ogni prodotto deve arrivare a un massimo di ora di strada dal ristorante, da piccoli produttori e artigiani del gusto.” Come le verdure del Parco agricolo Sud, il riso della Riserva San Massimo (bellissimo corridoio ecologico a Gropello Cairoli), il caviale dal fiume Ticino, i funghi e i tuberi della brughiera, il pesce dei laghi lombardi.
“Di fatto abbiamo realizzato un modello collaborativo che si concretizza in un consorzio tra produttori, volto a ottimizzare i trasporti e a ridurre significativamente l’impatto ambientale, contribuendo così alla diminuzione delle emissioni di CO₂”, spiega Panizza. Secondo Niederkofler, “non possiamo più permetterci di cucinare ingredienti che arrivano dall'altra parte del mondo quando abbiamo tesori incredibili a pochi chilometri da noi. Dobbiamo saper esaltare ciò che la natura ci dona, non forzare prodotti fuori stagione o fuori contesto.”
Serve una nuova spiritualità del mangiare e della convivialità, con ristoranti che sono diventati show e spettacolo più che nutrimento e comunità. “Cerchiamo di valorizzare il gusto e gli ingredienti, con calma e lentezza”, spiega il bravo chef Alessandro Pinton, alla guida di Horto dal gennaio 2025. Nato nel 1998 Pinton si è fatto le spalle in establishment come Le Calandre e Il Luogo di Aimo e Nadia, per trovare la sua massima espressione qua a Horto. Ama la fermentazione e la kombucha, l’uso di erbe di stagione e la valorizzazione della verdura e dei legumi (con uno splendido menù a cinque portate dedicato).
Niente bottiglie d’acqua monouso ovviamente. Horto è ristorante “bottle-free”, che riduce l’impronta ecologica. Inoltre, con il supporto di BWT Italia e della Fondazione AQUA Pearls, partecipa attivamente al progetto B.Water Mission, che finanzia la costruzione di pozzi in Africa e la formazione delle comunità locali per la loro manutenzione, garantendo accesso all’acqua potabile dove è più necessario.
“Il nostro ristorante è pensato per incontri di aziende della green economy, eventi sostenibili, per le aziende che vogliono organizzare cene a basso impatto”, spiega Panizza. Niente sprechi, prodotti locali aderenti all’Ora etica, stagionalità, attenzione ai materiali e ai consumi, menù vegetariani e opzioni alcool-free. Il tutto unito a un’esperienza culinaria superlativa. Non solo cene e pranzi ma anche colazioni di lavoro, o aperitivi di networking, da fare soprattutto in terrazza nella bella stagione. Insomma, Horto è senza dubbio il place- to-be per chi cerca una location di fine dining sostenibile, certificato dalla stella verde, con attitudine e stile.
In copertina: foto Horto
