Non esiste una via più diretta per festeggiare l'Anno internazionale della conservazione dei ghiacciai che mettersi in cammino e visitarne uno. È questo il senso e l’obiettivo dell’escursione promossa dal parco Naturale Adamello Brenta in collaborazione con il Gamberi Festival delle Acque, che quest’anno dedica la sua programmazione proprio al tema dell’acqua, della memoria e della resilienza.

Due giorni di cammino, di ascolto e riflessione, partendo dal passo del Tonale per raggiungere il rifugio Mandròn e, successivamente, il fronte del ghiacciaio. Due giorni per rendersi conto, passo dopo passo, nel silenzio che solo l’alta montagna può offrire, quanto velocemente stiamo perdendo queste colossali riserve di ghiaccio e d’acqua dolce.

Una volta saliti alla Presanella, ciò che colpisce sono i teli geotessili che coprono, come una coperta salvifica, le ultime lingue di neve e ghiaccio rimaste. Attorno, solo roccia nuda. “Questi teli servono a proteggere la neve che verrà usata per sciare il prossimo inverno”, spiega Ezio Chesi, una delle guide alpine che accompagna il gruppo. “Costano circa 180.000a euro l’anno.” Una misura estrema e che può essere considerata paradossale, per continuare a garantire turismo invernale laddove le nevicate naturali stanno diventando un miraggio.

“Qui, in dieci anni, è cambiato tutto”, racconta la guida, mostrando sul telefono una foto del 2015: stesso punto, stesso scorcio, ma il ghiaccio allora era 70 metri più spesso. Una perdita che colpisce più dei numeri: colpisce la vista e la memoria. “Il cambiamento è stato così rapido che abbiamo dovuto rivedere le pratiche di sicurezza anche per visitare direttamente il ghiacciaio.”

La crisi dei ghiacciai che colpisce le Alpi

La crisi dei ghiacciai non è una metafora, è una realtà misurabile. Uno studio recente condotto da Eurac Research, e pubblicato su International Journal of Climatology, ha analizzato le precipitazioni nevose sulle Alpi tra il 1920 e il 2020. Il dato è netto: in un secolo le nevicate sono diminuite del 34%, con un crollo particolarmente marcato dopo il 1980. In alcune aree del versante sudoccidentale le perdite arrivano a sfiorare il 50%. E senza neve anche i ghiacciai non fanno altro che perdere metri e metri di spessore.

Alle quote più basse, dove le temperature invernali sono ormai troppo miti, la neve cade sempre più spesso sotto forma di pioggia. E anche sopra i 2.000 metri il margine si assottiglia. La neve, oltre a essere risorsa per lo sci, è riserva idrica essenziale: alimenta i corsi d’acqua, i ghiacciai, le falde. E gli oltre sessanta laghi dell’intero comprensorio. Senza neve, il rischio è che possa saltare l’intero bilancio idrico alpino, con gravissimi danni anche a valle, dove si vive di agricoltura e allevamento.

L’edizione 2025 del Festival Gamberi

È proprio questo il messaggio che l’edizione 2025 del Gamberi Festival delle acque, che si terrà dal 5 al 7 settembre 2025 a Comano Terme, vuole portare al centro del dibattito: l’acqua come bene comune, come memoria del territorio, come leva per una consapevolezza collettiva. Il festival, nato come esperimento culturale e ora divenuto appuntamento fisso per la valle delle Giudicarie, ha scelto per il 2025 di declinare l’intero programma attorno al tema “Ghiaccio e Acqua”.

Dal ciclotour Plash tra le pievi e le sorgenti del Rio Bianco, fino ai laboratori per bambini, le camminate all’alba, le letture nel parco, le sessioni di yoga e il canyoning, ogni attività è un’occasione per avvicinarsi all’acqua non solo come elemento naturale ma anche come chiave di lettura del presente e del futuro.

La sezione Piazza della scienza, in particolare, ospita ricercatori e ricercatrici che lavorano a progetti di monitoraggio dei ghiacciai, citizen science e studio degli ecosistemi fluviali, come Ice Memory, il programma internazionale per salvare campioni di ghiaccio dai ghiacciai in estinzione, o Water Observers, esperienza partecipativa promossa dal MUSE di Trento.

Ma il festival è anche narrazione, arte, musica, cinema. Come in Ghiacciai dietro l’obiettivo, la rassegna del Trento film festival che raccoglie voci da tutto il mondo: dalle costruzioni dei ghiacciai artificiali in Himalaya alla fragile estate sulla Vedretta del Làres, fino all’unico ghiacciaio superstite del Friuli-Venezia Giulia. Racconti che, pur da latitudini diverse, riportano tutti a una stessa verità: il ghiaccio si sta fondendo, e con esso un’intera rete di relazioni ambientali e culturali.

L’urlo del ghiacciaio

Il ghiacciaio dell’Adamello non fa eccezione. È il più grande d’Italia, ma ogni anno arretra, ogni estate si ritira, ogni inverno riceve meno neve. Lo si può vedere, lo si può sentire: l’immensa cascata che scava e scorre e liscia la tonalite − la roccia granitica che “sostiene” il ghiaccio − è il rumore costante di sottofondo, come a ricordare ciò che sta accadendo. Per questo l’escursione al Mandròn, nel cuore dell’Adamello, assume un valore simbolico potente. Una sorta di pellegrinaggio laico verso un luogo in via di sparizione. Un modo per vedere prima che sia troppo tardi.

Ed è questo forse il messaggio che hanno lanciato i quattro danzatori del gruppo Rimaye sulle rive del Lago Nuovo. Una danza, un crogiolo di corpi che si muovono in dialogo con la natura, con le pietre e l’acqua che cambia. È un momento sospeso che racconta – senza parole – la bellezza fragile che stiamo rischiando di perdere con un panorama mozzafiato.

E allora forse è giusto partire proprio da qui, da questa combinazione di scienza, arte e territorio. Dalla volontà del parco e degli organizzatori del festival Gamberi di portare in quota, fisicamente e metaforicamente, le diverse comunità che fanno parte di questo mondo. Perché solo toccando con mano – e con passo lento – ciò che sta cambiando possiamo davvero iniziare a immaginare come fermarlo.

Leggi anche: Slovenia e Venezuela sono i primi paesi al mondo a perdere tutti i ghiacciai

 

In copertina: © Alessandro Polla - Gamberi - Mandron