Nell’ambito della revisione del 2023 della direttiva sul sistema europeo di scambio delle quote di emissione (Emissions Trading System), è stato introdotto un nuovo mercato del carbonio con l’obiettivo di ridurre le emissioni provenienti dagli edifici, dai trasporti su strada e dalle piccole e medie imprese: l’ETS2. Questo nuovo schema, pensato per estendere la tariffazione della CO₂ a settori fino a quel momento esclusi dal meccanismo principale dell’ETS, sarebbe dovuto diventare pienamente operativo nel 2027. Tuttavia, la sua introduzione è stata rinviata di un anno.
Oggi, 13 novembre, il Parlamento europeo ha infatti accolto formalmente la proposta dei governi di posticiparne l’entrata in vigore al 2028. L’attuale opposizione a diverse politiche del Green Deal, che negli ultimi mesi ha già spinto l’Unione a compiere alcuni passi indietro, unita al timore di un possibile aumento dei costi di riscaldamento e carburante, ha suscitato numerose critiche nei confronti di questo meccanismo.
Riscaldamento e trasporti
Il settore del riscaldamento e quello dei trasporti, presi insieme, contribuiscono a oltre un terzo delle emissioni totali prodotte nell’Unione Europea, con i soli trasporti che rappresentano il 29% delle emissioni complessive. Nonostante gli sforzi finora compiuti, il calo delle emissioni in entrambi i settori è stato lento, mostrando quanto sia complesso ridurre l’impatto ambientale in ambiti centrali per la vita quotidiana e per l’economia europea.
L’obiettivo del meccanismo europeo è usare il prezzo del carbonio per scoraggiare investimenti in tecnologie inquinanti e favorire la transizione verso modelli a basse emissioni, promuovendo la decarbonizzazione dell’economia e generando allo stesso tempo risorse per aiutare le persone più vulnerabili a ridurre la dipendenza dai combustibili fossili.
“L’ETS2 è diventato vittima di compromessi politici e l’UE non sta valutando correttamente le sue conseguenze. Posticiparlo significa guadagnare tempo per i combustibili fossili, non per le persone,” commenta Luke Haywood, responsabile clima ed energia presso lo European Environmental Bureau. “Questo comporta meno certezza per gli investitori, minori entrate a sostegno delle famiglie vulnerabili e maggiori rischi di non raggiungere gli obiettivi climatici del 2030, visto che le emissioni derivanti da trasporti e riscaldamento stanno diminuendo troppo lentamente.”
Il Fondo sociale per il clima
Un rinvio di un anno dell’ETS2 comporterebbe la mancata vendita delle quote di carbonio, privando l’UE di circa 50 miliardi di euro di entrate tra il 2027 e il 2032, afferma lo European Environmental Bureau in una nota stampa. Questo andrebbe a impattare sia i governi nazionali che il Fondo sociale per il clima. Circa tre quarti delle entrate finirebbero infatti agli stati membri, che le possono utilizzare sia per l'azione climatica che per misure sociali, e dovranno riferire su come vengono spesi questi fondi. Il restante 25% sarà destinato al Fondo sociale per il clima, pensato per ridurre gli impatti sociali ed economici dell’ETS2 e garantire una transizione equa verso la neutralità climatica.
Il fondo fornirà agli stati membri risorse mirate per sostenere le persone più vulnerabili, garantendo supporto economico a chi è maggiormente colpito dalla transizione, in particolare alle famiglie che affrontano povertà energetica o difficoltà nei trasporti. “Un rinvio di un anno significa anche circa 10 miliardi di euro in meno per investimenti sociali legati al clima”, sottolinea Luke Haywood. “Ogni euro perso dal Fondo sociale per il clima è un euro in meno destinato ad aiutare le famiglie a isolare le proprie case, passare a sistemi di riscaldamento puliti o permettersi trasporti sostenibili.”
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In copertina: Parlamento UE, foto di Denis Lomme © European Union 2025 - Source: EP
