Capire quanto le strategie di economia circolare aiutino davvero il clima è una delle sfide centrali della transizione sostenibile. Una nuova ricerca, frutto della collaborazione tra il Centro euro mediterraneo sui cambiamenti climatici (CMCC) e l’Università Federale di Rio de Janeiro, mette in discussione molte certezze diffuse e chiarisce che le soluzioni che puntano a “usare meno risorse e usarle meglio” non garantiscono automaticamente benefici climatici.

L’analisi, pubblicata su Resources, Conservation and Recycling, mostra che il 70% degli studi disponibili dà per scontato il raggiungimento degli obiettivi prefissati senza valutare in modo rigoroso come le politiche si comportino nella realtà.

Il lavoro propone un quadro di riferimento completo e inedito che integra gli impatti climatici delle politiche di economia circolare nei modelli di valutazione integrata, gli IAMs. Si tratta di strumenti centrali per comprendere le trasformazioni necessarie per raggiungere la neutralità climatica, ma ancora poco attrezzati per rappresentare la complessità delle strategie circolari.

Secondo la prima autrice, Leticia Magalar, “senza strumenti di valutazione adeguati, rischiamo di mettere in atto politiche ben intenzionate che producono risultati deludenti, o, peggio, che finiscono per compromettere involontariamente i nostri obiettivi climatici”.

I limiti dei modelli climatici attuali

L’analisi condotta su 15 tra i principali IAM utilizzati a livello globale evidenzia rappresentazioni parziali e non uniformi delle strategie circolari. La riduzione dell’uso dei materiali è contemplata nel 50% dei modelli, il riciclo nel 28%, mentre le misure di riparazione, riutilizzo ed estensione della vita dei prodotti sono considerate solo nel 19% degli studi. A questo si aggiunge una copertura incompleta delle catene del valore: i modelli si concentrano sulle fasi di produzione e consumo, trascurando estrazione, gestione dei rifiuti e infrastrutture di raccolta.

Magalar chiarisce le implicazioni di questo gap: mantenere in uso apparecchiature obsolete può aumentare i consumi energetici, il riciclo può comportare processi energivori e i risparmi economici derivanti da prodotti ricondizionati possono favorire scelte ad alta intensità di carbonio. Senza analisi sistemiche, gli effetti controintuitivi rischiano di passare inosservati.

Inoltre, nessuno dei modelli analizzati considera pienamente le condizioni necessarie affinché le politiche circolari abbiano successo, come il ruolo delle famiglie nella raccolta differenziata, la capacità delle industrie di usare materiali riciclati o la progettazione dei prodotti. Tutti elementi influenzati da fattori culturali e dal reddito, oggi assenti nelle elaborazioni.

Una visione sistemica per politiche più efficaci

Lo studio propone soluzioni operative per aggiornare gli IAM e integrare la complessità delle strategie circolari. Il nuovo quadro di riferimento elaborato dal CMCC consente di rappresentare in modo più realistico i collegamenti tra riciclo, infrastrutture, design dei prodotti e dinamiche socioeconomiche. L’obiettivo è evitare di valutare le singole misure in modo isolato, restituendo invece un’immagine sistemica capace di far emergere benefici climatici reali e potenziali effetti indesiderati.

Il tema è centrale perché i decisori politici stanno già implementando numerose misure di economia circolare. L’Unione Europea, ad esempio, ha introdotto decine di iniziative legate a riciclo, ecodesign, riuso e riduzione dei materiali. Ma la mancanza di strumenti adeguati rischia di limitarne la reale efficacia. Come ricorda Magalar, “di fatto stiamo volando alla cieca rispetto ai benefici climatici delle politiche circolari”.

Verso modelli climatici più completi e affidabili

Il lavoro del CMCC rappresenta un passo significativo verso una modellizzazione più accurata del contributo dell’economia circolare alla transizione climatica. Rendere gli IAM capaci di valutare in modo olistico l’intero ciclo di vita dei prodotti e le variabili socioeconomiche permette ai governi di adottare strategie realmente coerenti con gli obiettivi climatici.

Una pianificazione più precisa può infatti contribuire a identificare quali misure generano i maggiori risparmi di emissioni, quali richiedono modifiche infrastrutturali o comportamentali e quali potrebbero, in alcuni casi, ostacolare la decarbonizzazione.

“Per anni i modelli ci hanno spiegato come trasformare i sistemi energetici. Ora è il momento di integrarvi anche la dimensione dell’economia circolare,” conclude Magalar. “Questo studio offre ai decisori politici una comprensione più chiara di come le strategie circolari siano trattate nei modelli climatici e delle lacune ancora da colmare per una mitigazione più intelligente ed efficace.”

 

In copertina: immagine Envato