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Negli ultimi anni le conferenze delle Parti sulla diversità biologica (CBD) hanno visto crescere tra le discussioni politiche ufficiali un’intensa partecipazione della società civile e del settore privato. Alla COP16 di Cali, quest’ultimo ha assunto un ruolo preminente: imprese dell’agrifood, dell’informatica e delle nuove tecnologie, della finanza e dei beni di consumo hanno parlato in modo deciso di un futuro “nature positive”, nuovo mantra di una parte del settore.
Il CGIAR, formalmente Consultative Group for International Agricultural Research, ossia “gruppo consultivo per la ricerca agricola internazionale”, ha delineato l’agricoltura nature positive come “un uso rigenerativo, non impoverente e non distruttivo delle risorse naturali per soddisfare in modo sufficiente la crescente domanda di cibo. È progettato attraverso cinque pilastri principali che prevedono la creazione di un sistema di produzione alimentare sostenibile: conservare, gestire, ripristinare, riciclare e coinvolgere". Ne abbiamo parlato in questo articolo pubblicato sul sito di Circular Economy for Food, un progetto dell'Università di Scienze Grastronomiche di Pollenzo, per cui è stato originariamente scritto.
Immagine: Envato