Inutile negare l’evidenza. Il Green Deal stava perdendo fascino, stretto tra compromessi politici e bollette troppo salate. Ma l’industria non poteva permettersi di aspettare, così la nuova commissione von der Leyen ha cambiato passo e calato il jolly del Clean Industrial Deal.
Cento miliardi pronti sul piatto per spingere una transizione davvero europea: pulita, sì, ma anche concreta, produttiva, giusta. Nel frattempo, però, c’è chi nell’ecosistema industriale non ha perso tempo a leggere le intenzioni. A voler cercare casi studio nel mondo della circular economy UE, si può guardare all’italiana Itelyum.
Gruppo che impiega oltre 1.600 persone e serve più di 45.000 clienti in oltre 60 paesi, negli ultimi 4 anni può vantare 12 acquisizioni strategiche, un balzo di fatturato da 411 a 607 milioni di euro ed emissioni obbligazionarie complessive (anche green) per oltre 1 miliardo di euro. Per alimentare investimenti e innovazione dalla rigenerazione degli oli usati, riciclo di rifiuti industriali e trattamento delle acque, certo, ma anche sostenere un’espansione internazionale che di recente si è spinta a mercati come Germania, Francia, Croazia e Serbia.
Dietro i numeri c’è però ora una scommessa più grande: dimostrare che la transizione industriale può essere non solo sostenibile, ma anche competitiva, dal core business dei lubrificanti ‒ non esente da sfide come l’intelligenza artificiale ‒ fino ad arrivare al riciclo delle terre rare. Materia Rinnovabile ne ha parlato con l’AD di Itelyum, Marco Codognola, che guarda con attenzione al confronto in corso con Bruxelles. Sul tavolo ci sono temi come la riforma del sistema EU ETS e la proposta di un prezzo unico dell’energia per i progetti strategici europei. Perché senza regole eque, avverte, si rischia di frenare proprio quelle filiere che l’Europa considera vitali.
Codognola, nel 2025 e in pieno trend industria 5.0, la prima domanda sulle sfide strategiche per il mercato dei lubrificanti non può che cadere sull’intelligenza artificiale e i suoi possibili impieghi.
La disponibilità di dati riguardanti la produzione di rifiuti da parte dei produttori – come officine e industrie – consente già oggi, e lo farà sempre di più in futuro, una migliore capacità di previsione sulla quantità e tipologia dei rifiuti disponibili presso i clienti. Questo si traduce in un miglioramento delle catene di approvvigionamento e delle strutture di raccolta, oltre che della qualità stessa dei flussi, poiché sarà possibile correlare i rifiuti ai cicli produttivi che li originano. Il secondo ambito riguarda l’efficienza dei processi di rigenerazione nelle raffinerie. L’applicazione di modelli digitali avanzati – digital twin – si traduce in risparmio energetico. Ad esempio, nella raffineria di Pieve Fissiraga (Lodi), la più grande che abbiamo in Italia, la replica digitale dell’impianto ci consente di effettuare simulazioni importanti e di avere un supporto significativo nei processi decisionali. Regolarmente, in base ai dati ottenuti valutiamo le performance e la qualità dei prodotti, pianificando inoltre gli interventi di manutenzione, come l’esaurimento dei catalizzatori.
Il trattamento delle acque industriali si conferma un altro pilastro strategico, come dimostra l’annuncio, arrivato a fine marzo, dell’acquisizione della quota di maggioranza della bresciana Specialacque. Qual è il senso di integrare la filiera delle risorse idriche nella vostra strategia industriale?
Specialacque è un’azienda storicamente proprietaria di un impianto per il trattamento delle acque industriali a Brescia. Alcuni anni fa, a seguito della decisione dell’amministrazione cittadina di destinare l’area originaria dell’impianto ad altri usi, l’azienda ha scelto di ricostruire da zero l’impianto in una nuova zona. Il risultato è una struttura, entrata in funzione all’inizio del 2022, che integra tutte le migliori tecnologie oggi disponibili. L’acqua industriale è un rifiuto presente pressoché in tutti i comparti produttivi e quasi sempre è contaminata da vari tipi di inquinanti. Necessita di processi di trattamento specifici, finalizzati alla sua depurazione e al successivo rilascio nei corpi idrici superficiali. Ciò la pone nel solco della nostra missione di rimettere in circolo risorse rigenerate.
Prevedete ulteriori nuovi investimenti in questo senso?
Oggi possiamo contare su una rete di sette impianti attivi, per una capacità complessiva di trattamento pari a 600.000 metri cubi all’anno. L’impianto di Brescia, da solo, è in grado di gestire fino a 120.000 metri cubi annui. Si affianca agli altri già operativi a Treviglio, Casirate d’Adda, Mortara, Vittorio Veneto, Ravenna e in Friuli. Il nostro impegno in questo settore è destinato a crescere in maniera significativa. Nel corso dei prossimi 12 mesi, infatti, aumenteremo la capacità complessiva di trattamento di altri 300.000 metri cubi, attraverso l’apertura di due nuovi impianti.
Itelyum è un caso studio anche sotto il profilo della finanza verde. Nel 2021 siete stati i first time emitter italiani attivi nel settore del riciclo dei rifiuti a lanciare un green bond. Col senno di poi, questo strumento ha funzionato?
C’era chi diceva che nessuno avrebbe acquistato quei titoli. Siamo invece riusciti a collocare 510 milioni di euro, ricevendo manifestazioni d’interesse per oltre 4 miliardi, una domanda otto volte superiore all’offerta. Si trattava di un ESG linked bond, ovvero un’obbligazione il cui rendimento era legato al raggiungimento di determinati obiettivi ESG. Per noi i parametri a cui abbiamo legato lo spread erano in linea con la gestione ordinaria dell’azienda. Il mercato finanziario in quel momento ci ha spinto a osare. Questo strumento ha funzionato bene.
Il 27 marzo 2025 Itelyum ha chiuso però con successo il lancio di una nuova emissione obbligazionaria da 725 milioni di euro, di nuovo con una domanda ampiamente superiore all’offerta.
Il bond originario sarebbe scaduto nell’ottobre del 2026, ma alla fine del 2024 abbiamo deciso, d’accordo con i nostri azionisti, di procedere a un largo rifinanziamento anticipato. Il perché di questa scelta è dettato dalle logiche della finanza. Se ti presenti troppo a ridosso della scadenza, rischi di essere penalizzato. La pressione di dover raccogliere fondi in tempi brevi può tradursi in condizioni meno favorevoli. Al contrario, muoversi per tempo consente di negoziare con maggiore serenità.
In questo caso, tuttavia, non si è trattato di un ESG linked bond: cambio di vento e fuga dall’ESG, visti i tempi?
Nessun servilismo a Trump o cose di questo tipo. La sostenibilità resta una tendenza irreversibile. La decarbonizzazione e l’attenzione della risorsa idrica continuano a essere mantra. La nostra scelta è stata dettata da considerazioni esclusivamente tecniche: in questo specifico momento di mercato, l’indicazione era di neutralità dal punto di vista dei benefici nello spread. La finanza continua a essere attenta ad aziende che hanno una gestione sostenibile delle risorse, questo a prescindere dall'etichetta appiccicata all'obbligazione.
Fino al 2024 è stato anche presidente del GEIR (Groupement Européen de l'Industrie de la Régénération) a Bruxelles: quali sono le sue aspettative sul secondo mandato von der Leyen?
Il pragmatismo sembra animare la nuova Commissione europea, e mi auguro che questo approccio venga applicato anche al sistema EU ETS [Emission Trading System, nda], che oggi penalizza fortemente le attività di riciclo. Oggi i prodotti rigenerati da Itelyum permettono un risparmio di circa 500.000 tonnellate di CO₂ all’anno. Per queste non riceviamo nulla, mentre per le sole 150.000 tonnellate di CO₂ emesse nel processo di rigenerazione dobbiamo pagare. L'industria del riciclo non vuole carbon credit da mettere sul mercato (certo, se arrivano siamo contenti). Non siamo degli speculatori, ma è una misura fortemente ingiusta: chi fa risparmiare CO₂ e recupera risorse primarie viene penalizzato. È veramente sbagliato a livello di principio che non vengano riconosciuti, o quantomeno controbilanciate le emissioni che io genero con quelle che io faccio risparmiare.
Parliamo del progetto LIFE INSPIREE per l’estrazione di terre rare da magneti permanenti, che avete sviluppato nello stabilimento di Ceccano (FR). Il progetto ha recentemente ottenuto un importante riconoscimento a livello europeo, venendo selezionato tra i 47 siti strategici nell’ambito del Critical Raw Materials Act. Ci può raccontare di più?
Il progetto nasce da un consorzio europeo, con finanziamento misto pubblico-privato. Il nostro impianto pilota è già operativo, e stiamo progettando una prima linea in grado di trattare fino a 2.000 tonnellate all’anno di magneti permanenti, hard disk, con una resa di ossidi di terre rare variabile tra le 200 e le 400 tonnellate all’anno. Si tratta di una resa del 10-20%. Cifre non dovute ad approssimazione ma al fatto che a monte abbiamo dei rifiuti, non dei prodotti specifici. Quindi, la variabilità dei rifiuti è tale che i processi di raffinazione metallurgica non possono essere perfettamente prevedibili a priori. Già questi volumi, però, sarebbero rilevanti per l’industria nazionale delle terre rare, e contribuirebbero a ridurre la dipendenza dell’Europa dalle importazioni, grazie allo sviluppo sistematico anche di altri programmi.
Ci sono condizionali dietro l’angolo?
È fondamentale che la Commissione europea e il consorzio EIT Raw Materials garantiscano a questi progetti strategici un prezzo dell’energia unico, uguale, indipendente dal paese in cui sono realizzati. Se un impianto è considerato strategico a livello europeo, allora non può subire le fluttuazioni disomogenee del costo dell’energia che oggi si versificano tra i diversi paesi membri. L’energia è un fattore critico essenziale in questi progetti. Se ad esempio in Italia l’energia costa 80 €/MWh, sarà la Commissione a intervenire per colmare un eventuale divario [con il prezzo unico, nda], e viceversa dal progetto indietro. Ancora una volta serve un trattamento equo. Porterò questo tema al tavolo della Commissione UE. Altrimenti, cosa significa definirli ‘strategici’? Solo una medaglietta? Noi siamo industriali, vogliamo far girare gli impianti. Questo è il nostro lavoro.
In copertina: foto Itelyum