In Cina il 2024 si è aperto con una grossa novità nel campo della finanza climatica. L’ufficio per la supervisione finanziaria di Shanghai ha infatti annunciato che, dal 1° gennaio, la città ha cominciato a sperimentare una speciale tassonomia per la cosiddetta transition finance.

Sotto l’ombrello della transition finance – termine entrato molto di recente nel vocabolario della finanza internazionale – ricadrebbero una serie di strumenti, come bond o prestiti, appositamente pensati per supportare i processi di decarbonizzazione di industrie ad alte emissioni, che non avrebbero i requisiti per rientrare nelle tassonomie strettamente green.

Con questa iniziativa, Shanghai fa dunque da apripista a livello mondiale nel dare corpo e codificare un concetto ancora piuttosto dibattuto e controverso, soprattutto per i rischi di greenwashing che potrebbe comportare.

Che cos’è la transition finance

Il concetto di transition finance è stato introdotto per la prima volta nel 2019 dall’OCSE, per indicare finanziamenti a vario livello per attività di decarbonizzazione in relazione agli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’ONU. Il termine ha poi subìto una traslazione di significato, cominciando a essere usato per indicare qualsiasi iniziativa per la riduzione delle emissioni, anche se non legata a settori tradizionalmente considerati green.

Oggi, come scrive l’economista giapponese Sayuri Shirai in un editoriale appena pubblicato su Asia Pathways, la transition finance è uno dei rami meno sviluppati ma anche più interessanti della finanza climatica e comprende tutti quegli strumenti rivolti nello specifico ai settori industriali hard-to-abate, come acciaio, cemento, aviazione, industria chimica e produzione di energia elettrica. Per questi settori, che hanno finora avuto meno accesso a green bond o sustainability-linked bond, la transition finance potrebbe supportare piani di retrofitting degli asset, conversione all’utilizzo di nuovi carburanti come idrogeno o ammoniaca, implementazione di CCS o CCUS (carbon capture, usage and storage).

Il punto è che non è ancora stato affrontato sistematicamente un dibattito a livello internazionale per risolvere i problemi di trasparenza e credibilità di questi strumenti finanziari, e soprattutto non esiste una tassonomia condivisa che cataloghi e definisca quali attività possano effettivamente rientrare fra quelle da supportare con questo tipo di finanziamenti.

La tassonomia di Shanghai: un esperimento per la finanza di transizione

In Cina, come del resto in altri Paesi asiatici (ad esempio Giappone, Singapore o gli stati dell’ASEAN), il dibattito sulla transition finance è in realtà più avanti rispetto a Europa o Stati Uniti. Nella Repubblica Popolare soprattutto, già da tempo si discute su come finanziare la transizione di un’industria ancora in gran parte fondata sul carbone, per raggiungere i target “dual carbon” che Pechino si è data: picco delle emissioni al 2030 e carbon neutrality entro il 2060. Supportare le industrie “brown” nella riduzione delle proprie emissioni è diventato quindi prioritario, e l’esperimento di Shanghai (che, ricordiamolo, è la metropoli più popolosa della Cina) è il primo passo per provare a sistematizzare questo tipo di aiuti e stabilire dei criteri chiari e condivisi.

La tassonomia non è in realtà ancora stata pubblicata, ma l’annuncio sul sito dell’ufficio finanziario della città parla di sei settori coinvolti: lavorazione dei metalli ferrosi, lavorazione del petrolio, produzione di materie prime chimiche e prodotti chimici, automotive e trasporto aereo. Il “Piano Shanghai”, si legge ancora sul sito, indica circa 200 percorsi tecnologici che le industrie possono implementare per ridurre le proprie emissioni, tra cui l’efficientamento e, appunto, le soluzioni di CCUS. La visione, così come viene presentata dalle autorità, è quella di una Shanghai che diventi, nei prossimi anni, un centro internazionale per la finanza verde.

Intanto, come racconta China Dialogue, la Pudong Development Bank, senza neanche aspettare la pubblicazione della tassonomia, ha già approvato il primo transition loan di 310 milioni di yuan (circa 43 milioni di dollari) in favore della Spring Airlines. La compagnia aerea a basso costo cinese si era infatti fatta notare per la sua diligenza nel perseguire una serie di obiettivi di sostenibilità e con il nuovo prestito ha intenzione di introdurre nelle sue flotte un nuovo airbus, l’ A320neo, che dovrebbe far risparmiare il 20% del carburante.

 

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Immagine: Freeman Zhou, Unsplash