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Una tonnellata di CO2 è sempre una tonnellata di CO2 in tutti i paesi e i settori produttivi del mondo? Potrebbe sembrare un quesito banale, ma è il nodo centrale di ogni processo di carbon accounting.
Lo è per gli inventari nazionali sviluppati in accordo ai requisiti delle COP dell’UNFCCC, come per la quantificazione delle emissioni di gas serra delle imprese, diffusi ampliamente nel mercato su base volontaria.
Sono le cosiddette carbon footprint, che raccolgono in un singolo valore di CO2 equivalente (CO2e) tutte le emissioni dirette e indirette di gas a effetto serra (GHG). Le aziende quantificano l’impatto dei prodotti e delle organizzazioni, per conoscere i rispettivi valori iniziali di impatto sul cambiamento climatico e poter poi avviare, in modo consapevole, i propri percorsi di decarbonizzazione.
Avere delle metodologie standard di quantificazione di tali emissioni GHG assume così una doppia valenza. È importante per le aziende che vogliono avere la possibilità di tracciare nel tempo in modo affidabile i propri miglioramenti, ma è anche fondamentale per consentire loro di meglio comprendere il proprio posizionamento in termini di “rischio climatico”, rispetto ai propri competitor.
Per questo l’ISO, l’Organizzazione internazionale di standardizzazione, ha sviluppato un pacchetto di norme volontarie, già a partire dal 2006, in grado di coprire tutte le dimensioni del carbon accounting, dalle carbon footprint di prodotto e di organizzazione, alla quantificazione delle riduzione delle emissioni con i progetti, dalle procedure di verifica e accreditamento, a quelle delle competenze che debbono possedere i verificatori, per finire con la carbon neutrality o la norma sul Net Zero, in fase di sviluppo.
Le norme vengono revisionate periodicamente per assicurare che possano essere aggiornate rispetto all’evoluzione del quadro normativo internazionale e delle nuove esigenze di mercato. Basti pensare che quando è stata lanciata la prima revisione del pacchetto ISO sui GHG non era ancora stato ratificato il Protocollo di Kyoto, mentre oggi tutti operiamo all’interno di articolati quadri cogenti, nazionali o regionali, sviluppati nel contesto dell’Accordo di Parigi, come nel caso del Green Deal europeo.
Ma anche le esigenze delle aziende sono in continua evoluzione. Non a caso l’attuale revisione delle norme sulla carbon footprint di prodotto e organizzazione è stata avviata proprio perché sono mutate le loro esigenze. Inizialmente i due standard venivano utilizzati in modo indipendente, a seconda che si scegliesse di lavorare sulla riduzione degli impatti dei prodotti o dell’azienda nel suo complesso. Oggi, invece, questi approcci sono sempre più integrati nelle imprese, in quanto i complessi percorsi di decarbonizzazione richiedono, per essere efficaci, un approccio in grado di integrare le politiche di prodotto e di organizzazione.
Per questo i due gruppi di lavoro ISO sulle carbon footprint stanno lavorando in modo congiunto, massimizzando i punti di contatto delle norme sul prodotto e sull’organizzazione, a partire da una struttura e un indice comune, fino a nuovi pezzi di testo completamente identici su punti chiave, come la quantificazione delle emissioni biogeniche o quelle legate ai consumi di energia elettrica.
Vi è però un punto di debolezza che ISO ha dimostrato di non essere ancora in grado di risolvere: la minore competitività in termini di diffusione delle proprie norme rispetto al GHG Protocol.
Il fattore chiave è che le norme del GHG Protocol sono disponibili gratuitamente, a differenza di quelle ISO, anche perché hanno un processo di sviluppo basato su logiche meno complesse nella gestione del consenso a livello internazionale.
Vi sono poi sponsor del settore privato che accentuano le differenze tra i due approcci. Come i 9,5 milioni di dollari donati da John Bezos al GHG Protocol. Sicuramente un segnale importante dell’interesse per promuovere la normazione volontaria, ma anche un elemento di attenzione in termini dei potenziali conflitti di interesse da parte dei grossi gruppi nel momento di stabilire i requisiti nelle norme.
Il prezzo in sé della singola norma non è in realtà un ostacolo assoluto per una media o piccola impresa, ma rimane un’importante barriera di accesso alla diffusione della conoscenza, essenziale perché queste metodologie entrino a far parte anche nei contesti cogenti.
Interessante, in tal senso, il caso di una esperta statunitense, componente dei gruppi di lavoro ISO, che ha condiviso un caso eclatante. Quando in passato lavorava alla Casa Bianca, per rispondere a una richiesta sul contenuto della norma ISO sulla carbon footprint di organizzazione (ISO 14064-1) ha dovuto avviare una procedura di acquisto interna che ha richiesto una decina di giorni per i vari passaggi autorizzativi e amministrativi interni, mentre per leggere il GHG Protocol le è bastato scaricare il documento dal web.
Forse è ancora più critica la situazione a livello europeo, dove la Commissione ha simili problemi per accedere ai contenuti degli standard ISO, per valutarne la loro utilità ai fini dello sviluppo normativo. In aggiunta, è ora anche in discussione la legittimità di fare riferimento nella normativa europea a documenti non disponibili gratuitamente.
Il valore della partecipazione e trasparenza nel processo di sviluppo degli standard ISO continua, comunque, a non avere eguali nel mondo della normazione.
Lo chiarisce la professoressa Annette Cowie, del NSW Department of Primary Industries and Regional Development, che è fin dal primo momento rappresentante australiana nei tavoli ISO dedicati allo sviluppo delle norme sulla carbon footprint di prodotto. “Partecipare ai tavoli ISO ha aperto i miei occhi verso altre prospettive”, continua Annette. “Il processo di sviluppo degli standard ISO è inclusivo, basato sul consenso, consentendo che tutti i portatori di interesse possano fornire i propri input nello sviluppo delle varie bozze delle norme, nell’avanzare proposte di modifica, costruire e approvare ogni risoluzione e decisione. Tutte le voci sono ascoltate.”
È normale che nei gruppi di lavoro ISO si trovino a lavorare assieme rappresentanti di grandi aziende, come Dow Chemical, Apple o Netflix, assieme a quelli di organizzazioni pubbliche, come l’Agenzia per l’ambiente austriaca o francese, dell’università, della consulenza, della verifica, degli enti di normazione o i rappresentanti delle ONG. Inoltre, gli esperti e le esperte che partecipano ai tavoli di lavoro vengono davvero da tutti i paesi del mondo.
L’esigenza che i due standard principali di carbon accounting siano resi disponibili gratuitamente nel mercato è anche una richiesta che nasce formalmente all’interno del mondo ISO. È stata, infatti, reiterata in più occasioni dal sottocomitato responsabile della normazione sul cambiamento climatico, senza voler mettere in discussione il modello di business degli enti di normazione, basato da sempre sulla vendita delle norme per finanziare l’intera macchina della standardizzazione.
Inoltre, non si deve dimenticare che, nel settembre del 2021, l’ISO ha sottoscritto la London Declaration, base essenziale con cui “ISO si impegna a lavoreare con i suoi membri, parti interessate e partner per assicurare che gli standard ISO accelerino il raggiungimento dell’Accordo di Parigi”.
Una chiamata alla coerenza con questo impegno viene da Romain Poivet, coordinatore del gruppo di lavoro ISO responsabile della revisione della norma sulla carbon footprint di organizzaizone.
“ISO dovrebbe eliminare ogni ostacolo, legato a interessi economici, dando accesso agli standard di base per rispondere all’accelerazione del cambiamento climatico e dare seguito all’urgenza di attuare una transizione verso un mondo a basso contenuto di carbonio. È una questione di interesse pubblico e ISO dovrebbe comportarsi come minimo allo stesso modo di tanti esperti ed esperte che lavorano gratuitamente allo sviluppo degli standard.”
Una sorta di chiamata alla coerenza per ISO, organizzazione che non può impegnarsi sulla carta con la London Declaration senza rendere disponibile i prodotti di base delle proprie attività di normazione.
In copertina: immagine Envato