La biodiversità è un fondamento della sostenibilità ambientale che sta finalmente ottenendo l’attenzione che si merita. La già storica convenzione di Kunming-Montreal ha individuato i pilastri, i meccanismi e gli obiettivi strategici per la conservazione e la restaurazione della biodiversità.
Diversi sono gli strumenti, nuovi o in evoluzione, che contribuiscono a guidare il mondo aziendale a interiorizzare la biodiversità nelle scelte strategiche. Il panorama è dunque in interessante evoluzione, anche se, come vedremo, ci sono purtroppo spinte che non vanno nella direzione auspicata (spoiler: UE, perché ancora tu?).
Partiamo con una delle novità di maggior interesse: la pubblicazione della ISO 17298:2025, Considerare la Biodiversità nella strategia e nelle operazioni delle organizzazioni. Si tratta di una norma che guida l’organizzazione che la adotta nell’identificare e specificare i propri impatti, rischi e opportunità associati alla biodiversità (con relativa prioritizzazione), oltre alle dipendenze da servizi ecosistemici.
Questo è un punto cruciale: saper riconoscere la propria connessione con i servizi ecosistemici è un importante passo per l’adozione di strategie che tengano pienamente conto della biodiversità. Per ciascuna dipendenza da servizio ecosistemico individuata, la ISO guida alla sua caratterizzazione e definizione del livello di dipendenza in termini quantitativi, semi-quantitativi o qualitativi. Questo lavoro deve sfociare nella definizione di un action plan per la biodiversità corredato di obiettivi. Anche per la definizione del piano e degli obiettivi vengono fornite specifiche, sempre nell’ottica di aiutare le organizzazioni ad assumere scelte efficaci.
Poi ci sono le novità che provengono dal mondo della rendicontazione. Abbiamo già parlato dello standard ESRS E4 sulla biodiversità (oggetto, come gli altri ESRS, di una revisione nel senso della semplificazione). Molto interessanti sono i contenuti nel nuovo GRI Biodiversità (pubblicato nel gennaio 2024): è significativo che i GRI abbiano lanciato la fase di pubblicazione dei nuovi standard proprio a partire da questo topic.
Una delle novità più interessanti è senza dubbio la richiesta di disclosure rispetto alle modalità di accesso alle risorse genetiche e alle conoscenze tradizionali detenute dai popoli indigeni e dalle comunità locali, molto rilevanti, tra gli altri, per i settori cosmetico, farmaceutico e agricolo. Grande importanza, inoltre, viene data dal GRI al tema della tracciabilità e dunque alla rendicontazione degli impatti connessi alla realizzazione di un bene o servizio (sfruttamento di risorse selvatiche, cambiamenti significativi negli ecosistemi, episodi di invasione di specie aliene, ecc.).
In una panoramica, quella della biodiversità, che, come si è visto, è estremamente dinamica, vanno registrate delle iniziative di arretramento. Purtroppo, di nuovo, è l’Unione Europea a tornare sui propri passi, con il depotenziamento del Regolamento denominato Deforestation Act (EUDR).
L’ennesimo dietrofront riguarda, ancora una volta, il perimetro delle aziende coinvolte, che diverranno di fatto solo gli importatori delle materie prime (e dei derivati) delle risorse indicate dal Regolamento: carne bovina, caffè, soia, cacao, gomma, olio di palma, legno. Questo significa che i cosiddetti “downstream operator” dovranno sì ricevere la due diligence sulla deforestazione che rimane obbligatoria per gli importatori, ma, allo stato attuale, non saranno più chiamati a elaborare un sistema di analisi del rischio della fornitura connessa alla perdita di biodiversità e agli impatti sulle popolazioni indigene. Viene così meno uno dei meccanismi fondamentali della sostenibilità: l’effetto a cascata con cui le aziende di una catena del valore chiedono ai loro fornitori di allinearsi alla transizione ecologica.
I contenuti dell’EUDR rappresentavano certamente un impegno significativo per le aziende, ma anche uno strumento per preservare le loro catene di fornitura da episodi critici a livello di resilienza e di reputazione. In questo contesto, è il mercato a rimanere una leva verso la sostenibilità. Sta venendo meno, invece, il ruolo della sfera pubblica comunitaria e ciò diviene sempre più preoccupante.
In copertina: immagine Envato
