Arrivati a metà strada l’Italia è indietro, molto indietro. Parliamo degli Obiettivi dello Sviluppo Sostenibile, gli SDG che compongono l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite: se a livello globale, come ha detto il segretario generale dell’ONU Antonio Guterres, “la promessa dell’Agenda 2030 è in pericolo”, visto che solo nel 12% dei target il pianeta è sulla buona strada per raggiungere i valori obiettivo, per quanto riguarda l’Italia siamo in forte ritardo.

E di questo passo non rispetteremo gli impegni assunti ufficialmente nel 2015 in sede ONU. Sono queste le conclusioni principali contenute nell'ottavo rapporto L'Italia e gli Obiettivi dello Sviluppo Sostenibile, realizzato dall'Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASVIS), l’associazione che raccoglie oltre 300 organizzazioni della società civile del Paese per diffondere la cultura e le pratiche dello sviluppo sostenibile.

In Italia, come purtroppo sta avvenendo a livello planetario, i fatti dicono che agli SDG si è prestata un’adesione soltanto simbolica, basata soprattutto sulle parole e molto meno sulla sostanza. Ci sarebbe il tempo e il modo per accelerare e rimediare, ed evitare gravi conseguenze, a livello globale ma anche per il Paese. A Roma, nel corso della presentazione del Rapporto ‒ alla presenza del governatore di Bankitalia Ignazio Visco e della ministra del Lavoro Marina Calderone ‒ l’ASVIS ha illustrato un nutrito pacchetto di proposte per cambiare rotta; e sulla carta il governo si è già impegnato ad attuarne diverse nel corso del recente Summit dell’Onu lo scorso settembre.

Il problema, hanno detto il direttore scientifico dell’associazione Enrico Giovannini e i presidenti, Marcella Mallen e Pierluigi Stefanini, è che “in questi otto anni l’Italia non ha scelto in modo deciso e convinto l’Agenda 2030 come mappa per realizzare uno sviluppo pienamente sostenibile sul piano ambientale, sociale, economico e istituzionale”. E dunque il tema è, si direbbe, banale: riuscire a passare dalle parole ai fatti.

La situazione italiana: dati e numeri

Ecco il bilancio dell’Italia rispetto al 2010. Per 8 dei 17 Obiettivi si registrano contenuti miglioramenti, per 6 la situazione è peggiorata, per 3 è stabile. Guardando ai 33 Target valutabili con indicatori quantitativi, solo per 8 si raggiungerà presumibilmente il valore fissato per il 2030, per 14 sarà molto difficile o impossibile raggiungerlo, per 9 si registrano andamenti contraddittori, per 2 la mancanza di dati impedisce di esprimere un giudizio.

In peggioramento siamo per la povertà (Goal 1), i sistemi idrici e sociosanitari (Goal 6), la qualità degli ecosistemi terrestri e marini (Goal 14 e 15), la governance (Goal 16) e la partnership (Goal 17). Siamo a una sostanziale stabilità per gli aspetti legati al cibo (Goal 2), alle disuguaglianze (Goal 10) e alle città sostenibili (Goal 11), mentre per gli altri otto Goal i miglioramenti sono inferiori al 10% in 12 anni, eccetto che per la salute (Goal 3) e l’economia circolare (Goal 12), per i quali l’aumento è leggermente superiore.

Nella foto scattata dal rapporto, tra il 2015 e il 2021 la quota di famiglie in condizione di povertà assoluta è salita dal 6,1% al 7,5% (parliamo di quasi 2 milioni di famiglie, dove vivono 1,4 milioni di minori). Per la dimensione ambientale dello sviluppo sostenibile, invece, l'Italia registra il 42% di perdite dai sistemi idrici, mentre le energie rinnovabili rappresentano solo il 19,2% del totale.

Continua anche ad allargarsi la disuguaglianza tra ricchi e poveri; la spesa pubblica per sanità e istruzione è nettamente inferiore alla media europea, mentre l'abbandono scolastico è pari all'11,5% e la disoccupazione giovanile è al 23,7%, con 1,7 milioni di giovani che non studiano e non lavorano.

Guardando alla dimensione ambientale dello sviluppo sostenibile, solo il 21,7% delle aree terrestri e solo l'11,2% di quelle marine sono protette; lo stato ecologico delle acque superficiali è “buono” o “superiore” solo per il 43% dei fiumi e dei laghi; il degrado del suolo interessa il 17% del territorio nazionale; l'80,4% della quota degli stock ittici è sovrasfruttato.

Nell'ambito della dimensione economica dello sviluppo sostenibile, dopo la ripresa del biennio 2021-2022, l'Italia presenta ancora alcuni segnali di crescita debole: l'occupazione cresce, ma resta forte la componente di lavoro irregolare (3 milioni di unità); passi avanti sono stati compiuti per l'economia circolare, ma molte imprese mostrano resistenze a investire nella trasformazione digitale ed ecologica; il Paese necessita di forti investimenti, anche per rendere le infrastrutture più resilienti di fronte alla crisi climatica.

"È ora di trasformare le promesse in atti concreti, ma il tempo a disposizione è molto limitato”, ha detto il direttore scientifico ASVIS, Enrico Giovannini, sottolineando che solo un profondo cambiamento delle politiche pubbliche consentirebbe di recuperare il terreno perduto, ridurre le povertà e le disuguaglianze, migliorare la qualità dell'ambiente e accompagnare le imprese per cogliere i vantaggi della transizione ecologica e digitale.

L'ASVIS avanza quindi proposte "trasformative", quasi tutte a partire dalla legge per il clima e dal deciso rafforzamento delle attuali proposte del PNIEC e PNACC (i piani nazionali energia e clima e il piano di adattamento ai cambiamenti climatici), per determinare l'accelerazione verso lo sviluppo sostenibile che il governo Meloni si è impegnato a realizzare in sede ONU e UE.

Anche perché, come chiarisce il rapporto, pur se passi avanti ne sono stati fatti e sono state prese decisioni corrette, “la mancanza di un impegno esplicito, corale e coerente da parte della società, delle imprese e delle forze politiche ci ha condotto su un sentiero di sviluppo insostenibile che è sotto gli occhi di tutti”.

Immagine: Nachelle Nocom, Pexels