Lo sapevamo già: il Piano Nazionale per l’Energia e il Clima (PNIEC), è tutt’altro che ambizioso. Anzi, è ambiguo su molti punti, visto che parla di “neutralità tecnologica” in riferimento alle fonti energetiche. Quel che non sapevamo è che se, invece di continuare a frenare, l’Italia scommettesse con coraggio su un maggiore sviluppo delle rinnovabili, gli italiani potrebbero risparmiare oltre 25 miliardi di euro in bolletta, dal 2024 al 2035.

Questo afferma la società di consulenza su energia e ambiente Althesys nel rapporto Il governo del sistema, la chiave per la transizione, presentato alla fiera delle rinnovabili Key Energy a Rimini. L’ultima versione del PNIEC (giugno 2023) prevede per il settore elettrico italiano una quota di rinnovabili sui consumi finali di energia del 65% nel 2030, per una potenza installata di 131 GW e una produzione da rinnovabili di circa 228 TWh.

Salire al 73% ‒ come chiesto dagli ambientalisti ma anche da Elettricità Futura, l'associazione delle imprese elettriche aderente a Confindustria ‒ si tradurrebbe in un risparmio in bolletta complessivo per famiglie e imprese di 3 miliardi di euro dal 2024 al 2030 e di 25,1 miliardi di euro dal 2024 al 2035.

Peraltro, dice il rapporto, risparmieremmo 1,2 miliardi di euro sull’acquisto di combustibili fossili nel periodo 2024-2030, e ben 5,1 miliardi tra il 2024 e il 2035. I costi di acquisto dei permessi ETS per l'emissione di CO₂ da parte di industrie e produttori di energia calerebbero di 1,7 miliardi di euro tra il 2024 e il 2030, e di 10,4 miliardi tra il 2024 e il 2035.

Il costo del ritardo del Decreto FER X

Oltre ai dati relativi al PNIEC, Althesys ci informa che un ritardo nell'avvio da parte del Governo del Decreto FER X sugli incentivi alle rinnovabili (non ancora emanato dal MASE) potrebbe far perdere quasi 5 GW di capacità di generazione elettrica rinnovabile al 2030.

Se non fossero realizzati gli accumuli, per il ritardato o mancato avvio del Macse (Meccanismo di approvvigionamento di capacità di stoccaggio elettrico), si prevede un taglio della produzione rinnovabile per 20 TWh, con una perdita di 1,5 miliardi di euro dal 2026 al 2030.

Il ritardato o mancato sviluppo delle infrastrutture di rete (che devono essere adattate alla produzione intermittente di eolico e solare) porterebbe a un taglio tra 23 e 28 TWh, per un valore della produzione tagliata compreso tra 1,8 e 2,5 miliardi.

Cresce del 13% l’Italia delle rinnovabili

È un vero peccato che non ci sia un serio impegno a supporto del comparto delle energie sostenibili, perché nonostante tutto ‒ si può ben affermarlo ‒ l’industria italiana delle rinnovabili continua a crescere: del 13,2% nel solo 2023, ci dice il rapporto Filiere del futuro. Geografia produttiva delle rinnovabili in Italia presentato sempre a Key Energy dalla Fondazione Symbola. Uno studio che è una vera e propria miniera di dati.

Le imprese del settore sono passate da 33.257 a 37.655, con una dimensione media di 9,5 unità. Il 74,4% lavora sul fotovoltaico, il 37,1% sull'eolico, il 23,2% sulle bioenergie (ovvero biomasse e biogas), il 17,6% sull'idroelettrico, il 13,0% sul geotermoelettrico e l'8,1% sul solare termico (il totale supera 100 perché molte aziende sono attive in più campi).

Spiccano le imprese di installazione e manutenzione (39,2%), quelle impegnate nella produzione di energia (13,8%), il commercio (12,3%), la manifattura (9,6%), l'affitto e la gestione immobiliare (6,4%) e le attività di consulenza, collaudo e monitoraggio (6,1%).

Le 5 regioni dominanti e la Top 10 delle capitali provinciali

Non sorprende la distribuzione regionale della filiera: oltre un terzo delle imprese ha sede legale in Lombardia, Lazio e Campania, e sommando Sicilia e Veneto si supera il 50%. La Lombardia domina con 6.035 imprese (il 16,0% del totale nazionale), seguita dal Lazio con 4.084 (10,8%). La Campania è al terzo posto con 3.490 (9,3%), seguita dalla Sicilia con 3.018 (8,0%) e il Veneto molto vicino con 2.981 (7,9%).

Particolarmente interessante infine la carta delle “capitali provinciali” delle rinnovabili in Italia. Roma è in cima alla classifica, con 3.096 aziende e l’8,2% del totale in Italia), influenzata principalmente dalla presenza di imprese specializzate nelle operazioni di costruzione, installazione e manutenzione. Completano la Top 10 Milano con 2.748 imprese (7,3%), Napoli (1.569, 4,2%), Bolzano (1.220, 3,2%), Torino (1.098, 2,9%), Bari (989, 2,6%), Brescia (817, 2,2%), Salerno (715, 1,9%), Padova (675, 1,8%), Bologna (1,8%).

 

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Immagine: Envato

 

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