Una flessione netta, inequivocabile. La linea del grafico, prima in ripida ascesa, si arresta di colpo, come se avesse sbattuto contro un muro, e riprende appiattendosi, per poi cominciare a declinare lievemente. Perdonate il lirismo, ma il momento è storico: le emissioni di CO₂ in Cina, il paese maggior emettitore del pianeta, hanno iniziato a calare.
Lo mostra chiaramente lo studio condotto da Lauri Myllyvirta, analista e co-fondatore del think-tank finlandese CREA (Centre for Research on Energy and Clean Air), pubblicato il 15 maggio da Carbon Brief. Le emissioni della Cina – dice lo studio – sono diminuite dell'1,6% su base annua nel primo trimestre del 2025 e dell'1% negli ultimi 12 mesi.
Era in realtà già successo che le emissioni climalteranti dell’economia cinese fossero in calo (un declino, anche drastico, si era avuto ad esempio come contraccolpo del Covid), ma è la prima volta che diminuiscono nonostante la crescita produttiva e l’aumento della domanda energetica. Ed è tutto merito dell’eccezionale sviluppo delle energie rinnovabili.
Benché sia ancora presto per dire “picco”, i segnali sono però incoraggianti. Se il trend si dimostrerà consistente, la Cina potrà dire di aver raggiunto il picco di emissioni con un bell’anticipo rispetto alla previsione del 2030, a tutto vantaggio dell’azione climatica globale.
Cina: emissioni in calo, domanda energetica in crescita
Non è la prima volta, dicevamo, che le emissioni cinesi sono in declino. La differenza è che i precedenti cali erano dovuti a periodi di crisi dell’economia: nel 2020 per la crisi pandemica, nel 2022 per i contraccolpi del Covid.
Questa volta, invece, la tanto attesa battuta d’arresto sembrerebbe strutturale. “La fornitura di energia elettrica da nuova capacità eolica, solare e nucleare – scrive Myllyvirta – è stata sufficiente a ridurre la produzione di energia da carbone, nonostante l'aumento della domanda. L'analisi, basata su dati ufficiali e commerciali, mostra che le emissioni di CO₂ della Cina sono ormai stabili, o in calo, da oltre un anno”.
Un altro fattore che ha contribuito in modo abbastanza significativo al calo di emissioni è la flessione nella domanda di cemento e acciaio, questa però dovuta a una crisi duratura nel settore del Real Estate che ha fatto rallentare ormai da qualche anno la crescita edilizia nella Repubblica Popolare.
Ultimo, ma non meno meno importante, c’è il boom delle auto elettriche che ha dato letteralmente un taglio alla domanda di petrolio.
Il picco quando arriva?
La domanda a questo punto è lecita: la Cina ha raggiunto il picco delle emissioni, oppure no?
Gli analisti del CREA sostengono già da qualche tempo che il picco debba arrivare nel 2025, nonostante il governo cinese e le fonti ufficiali della Repubblica Popolare abbiano sempre sostenuto prudentemente l’obiettivo del 2030.
Il trend dell’ultimo anno è sicuramente incoraggiante, ma, scrive Myllyvirta, ci sono una serie di fattori che potrebbero causare una nuova impennata della curva della CO₂.
Uno molto prossimo è il caldo estivo: la richiesta di energia per i condizionatori potrebbe costringere la Cina a ricorrere a un backup energetico da fonti fossili, ed eventuali siccità, come già accaduto nel 2023, potrebbero ridurre drasticamente la fornitura di energia idroelettrica.
C’è poi, ça va sans dire, il problema dei dazi e della guerra commerciale con gli Stati Uniti, che rende le previsioni sull’economia cinese ancora più difficili. In questi 90 giorni di tregua la Repubblica Popolare potrebbe decidere di spingere sulla produzione manifatturiera per recuperare, aumentando così le emissioni.
L’ultima parola la avrà comunque il prossimo Piano quinquennale, che verrà pubblicato nel 2026: lì saranno enunciati gli obiettivi di crescita per le rinnovabili e i target di riduzione delle emissioni al 2030. Solo allora sapremo se il calo a cui assistiamo oggi potrà essere chiamato, finalmente, picco.
In copertina: foto di Zhang Kaiyv, Unsplash