Le imprese sono il motore dell’economia: creano occupazione, producono beni e servizi, generano valore. Allo stesso tempo, però, possono contribuire a dinamiche di lavoro precario e avere impatti significativi su clima, ambiente e comunità. È qui che entrano in gioco gli standard B Lab, fondamenta indispensabili per fornire alle aziende metriche e strumenti capaci di trasformare i valori in azioni concrete, guidandole nella gestione del loro impatto. In occasione del lancio dei nuovi standard, abbiamo approfondito questi temi con Veronica Fervier, nuova country manager di B Lab Italia, l'organizzazione che rappresenta e promuove il movimento delle B Corp in Italia.

 

Parliamo di B Lab: come aiuta le aziende nella trasformazione dell’economia verso un sistema più equo, inclusivo e rigenerativo?

B Lab parte da un’idea semplice ma potente: se vogliamo cambiare il sistema economico, dobbiamo cambiare come le imprese si comportano, come la società immagina il ruolo dell’impresa e quali regole ne guidano le scelte. Il sistema economico, infatti, è il risultato di tre elementi che si influenzano a vicenda: comportamenti, culture e strutture. Ogni giorno lavoriamo per creare standard, strumenti e programmi che generano cambiamento su tutti e tre questi livelli. Quest'anno abbiamo lanciato una nuova versione degli standard B Lab che non sono mai stati statici, come non lo è il concetto di sostenibilità. La nuova versione è frutto di quattro anni di lavoro e di una immensa raccolta di feedback da parte di stakeholder, tra cui imprese certificate e non, da cui abbiamo raccolto più di 26.000 feedback a livello globale. Oggi abbiamo alzato l'asticella per tutti. Perché, mentre prima per diventare una B Corp era necessario raggiungere un punteggio di 80 punti nell’assesment, adesso bisogna performare in tutte e tre le aree di impatto: ambientale, sociale e di governance. Le metriche del framework sono contestualizzate, variano quindi in base a settore, dimensione e paese in cui le aziende operano. Un'altra novità è che sono integrate con altri sistemi di rendicontazione, sono quindi interoperabili con altri framework. Questo è un vantaggio per le aziende perché il lavoro di raccolta dati è utile  sia per soddisfare i requisiti degli standard B Lab che per altri sistemi di rendicontazione. Ma il cambiamento comportamentale non basta se non cambia anche la cultura. Vogliamo superare l’idea che l’impresa esista solo per massimizzare i profitti degli azionisti, e diffondere una nuova narrazione: le imprese creano valore per l’intera società. Cambiare la cultura non è sufficiente se le regole vanno in direzione opposta. Per questo lavoriamo anche sulle strutture: leggi, politiche, pratiche istituzionali. Vogliamo che le norme incoraggino le imprese e le premino quando generano valore per tutti gli stakeholder. Siamo convinti che una nuova economia non sia solo possibile ma necessaria.

Da cosa è nata l’esigenza di nuovi standard B Lab?

Ci siamo resi conto che dovevamo aggiornare il nostro sistema e inserire alcuni temi ora più urgenti. Ad esempio la circolarità, che è fondamentale, ma anche la crisi climatica. C'è stata una spinta da parte di B Lab e da parte della community, ma per l'Europa c'è anche una spinta normativa. Infatti adesso, specialmente l’ECGT dà proprio delle linee guida su che cosa significa essere un'etichetta di sostenibilità credibile. Così B Lab non ha modificato solo i propri standard ma anche il sistema di verifica condotto auditor di terza parte indipendente e in totale conformità con le nuove normative europee.

Come si strutturano i nuovi standard B Lab?

L'obiettivo principale è rendere il percorso verso un impatto concreto e positivo più accessibile a tutti. Con i nuovi standard c'è una guida pianificata grazie alla creazione di piani di azione a 3 e 5 anni dalla data di certificazione così da incentivare le aziende al miglioramento continuo. All’inizio della valutazione per gli standard ci sono i requisiti di base: essere legalmente registrata, operare da almeno dodici mesi e rispettare leggi locali, nazionali ed estere. Il secondo requisito di base è quello legale. Infine, il passaggio a società Benefit. La fase successiva è la creazione di un profilo di rischio in base alle pratiche che possono andare a creare un impatto negativo e da questo compaiono poi più requisiti da rispettare all'interno della stessa. Una volta superati i requisiti di base, ci sono i sette argomenti di impatto che sono il cuore degli standard, e per ciascuno di questi vengono definiti requisiti e sotto-requisiti specifici contestualizzati in base a dimensione, settore e contesto geografico. In questo modo l'impresa può capire cosa misurare e quali azioni intraprendere per migliorare tutto il pacchetto in base alla dimensione, al settore in cui opera.

Questa valutazione può essere fatta solo dalle aziende in processo di certificazione?

In realtà tutte le aziende possono iniziare da subito a confrontarsi con gli standard, monitorando, misurando, gestendo e migliorando il proprio impatto grazie alla piattaforma B Impact messa a disposizione gratuitamente da B Lab. E poi chi vuole può fare il passo successivo e richiedere la certificazione. A quel punto c'è la verifica da parte di una terza parte indipendente.

Ci sono differenze tra l'accettazione del movimento B Corp in Italia e nel resto del mondo?

L’Italia è nella top tre dei paesi UE: oggi abbiamo più di 370 B Corp e abbiamo una crescita del 30% rispetto al 2024. Queste aziende occupano oltre 50.000 persone e hanno un fatturato che supera i 20 miliardi di euro: una delle community più grandi e dinamiche d'Europa. A livello globale, invece, il movimento include più di diecimila B Corp che insieme impiegano più di un milione di persone in oltre cento paesi e in oltre centocinquanta settori. In Italia, poi, una persona su quattro conosce le B Corp, e il 60% dei consumatori si lascia influenzare positivamente dalla certificazione nella scelta di prodotti e aziende. Secondo gli ultimi, dati c’è una chiara correlazione tra la crescita della B Corp community e l'aumento della notorietà del movimento. Un vantaggio unico dell'Italia è l'integrazione nel modello giuridico di società benefit, perché è qualcosa di formale che permette alle aziende di integrare nella governance l'impegno verso persone, comunità e ambiente, andando quindi in maniera molto chiara e strutturata a rispondere a uno dei principali requisiti degli standard B Lab. Inoltre, rispetto ad altre parti del mondo, negli ultimi anni l’Unione Europea ha messo al centro delle politiche economiche e industriali la sostenibilità, con normative come la CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive) e la CSDDD (Corporate Sustainability Due Diligence Directive). Essere in Europa significa quindi muoversi in un contesto dove la sostenibilità non è solo volontaria, ma sempre più regolamentata. La certificazione B Corp permette di anticipare gli obblighi normativi, allinearsi facilmente alle richieste di trasparenza e rendicontazione, aumentare la credibilità verso clienti e investitori, e contribuire a un cambiamento sistemico su scala più ampia.

Quali sono le resistenze delle aziende a diventare una B Corp e quali invece i vantaggi che non riescono a vedere?

Negli ultimi anni la community delle B Corp sta crescendo molto, sia in numero ma anche in diversità. La presenza di multinazionali e grandi aziende per alcuni sembra controintuitivo e genera resistenze perché temono che questo ampliamento possa snaturare il movimento, cessando di essere una élite con la sostenibilità nel DNA. In realtà accade proprio l'opposto, perché coinvolgere nel movimento questi attori è essenziale per generare un cambiamento a livello sistemico. Le grandi aziende possono portare competenze, risorse, anche capacità di innovazione e visibilità, che può inoltre innalzare gli standard di sostenibilità per l'intero settore in cui operano. Un'altra resistenza comune è la complessità percepita del percorso, quando invece, come abbiamo detto, gli standard puntano a dare un framework per tradurre i valori in azione di impatto. Una volta iniziato il processo, le aziende si accorgono di come molte delle attività che già fanno si possono tradurre in valore. Ultimamente, abbiamo sentito che la certificazione viene percepita come un'etichetta o una moda. Invece non è assolutamente questo, soprattutto con i nuovi standard, che sono un modello di gestione dell'impatto che sostiene scelte più responsabili da parte dell'azienda nel lungo periodo. Soprattutto la certificazione apre le porte a una community di aziende che condividono gli stessi valori e, grazie alle iniziative collettive, di networking e formazione, permette alle aziende di crescere insieme verso l'obiettivo comune. L'ultima cosa, forse la più importante: alle conferenze di settore, a cui ho avuto spesso il piacere di partecipare negli ultimi mesi, si vede che la sostenibilità ormai non è più considerata separata dalla strategia aziendale, che invece la deve integrare. Ed è anche questo il valore della nostra certificazione. I dati di uno studio di Intesa Sanpaolo confermano come le B Corp italiane crescono di fatturato più velocemente rispetto alle imprese tradizionali, creano più posti di lavoro, innovano di più e hanno anche una governance inclusiva, ad esempio comprendendo nei consigli d'amministrazione più donne o più persone giovani. In pratica, diventare una B Corp significa anche rafforzare la competitività strategica e la reputazione e non compromettere la solidità economica dell'azienda.

Ora invece parliamo di Lei. Dalla ricerca, alla consulenza e ora alla guida B Lab Italia: come il suo percorso tecnico-scientifico la aiuta in questo nuovo ruolo di country manager?

Ho sempre avuto un forte interesse per l’ambiente, motivo per cui ho studiato biologia dell’ambiente. Durante il mio percorso nella ricerca, ho compreso che i problemi ambientali sono tutti interconnessi: non si possono affrontare singolarmente, ma vanno considerati nel loro insieme. Ad esempio, l’aumento della temperatura minaccia la biodiversità, la perdita di specie riduce i servizi ecosistemici e questa riduzione a sua volta rende gli ecosistemi meno capaci di mitigare il cambiamento climatico, creando un loop interconnesso. Gli impatti di questi fenomeni non sono solo ambientali, ma anche sociali: scarsità d’acqua, inondazioni e ondate di caldo estremo mettono a rischio lavoro, sicurezza e salute, aumentando povertà e migrazioni forzate. Il clima non è quindi solo un’emergenza ambientale, ma una crisi di equità. Da queste osservazioni nasce la mia convinzione che serva un pensiero sistemico: ambiente, società ed economia devono essere considerati come parti di un unico sistema interconnesso, per progettare soluzioni efficaci e durature. È in questo contesto che ho incontrato B Lab, la cui missione è promuovere un cambiamento sistemico volto a costruire un sistema economico più inclusivo, equo e rigenerativo per persone e pianeta. Questa visione l’ho poi portata nei sette anni in B Lab, lavorando direttamente come auditor per aziende di tutto il mondo e di tutte le dimensioni. Un’esperienza pratica che mi ha permesso di vedere concretamente come le imprese implementano i cambiamenti, quali ostacoli incontrano e quali leve funzionano meglio per generare impatto positivo reale. Oggi in B Lab Italia, metto insieme l’approccio sistemico della ricerca e la conoscenza pratica maturata sul campo, per supportare le aziende italiane a integrare sostenibilità, governance responsabile e performance economica, contribuendo così a trasformare il sistema economico nel suo complesso.

Un messaggio per la community B Corp in Italia?

Alla community delle B Corp in Italia auguro di continuare a usare il business come forza positiva per costruire prosperità condivisa e duratura, generando impatti concreti su persone, comunità e pianeta. Che il vostro impegno continui a ispirare altre aziende a unirsi a questo movimento e a indirizzare il sistema economico verso un futuro più inclusivo, equo e rigenerativo.

 

In copertina: Veronica Fervier