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Comincia oggi lunedì 9 giugno, a Nizza, in Francia, la terza Conferenza delle Nazioni Unite sull’Oceano (UNOC3) che si svolgerà fino a venerdì 13 giugno. Co-organizzata dai governi della Francia e del Costa Rica, il tema principale di UNOC3 è “Accelerare l'azione e mobilitare tutti gli attori per conservare e utilizzare in modo sostenibile l'oceano”.

Non si tratta di una Conferenza delle Parti (COP) né di un forum negoziale formale, ma di un incontro al quale parteciperanno delegazioni di capi di stato e di governo, ONG, scienziati, finanziatori e attori economici e che ha come obiettivo una dichiarazione politica finale, il Nice Ocean Action Plan, che inviti ad accelerare gli sforzi per la conservazione e la gestione sostenibile dell'oceano, ovvero rinforzare l’attuazione dell’Obiettivo di sviluppo sostenibile (SDG) 14 “Vita sottomarina”.

Grave ritardo per tutti i target del SDG14

L’SDG 14 include un certo numero di traguardi al 2030 che ambiscono a combattere l’inquinamento marino, conservare gli ecosistemi costieri e marini, ridurre l’acidificazione dell’oceano, porre fine al sovrasfruttamento delle popolazioni naturali di pesci e aumentare la conoscenza scientifica. Ma come indicato nella relazione Progressi verso gli obiettivi di sviluppo sostenibile del Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite (ECOSOC) pubblicata lo scorso aprile, c’è un grave ritardo nell’azione necessaria per raggiungere ciascuno di tali target.

“La scienza non è il fattore limitante”, dice a Materia Rinnovabile Joachim Claudet, ricercatore in sostenibilità dei sistemi socio-ecologici al CNRS e consulente per l’oceano presso il CNRS. “La scienza ha influenzato molti degli interventi che gli stati hanno concordato di attuare nelle varie COP sulla biodiversità e sul clima. La mancanza di risultati positivi [nell’avanzamento dell’SDG14] è da attribuire alla scarsa attuazione degli impegni presi dagli stati. Ciò che ora serve è un sistema di valutazione indipendente rispetto al quale i paesi siano tenuti a rendere conto.”

Tra gli osservatori c’è grande attesa sugli impegni che saranno presi con l’obiettivo di accelerare l’azione su certi temi, e in particolare: la governance delle attività umane negli ecosistemi marini profondi; l’accelerazione della ratificazione del Trattato dell’alto mare (Accordo BBNJ per la conservazione e l’uso sostenibile della diversità biologica marina nelle aree al di fuori della giurisdizione nazionale); la promozione di una gestione sostenibile della pesca al fine di preservare le popolazioni naturali di pesci; garantire la qualità della gestione delle aree marine protette nell’ambito del Quadro globale sulla biodiversità di Kunming-Montréal; la decarbonizzazione del trasporto marittimo in seno all’IMO; fare avanzare le discussioni tra i governi in vista dell’ultimo ciclo di negoziati per un Trattato globale sulla plastica, che si terranno ad agosto a Ginevra, in Svizzera.

Un altro aspetto fondamentale che dovrà essere affrontato a UNOC3 è quello della finanza. L’SDG14 continua inoltre a essere uno degli SDG con minori risorse finanziarie.

Il ruolo della Francia: una situazione contrastante

Nei mesi scorsi il presidente francese Emmanuel Macron ha più volte auspicato che UNOC3 coincidesse con la 60ª ratifica del Trattato sull’alto mare (Accordo BBNJ), condizione necessaria per la sua entrata in vigore.  Dal canto suo, la ministra dell’ambiente francese Agnès Pannier-Runacher ha annunciato che durante UNOC3 “la Francia sosterrà un trattato globale sulla plastica ambizioso” tramite il lancio, oggi pomeriggio in conferenza stampa, del “Nice Wake-Up Call” per mettere fine all’inquinamento da plastica.

Tuttavia, come osservato da Julien Rochette del think tank francese IDDRI, “la politica marittima e costiera francese non è sempre esemplare e, a ragione, si levano attualmente numerose voci per criticare la mancanza di ambizione della sua rete di aree marine protette, l'inquinamento dell'ambiente marino causato da attività terrestri e i troppi sussidi dannosi che contribuiscono al deterioramento della salute degli oceani”.

“Sulla scena internazionale, la Francia è molto attiva nel promuovere la ratificazione del Trattato sull'alto mare e nel sostenere una moratoria sull'estrazione mineraria in acque profonde, soprattutto dopo l’ordine esecutivo firmato da Trump lo scorso aprile per espandere l’attività mineraria in acque profonde nelle acque nazionali e internazionali, una pratica al di fuori del diritto internazionale”, dice a Materia Rinovabile François Chartier, responsabile della campagna oceani di Greenpeace Francia. “È molto importante che i governi si mobilitino a UNOC3 affinché a luglio nella votazione a Kingston, in Jamaica, presso l’International Seabed Authority (ISA) i governi votino a favore di una moratoria sull’estrazione mineraria, rafforzando il multilateralismo.”

Se questo è il “lato positivo” dell’azione della Francia, c’è però anche un “lato negativo”, quello della situazione delle aree marine protette. “In Francia abbiamo delle aree marine che non offrono protezione [alle popolazioni naturali e agli ecosistemi marini]. Sono delle aree marine protette non protette, in particolare a causa della possibilità di effettuare la pesca a strascico al loro interno. Bisogna andare molto oltre”, aggiunge Chartier.

Molto critica anche la posizione dell’associazione BLOOM, che da oltre vent’anni si batte a livello francese ed europeo contro la pesca industriale e la pesca a strascico. “Manuel Macron e l’industria ittica francese si stanno comportando in maniera molto ipocrita. La pesca francese è estremamente distruttrice e le aree marine protette non sono protette. Ci vorrebbe un miracolo, o una inaspettata inversione di rotta da parte del presidente della Repubblica, per salvare la terza Conferenza delle Nazioni Unite sull’oceano dal naufragio”, commenta a Materia Rinnovabile Frédéric Le Manach, direttore scientifico di BLOOM.

Designare aree marine protette è un obbligo giuridico ai sensi del diritto internazionale

Nell’ambito del Quadro globale sulla biodiversità di Kunming-Montréal, i paesi hanno deciso di proteggere il 30% della biodiversità marina al 2030. Ma tutti sono in ritardo. In Europa, “solo il 2,04% dei mari è attualmente coperto da aree marine protette (MPA) dotate di piani di gestione” secondo un rapporto del WWF pubblicato martedì 3 giugno.

“L'obbligo di proteggere e preservare l'ambiente marino è un obbligo giuridicamente vincolante, codificato nella Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS) […] e un diritto consuetudinario. In quanto tale, vincola universalmente tutti gli stati, compresi quelli non firmatari dell'UNCLOS [come gli Stati Uniti, che non l’hanno ratificato]”, spiega a Materia Rinnovabile Anna von Rebay, avvocata esperta in contenziosi legali, CEO e fondatrice di Ocean Vision Legal, studio legale internazionale interamente specializzato nella protezione dell’oceano.

“Questo obbligo impone agli stati di adottare misure attive per proteggere l'ambiente marino da danni futuri e preservarlo nelle sue condizioni attuali o migliorate […]. Il contenuto e la portata di tali obblighi devono essere guidati dalle migliori evidenze scientifiche disponibili. […] Laddove tali evidenze scientifiche dimostrino chiaramente che la designazione di aree marine protette (AMP) è necessaria per soddisfare gli standard di protezione ambientale, la designazione delle AMP diventa un obbligo giuridico, non una scelta politica discrezionale”, spiega von Rebay.

Principio di protezione e ministri dell’oceano

Lanciato nel novembre 2023 dal Varda Group con il supporto di sei organizzazioni partner in preparazione di UNOC3, il movimento Let’s Be Nice to the Ocean ha riunito 110 organizzazioni della società civile in supporto del Principio di protezione. Sviluppato come una evoluzione del Principio di precauzione, il Principio di protezione prevede che “per definizione tutte le aree che non sono designate come sfruttabili devono essere protette.

“Poiché il degrado degli oceani sarà sempre più evidente nei prossimi anni, l'applicazione del Principio di Protezione, rendendo la protezione degli oceani la norma piuttosto che l'eccezione, diventerà sempre più ovvia. Una delle cose che proponiamo è che i governi creino ministeri dell'oceano con una visione olistica e la responsabilità di preservare e ripristinare un oceano rigoglioso, non solo ministeri della pesca”, commenta a Materia Rinnovabile Rémi Parmentier, direttore del Varda Group e coordinatore di Lets’Be Nice to the Ocean. "Provengo da un'epoca in cui i ministeri dell'ambiente erano agli albori e in molti paesi non esistevano nemmeno cinquant'anni fa, o anche meno. All'epoca, vi era una forte resistenza alla creazione di ministeri dell'ambiente, da parte di altri ministeri che si sentivano minacciati. Lo stesso sta accadendo ora con il modo in cui vediamo e gestiamo l'oceano. Ci vuole tempo perché avvenga una metamorfosi nelle pubbliche amministrazioni, ma è nostro compito trasmettere il senso di urgenza.”

Per passare dalle proposte all’azione, questa sera si terrà la presentazione ufficiale della “Task Force sul Principio di protezione”, un'iniziativa indipendente che traccerà percorsi concreti per attuare tale principio, spostando l'onere della prova in modo che la protezione degli oceani abbia la precedenza sullo sfruttamento. “L'idea è che un gruppo multidisciplinare risponda nel 2026 ad alcune domande chiave sulla portata e l'operatività del Principio di precauzione e fornisca risposte nel 2027, un anno prima dell'UNOC4”, dice Parmentier.

Gestire in maniera sostenibile le attività umane per continuare a godere dei benefici forniti dall’oceano

L’oceano contiene il 99% dell’acqua sulla Terra e costituisce il 95% della biosfera. Ha assorbito circa il 90% dell’eccesso di calore e il 25% dell’anidride carbonica immesse nell’atmosfera dalle attività umane. L’oceano fornisce numerosi benefici essenziali alle comunità umane, e c’è consenso nella comunità scientifica che è necessario cominciare a gestire in maniera sostenibile le attività umane negli ecosistemi marini se vogliamo continuare a godere di tali benefici.

Sotto la supervisione dei presidenti dell'UNOC3, S.E. Gina Guillen (Costa Rica) e S.E. Olivier Poivre d'Arvor (Francia), CNRS e IFREMER hanno organizzato il One Ocean Science Congress (OOSC), che si è svolto a Nizza dal 3 al 6 giugno. Primo congresso scientifico a precedere una conferenza ONU, l’OOSC ha riunito oltre 2.200 partecipanti provenienti da oltre 110 paesi e si è concluso con la pubblicazione del manifesto Science for Ocean Action che è stato inviato ai delegati dei governi che partecipano a UNOC3.

Alcuni dei punti chiave del manifesto: agire da subito dove la scienza è chiara; far progredire la conoscenza prima di prendere decisioni irreversibili; trasformare la conoscenza in azione e l'azione in giustizia. Le indicazioni della scienza sono chiare. Il sostegno della società civile è forte. Sapranno i decisori politici trovare un accordo per un “Nice Ocean Action Plan” all’altezza della situazione?

 

In copertina: Ocean Rise & Coastal Resilience Summit Coalition of Cities and Regions, evento d’apertura di UNOC3 sabato 7 giugno 2025 © UN-DESA